Ann-Sophie Fjello-Jensen/AP Images for Rivian Automotive, LLC

Bezos scommette su Rivian come anti Tesla: esordio a Wall Street

Ugo Bertone

Il re di Amazon sfida Elon Musk sulle auto elettriche. E la partenza è col botto: quotazione a fine giornata superiore ai 66 miliardi, più di Honda o Stellantis

Finora ha prodotto meno di mille vetture e, al ritmo di 250-300 milioni di dollari al mese, ha bruciato più di due miliardi in poco più di un anno. Eppure Rivian, matricola dell’auto elettrica, ha varcato ieri con successo la soglia di Wall Street vendendo azioni per più di 12 miliardi di dollari, per una quotazione a fine giornata superiore ai 66 miliardi, più di Honda o della stessa Stellantis. Una follia? All’apparenza sì, anche se non è escluso che ci sia del metodo in questa bizzarria. Innanzitutto, dietro l’operazione, preceduto da una pioggia di prenotazioni, c’è un trio finanziario d’eccezione: Morgan Stanley, Goldman Sachs e JP Morgan, gente che sa quel che fa anche quando vende sogni. L’azionista numero uno, poi, è niente meno che Jeff Bezos, il re di Amazon, che finora ha finanziato buona parte dell’impresa, a partire dall’avvio della fabbrica in Illinois, comprata dalla Mitsubishi.

 

“RJ – ha twittato lo stesso Bezos – è uno dei migliori imprenditori che abbia mai conosciuto”, riferendosi a RJ Scaringe, l’ingegnere trentottenne che nel 2009, fresco di laurea al Mit, decise di aprire una fabbrica di auto sportive. Idea presto scartata a favore dell’auto elettrica. Per dieci anni Scaringe si è dedicato a ideare batterie di nuovo tipo ma, soprattutto, a seguire i successi di Tesla. Fino a sentirsi pronto a sfidare il maestro: Rivian, assicura, sarà in grado di fare fin da subito macchine affidabili più e meglio di Tesla. E Bezos non si è lasciato sfuggire l’occasione per sfidare di nuovo Elon Musk, che lo ha spodestato dalla poltrona di uomo più ricco di Wall Street e l’ha battuto nella gara per fornire alla Nasa il lanciatore che riporterà una navicella spaziale sulla Luna. Ma la vendetta nei confronti di Musk, che si appresta a vendere il 10 per cento di Tesla (a un prezzo pari a 14 volte la quotazione del marzo 2020 all’inizio della pandemia) dopo aver chiesto via tweet il permesso tra i suoi 67 milioni di follower, è senz’altro ben studiata: Rivian produrrà, assieme a due soli altri modelli, i 150 mila van elettrici che porteranno a domicilio le merci vendute dal gigante dell’e-commerce. Questa soluzione, assieme alle competenze della Ford, altro socio di rilievo della start up (che venderà via online, senza concessionarie) rassicura Wall Street, alla ricerca del nuovo Santo Graal dei profitti dopo il boom del digitale.

 

La gara per il primato nell’auto elettrica non riguarda solo i miliardari Usa. In pista, più aggressivi che mai, ci sono i cinesi. Pochi giorni fa è tornata in Borsa Volvo (23,8 miliardi di dollari la prima quotazione) l’azienda svedese risanata dai cinesi di Geely che l’hanno convertita alla produzione elettrica. E sul listino americano fa faville un’altra marca made in Shanghai, la Nio. E non finisce qui. La missione quasi disperata di salvare dal disastri Evergrande, il gigante immobiliare gravato da 300 miliardi di dollari di debiti, è affidata al decollo della controllata Ev che si occupa di auto elettriche. Anche qui, come per Rivian, non contano le vendite attuali, ma quelle che verranno. I Big della Silicon Valley e i burocrati delle People Bank of China, chiamati al capezzale di Evergrande, su un punto la pensano allo stesso modo: il futuro dell’auto, anzi della mobilità, appartiene ai gruppi che partono da zero, senza il fardello di stabilimenti, dipendenti, collegamenti con la politica che rischiano di essere un’eredità scomoda al cospetto dei nuovi concorrenti che non hanno da fare i conti con i sindacati.

 

Sfidando la rabbia della Ig-Metall, il boss di Volkswagen, dopo aver messo a confronto la nuova fabbrica di Tesla che presto aprirà i battenti a Berlino con la cattedrale del modello tedesco, le fabbriche di Wolfsburg, il cuore del gruppo Volkswagen, ha detto che sono a rischio 30 mila posti di lavoro. E i tempi della transizione rischiano di essere più rapidi del previsto, ora che è entrato in vigore il nuovo piano di Biden sulle infrastrutture che prevede generosi incentivi per l’auto elettrica. In questa chiave si inserisce l’esordio di Rivian a Wall Street che, come è già accaduto per Tesla, riceverà dal mercato la dotazione finanziaria sufficiente per decollare: tecnologia, finanza, flessibilità nell’organizzazione del lavoro e magari vantaggi fiscali. Per l’auto europea, ultima dealership del Vecchio Continente, si profilano tempi difficili.               
 

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