Editoriali

I concorsi pubblici alla prova dei social 

Redazione

Il progetto ambizioso di Brunetta fa i conti con un sabotaggio (e un guaio)

Il “concorso Sud”, indetto dal ministero della Pubblica amministrazione per assumere nel meridione 2.800 tecnici specializzati, si è risolto con un inedito per questo tipo di appuntamenti: gran parte dei candidati non si è presentata dopo le proteste organizzate via social da comitati di studenti che chiedevano che nelle preselezioni si desse minor peso ai titoli professionali. La media di assenze è stata del 35 per cento, ma in alcune regioni è andata oltre la metà. Buona parte dei posti non è stata assegnata e sono stati riammessi tutti i 70 mila candidati che avevano fatto domanda.

 

La nuova prova scritta sempre digitale si terrà dal 22 giugno in due sessioni al giorno, in Calabria, Campania, Lazio, Puglia, Sicilia e Sardegna e se necessario anche in altre sedi. I candidati dovranno in un’ora rispondere a 40 domande per ognuno dei cinque profili (esperto amministrativo-giuridico; esperto in gestione, rendicontazione e controllo; esperto tecnico; esperto in progettazione e animazione territoriale; analista informatico). Entro luglio la pubblicazione delle graduatorie e l’assunzione di candidati vincitori.

 

Gli inediti in realtà sono più d’uno. Un concorso pubblico modificato appunto dai social. Un disagio giovanile acuto nel Mezzogiorno che però diserta una selezione di 40 domande che non appare così terribile. E, a naso, è meglio avere nella Pubblica amministrazione giovani ben selezionati che procedere alla consueta maxi prova con decine di migliaia di candidati. Anche perché nell’impiego pubblico c’è una lunghissima tradizione di concorsi che partono in nome del merito e dei titoli acquisiti e dopo si trasformano in imbarcate di precari. Con casi non troppo limite di precari cosiddetti “storici” che scalzano chi ha regolarmente vinto un concorso. Ovvio augurarsi che non finisca così. Anche se i mugugni con i quali sono stati fin da subito accolti i propositi meritocratici e la conversione dell’impiego pubblico alla specializzazione, annunciati dal ministro Renato Brunetta, qualche paura la destano. Incrociamo le dita.