Foto via LaPresse di Bernd Wuestneck 

Come vincere lo stress test sul futuro delle rinnovabili

Chicco Testa

La guerra, l’inflazione, l’immobilismo, i tabù. Tre strade per una nuova indipendenza energetica

Oggi più che mai, in uno scenario di necessaria indipendenza energetica generato dagli effetti della guerra in Ucraina, l’Italia ha bisogno delle rinnovabili. Per tre ordini di motivi. Per decarbonizzare la produzione di energia e aumentare il tasso di penetrazione elettrica. Per ridurre al dipendenza dai combustibili fossili e quindi dalle  importazioni. Per abbassare i costi per il sistema Italia. Un compito quest’ultimo di cui oggi vi è un’estrema  urgenza, visti i prezzi  che ha raggiunto l’energia elettrica,  e che è  perseguibile. Esso può rappresentare la vera fase di maturità delle rinnovabili, e forse il contributo più importante all’economia del paese,  uscendo in modo definitivo da una lunga fase assistita da generosi incentivi pubblici.

 

Perché tutto questo sia possibile occorre però fare un discorso onesto da parte di tutti e compiere un salto di qualità. Mentre l’evoluzione tecnologica nel mondo delle rinnovabili ha portato ad una drastica caduta dei costi di investimento e conseguentemente del costo del kWh prodotto, per varie ragioni tutto questo non si è (ancora) tradotto in un beneficio per il sistema Italia. Fino ad oggi troviamo per tutta l’energia prodotta da fonti rinnovabili un costo medio di 165/175 euro MWh. A cui va aggiunto, in molti casi, il costo dell’energia venduta sul mercato. Mediamente altri 50 -70 euro MWh. Ragion per cui fortunatamente, al contrario  di quanto qualcuno sostiene, non abbiamo realizzato maggiori  quantità di rinnovabili negli anni dei vari conti energia. Li avremmo pagati molto di più di  quello che costano oggi. Un sollievo a questa situazione si è verificato con le aste indette negli anni più recenti che hanno visto prezzi intorno ai 65 euro MWh. Non sempre e a seconda delle tecnologie. L’impianto eolico off shore per esempio in costruzione nel mare di Taranto riceverà per 25 anni una tariffa di di 200 euro a MWh, con nessun sollievo per le bollette italiane. Consideriamolo sperimentale. Elettricità Futura ha presentato recentemente dati secondo i quali una maggiore penetrazione delle rinnovabili potrebbe portare alla riduzione dei costi energetici per alcune decine di miliardi.

 

Queste stime sono basate su un costo di circa 65 euro a MWh, asseverato dall’andamento delle ultime aste. Ma per ottenere questo risultato le nuove rinnovabili dovrebbero allinearsi tutte intorno a questo prezzo che è  lo stesso a cui si arriva attraverso l’applicazione delle misure del governo, contro cui Elettricità Futura protesta con forza. Non si capisce quindi contro che cosa protesti Elettricità Futura! Contro se stessa? E’ ormai evidente che l’attuale mercato dell’energia basato sul sistema del “marginal price”, vale a dire che l’energia elettrica  più cara fa il prezzo per tutti, non funziona e non trasferisce segnali di prezzo corretti. Per un motivo  semplice. Nello stesso mercato vengono messe fonti di energia con  strutture di costi completamente diverse. L’energia elettrica il cui costo dipende dal prezzo variabile del gas è quella invece prodotta con le rinnovabili, sia quelle storiche come l’idroelettrico che quelle più recenti da sole e vento,  che hanno  costi variabili costanti e pari praticamente a zero. Che riceverebbero oggi dal sistema del “marginale price” un premio enorme e ingiustificato.

 

E’ vero che in anni passati con il prezzo dell’elettricità prodotta dal gas assai basso la quota di rinnovabili remunerate a mercato (sostanzialmente grande idroelettrico e geotermico) può avere sofferto questa situazione. Una ragione in più per cambiare registro. Le rinnovabili vecchie e nuove possono fare un servizio inestimabile per l’ Italia. Se fossero remunerate a un giusto prezzo e con un equo ritorno sull’investimento potrebbero costituire una sorgente di energia a prezzi stabili e allontanare anche molte delle polemiche che le circondano. Un modello di questo genere, costituito da aste ad hoc con un tetto ai ricavi per gli impianti nuovi “utility scale”, potrebbe essere  accompagnato da garanzie da parte dello stato che avrebbe la possibilità di  destinare l’energia ai consumi nazionali a prezzo calmierato e fornire agli investitori un quadro di riferimento certo.

 

In questa direzione mi pare vada anche la recente proposta del ministro Cingolani. Infine un ultimo problema da considerare. Se la penetrazione delle rinnovabili, con le loro caratteristiche di intermittenza, supera determinate soglie, occorrerà accompagnarle, come già avviene, con sistemi  di bilanciamento e di riserva sempre più consistenti, siano essi affidati a impianti a gas piuttosto che a sistemi di stoccaggio. Di cui sarebbe bene valutare i costi sin da ora onde evitare cattive sorprese. Molti lavori dimostrano che se la soglia di penetrazione delle rinnovabili variabili supera certi limiti i costi di questi sistemi per così dire accessori possono diventare confrontabili e persino preponderanti rispetto a quelli della sola elettricità rinnovabile. Nella proposta di Elettricità Futura non si capisce invece a quale modello di mercato dovrebbe accompagnarsi. Ma senza di esso la proposta è monca e inefficace. Infine sarebbe bene che anche la UE, che fino ad oggi ha balbettato e rinviato continuamente il problema della riforma del mercato elettrico si desse una mossa: che linea ha? 

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