I nobel per l'economia

Card, Angrist, Imbens e l'economia degli “esperimenti naturali”

Simona Benedettini e Carlo Stagnaro

Salario minimo, immigrazione e altri “esperimenti naturali”. Un Nobel che premia il metodo

Il premio Nobel per l’Economia 2021 è stato assegnato a David Card (Università di Berkeley, California), Joshua Angrist (Massachusetts Institute of Technology) e Guido Imbens (Università di Stanford) per le loro ricerche sulla natura delle relazioni causali. In pratica, grazie al loro lavoro gli economisti oggi dispongono di strumenti sofisticati, efficaci e brillanti per rispondere alla domanda delle domande: se due fenomeni si presentano simultaneamente (cioè sono correlati) si tratta di una casualità oppure è l’uno che causa l’altro?

In particolare, i tre studiosi si sono distinti per avere sviluppato nuovi metodi di indagine basati sui cosiddetti “esperimenti naturali”. Tali metodi sono mutuati dalla medicina. Quando si vuole valutare l’effetto di una terapia sulla salute dei pazienti, in ambito medico si creano due gruppi distinti di individui: uno è detto di trattamento, l’altro di controllo. Entrambi i gruppi includono soggetti con condizioni anagrafiche e fisiologiche simili mentre si differenziano per un solo aspetto: ai membri del gruppo di trattamento viene somministrata la terapia di cui si vuole investigare gli effetti, agli altri no.

Nelle scienze economiche questi “test di randomizzazione” sono possibili solo in circostanze specifiche e non facili da ricreare.

 

Nel 2019, il premio era andato a Abhijit Banerjee, Esther Duflo e Michael Kremer proprio per il loro utilizzo di tali esperimenti per scoprire come alleviare la povertà globale. Quest’anno il Comitato per il Nobel ha voluto – giustamente – riconoscere l’importanza del contributo di chi ha gettato luce su come dedurre informazioni dai dati raccolti “sul campo”, anziché “in laboratorio”. Un intervento di policy produce infatti i suoi effetti per l’intera popolazione. Quindi un’analisi del tipo prima/dopo non contiene elementi sufficienti a capire se esso sia stato efficace. Pertanto è necessario fare riferimento a un gruppo di controllo “fittizio” il più possibile simile a quelle dei beneficiari dell’intervento – per esempio nelle caratteristiche anagrafiche, sociali, economiche – ma composto da persone escluse dall’applicazione della policy in oggetto.

Una delle prime applicazioni risale a un lavoro del 1994 di Card con Alan Krueger (scomparso due anni fa) a proposito del salario minimo. Il metodo escogitato dai due studiosi si chiama “differences in differences”: in pratica, per comprendere che effetti aveva avuto tale riforma nel New Jersey, gli autori confrontarono l’andamento dell’occupazione nei fast food di tale stato con quanto accadeva nella vicina Pennsylvania, in cui si poteva presumere che le condizioni al contorno fossero simili. Il paper – secondo cui non c’erano state conseguenze significative – scatenò un’enorme discussione tra gli economisti, che non hanno ancora raggiunto un consenso sul tema. Ma ciò che conta è l’innovazione metodologica, che presto trovò innumerevoli altre applicazioni. In un ulteriore studio, Card si interrogò sull’impatto dell’immigrazione cubana sulla disoccupazione a Miami: egli considerò come gruppo di controllo quattro città con caratteristiche analoghe. Così, poté isolare l’effetto dell’ondata migratoria osservando come quest’ultima non avesse avuto alcun impatto su salari e disoccupazione.

 

Ancora, in un geniale paper, Angrist e Krueger si chiesero se, e quanto, il livello di istruzione influenzasse le aspettative di reddito. Ma il livello di istruzione può dipendere da molti fattori: per esempio uno può raggiungere un titolo di studio maggiore perché è più intelligente, ed è questo, non lo studio, a determinarne la carriera. I due risolsero questo dubbio sfruttando il fatto che gli studenti nati nell’ultimo trimestre, iscrivendosi a scuola un anno prima di quelli praticamente coetanei nati nel primo trimestre dell’anno successivo, in qualunque momento hanno studiato leggermente di più. Con Imbens, Angrist ha indagato l’utilizzo delle variabili strumentali: un intervento di policy può impattare diversamente i soggetti del gruppo di trattamento perché hanno caratteristiche diverse oppure sono differenti le motivazioni che li hanno spinti a partecipare prendervi parte; e ciò può influenzare gli esiti dell’esperimento. Pertanto, ad Angrist e Imbens, è stato riconosciuto il merito di avere sviluppato una metodologia per identificare le condizioni per le quali un approccio basato sugli esperimenti naturali può essere appropriato per studiare l’impatto delle policy.

Il Nobel 2021 è più che mai attuale soprattutto per la valenza politica che assume. Ci ricorda l’importanza dei dati e di saperli studiare e interpretare. Non solo per massimizzare l’efficacia delle politiche pubbliche ma anche per favorire una cultura dell’accountability, assente o sottovalutata in troppi paesi che hanno scarsa dimestichezza con la valutazione (ex ante ed ex post). Ma il premio ha anche un importante significato umano: Card, Angrist, Imbens e Krueger hanno collaborato attivamente durante la loro carriera. Si sono ispirati a vicenda: l’ennesima dimostrazione che il progresso non può che nascere dal confronto e dalla reciproca sfida intellettuale.