Rivian R1T all-electric truck presentato a Times Square. Foto LaPresse 

Numeri sul prossimo boom delle auto

Due buone notizie per il settore vengono dall’Italia e dagli Usa: da una parte nasce Silk-Faw, dall'altra il marchio di auto elettriche Rivian raccoglie gli investimenti di Amazon e Ford 

L’auto è in crisi, forse rischia l’estinzione per l’avanzare dei motori elettrici, le proteste climatiche, le limitazioni sempre più stringenti? Non è del tutto così. Due segnali diversi nelle proporzioni vengono dall’Italia e dagli Usa, in questo caso dal reame di Jeff Bezos. A Reggio Emilia, nella Motor Valley, il distretto di Ferrari, Maserati, Ducati, Pagani, Dallara, nasce Silk-Faw su iniziativa del finanziere statunitense Jonathan Krane, titolare del fondo KraneShares dedito ad investimenti in tecnologie innovative. A Krane si affianca con il 15 per cento Faw, il maggior produttore automobilistico cinese con 4 milioni di veicoli l’anno. L’investimento di 1,34 miliardi di euro farà partire da zero (l’impianto su 360 mila metro quadri vedrà la prima pietra a primavera) una fabbrica di ypercar, la categoria top delle auto sportive, a trazione ibrida, che si chiameranno S9, di supercar S7 suv e coupè. Le assunzioni previste sono per ora 1.050, con laboratorio di ricerca e management interamente italiano di provenienza Lamborghini e Aston Martin. Le prime S7 andranno sul mercato nel 2025 a 250 mila euro, con previsione di vendite di 6 mila l’anno; nel 2024 uscirà la S9, due milioni di euro, 200 esemplari l’anno. Più avanti saranno prodotte le più piccoli S5 e S3 destinate alla Cina. Ma ieri a Wall Street è partita l’offerta in borsa di Rivian, marchio di auto elettriche che esiste dal 2009 nel quale hanno ora investito Amazon e Ford, e che si candida ad essere concorrente di Tesla. L’Ipo ha fin qui raccolto 10 miliardi e punta a una valutazione di 53, più di Ferrari e Honda, per raggiungere gli 80 miliardi. E’ una situazione che a molti ricorda gli albori dell’auto nel Novecento: in Usa ed Europa oltre 150 case pionieristiche fondarono un mercato che non esisteva ma del quale si avvertiva l’esigenza che poi divenne boom. Ora che big come Volkswagen taglia 30 mila posti, e altri devono concentrarsi per sopravvivere, si scommette su un nuovo futuro dell’auto, non con i pionieri ma con i Bezos, le tecnologie italiane, i capitali cinesi.

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