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editoriali

L'inflazione non è un'opinione

Redazione

Perché la debolezza energetica dell’Italia entra nell’agenda della Bce

"Sembra sempre più improbabile che l’inflazione scenda sotto il 2 per cento nel 2022”. Isabel Schnabel, membro del direttivo Bce e tedesca non falco ha detto al Financial Times ciò che Christine Lagarde pensa ma non rende esplicito, al pari di tutti i suoi colleghi italiani compresi. Schnabel aggiunge: “E’ invece sempre più probabile che i prezzi si stabilizzino intorno all’obiettivo nel medio termine. Ciò significa che dovremmo iniziare a pensare alla graduale normalizzazione della nostra politica”. Per Schnabel “il rischio di agire troppo tardi è aumentato”; ma il vero concetto nuovo è questo: “Monitoriamo l’andamento dei rendimenti e degli spread pronti a contrastare distorsioni del mercato che portano alla frammentazione. Poiché l’architettura istituzionale dell’Eurozona è ancora incompleta, parti dell’area rimangono vulnerabili a un improvviso cambiamento di sentiment degli investitori. Gli spread generalmente riflettono differenze nei fondamentali, ma possono diventare destabilizzanti quando c’è molta incertezza o aspettative che si autoavverano”. Significa attenzione a che un aumento dei tassi, o la sua attesa, non si traduca in aggravi ingiustificati dei debiti. Riferimento a ciò che sta già accadendo all’Italia?

Alla riunione di oggi della Bce, che è di routine, verrà esaminato uno studio sull’impatto di uno choc energetico del 10 per cento sull’industria dei vari paesi: in Francia e Spagna sarebbe dello 0,7 per cento, in Germania del 6 e in Italia dell’8. La nostra debolezza energetica è nota. Ma è la prima volta che la questione entra nell’agenda della Bce. E anche se c’è chi ormai vuol togliersi il dente almeno di un calendario certo (il presidente della Banque de France François Villeroy de Galhau chiede di rinviare a dopo l’estate l’acquisto di asset per non arrivare  a ridosso dell’aumento dei tassi), la valutazione del rischio “su misura” di Schnabel pare un pendant alla riforma del Patto di stabilità tarato sui singoli paesi, e certo sulla loro serietà riformatrice. Come propone Emmanuel Macron con modello il Next Generation Eu.

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