Fase 3, partenze estive all’aeroporto di Fiumicino: viaggiatori in aumento (fotoLaPresse)

Non c'è ripresa post Covid senza fiducia. Il caso del traffico aereo

Maria Carla Sicilia

Gestori aeroportuali e compagnie devono proporre misure efficaci e convincenti per contrastare la percezione di insicurezza. Appunti per ripartire

Roma. Dopo aver toccato il fondo con la chiusura dei confini tra stati per contenere la pandemia, il traffico aereo comincia ora a risalire la china. Sarà un processo lento – ripetono le associazioni internazionali di categoria – e per rivedere i numeri pre Covid ci vorrà qualche anno. Basti pensare che lo scalo italiano con il volume maggiore di passeggeri, il Leonardo Da Vinci di Fiumicino, conta circa 100 movimenti di aeromobili e meno di 10 mila passeggeri al giorno da quando il decreto del ministero dei Trasporti ha riaperto al pubblico gli aeroporti, lo scorso 3 giugno. Per tornare a chiudere l’anno con 43,5 milioni di passeggeri e circa 308 mila movimenti (dati 2019 di ADR - Aeroporti di Roma), la strada è ancora lunga e gli ostacoli non riguardano solamente il coordinamento tra paesi e le eventuali limitazioni di movimenti.

   

Analogamente a quanto accaduto dopo l’attentato alle Torri gemelle, anche oggi a scoraggiare i passeggeri c’è un problema di sicurezza percepita. Riconquistare la fiducia di chi vorrebbe tornare a viaggiare è l’obiettivo di tutti gli anelli della filiera – dalle compagnie aeree ai gestori degli scali aeroportuali – che devono tentare di proporre misure efficaci e convincenti per accelerare la domanda di viaggi aerei essenziali e non essenziali.

    

Uno dei deterrenti agli spostamenti è il fatto di transitare per molte ore in luoghi chiusi. Nel caso del traffico aereo, oltre al tempo trascorso a bordo, c’è anche la necessità di attraversare l’aeroporto. Tuttavia, la riorganizzazione degli spazi e le misure di prevenzione introdotte, tra rilevamento della temperatura, sanificazione e tracciamento dei flussi, rendono questi luoghi tra i più controllati. Facendo da confine di ingresso nelle città, gli aeroporti finiscono anzi per funzionare come cuscinetti in grado di isolare tempestivamente eventuali positivi. E’ quello che è successo a Fiumicino nel giorno della riapertura delle frontiere, dove una famiglia proveniente da Chicago e positiva al Covid è stata subito intercettata e messa in isolamento. Come da protocollo, i passeggeri a bordo del volo in cui viaggiavano i positivi sono stati contattati e avvisati.

    

Sulla percezione della sicurezza durante il viaggio, la reticenza a mettere in pratica le misure di distanziamento sociale, specialmente da parte delle compagnie aeree low cost, non gioca a favore del settore. Bilanciare questo limite è tra gli scopi delle recenti linee guida dell’agenzia Icao (l’organo delle Nazioni Unite per l’aviazione), che consigliano misure severe sulle procedure di imbarco e di assegnazione dei posti, sulla gestione dei bagagli e la disinfezione degli ambienti.

   

Un capitolo è interamente dedicato alla qualità dell’aria sugli aeromobili, che già secondo uno studio dell’Easa del 2017 risulta migliore rispetto a quella osservata in normali ambienti interni come scuole, uffici e abitazioni. Tra gli strumenti più efficaci per sanificare l’aria ci sono i filtri Hepa, in funzione su tutti gli aerei progettati dopo il 1985, che secondo le compagnie aeree hanno prestazioni simili a quelli utilizzati nelle sale operatorie degli ospedali, in grado di catturare più del 99 percento dei microbi (virus e batteri) presenti nell'aria. Il tema era già stato sollevato durante l’epidemia di Sars nel 2003, quando la Commissione europea, rispondendo a un’interrogazione, ha difeso l’efficacia di questi filtri. “Il rischio di trasmissione della Sars a bordo di un aereo è molto limitato”, si legge nel documento, che cita come fonte l’Oms. Anche per affrontare la crisi da Covid, acquisire solide basi scientifiche che permettano di dare informazioni corrette e accurate potrebbe essere un fattore vincente per rassicurare equipaggi e passeggeri.

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