Aleotti ci spiega perché la farmaceutica italiana può arrivare lontano

Giuseppe De Filippi

Ieri Menarini ha acquisito per 677 milioni di dollari la società americana Stemline. Numeri e opportunità di un settore rifugio

Roma. “Li abbiamo studiati per mesi, pensando a una licenza di prodotto, poi siamo passati a un piano più deciso e ambizioso”, Lucia Aleotti ci racconta con entusiasmo l’ultima operazione della Menarini, l’azienda farmaceutica di cui è socia di riferimento e consigliere di amministrazione assieme a suo fratello Alberto Giovanni. E’ stata completata l’acquisizione, nella piena trasparenza di un’operazione condotta sul Nasdaq di New York, dell’americana Stemline Therapeutics. “Il nostro Ceo Elcin Barker Elgun conosce bene il settore farmaceutico degli Stati Uniti, dove ha lavorato per anni, conosce le aziende locali e ci ha indirizzato verso una società con una squadra solida e che è anche adatta per la nostra entrata nel mercato americano”. E’ di 677 milioni di dollari l’esborso massimo, che riconoscerà anche un dollaro per azione al momento della prima vendita dell’Elzonris, il prodotto di punta dell’azienda appena acquisita, sul mercato europeo, dopo l’approvazione delle autorità comunitarie. “E’ un biofarmaco, quindi sul fronte più promettente dello sviluppo della farmaceutica – dice Aleotti – e ha già dato ottimi risultati per il trattamento di un raro tumore del sangue ma sono in corso sperimentazioni avanzate per testarne la validità anche nel contrasto di altre forme tumorali. Si lavora come sempre in questi casi, partendo dal gruppo di pazienti direttamente interessati e poi verificando altre possibili applicazioni. Nella piena sicurezza garantita dai protocolli e con i tempi necessari. In più è un farmaco che si integra con la nostra produzione e con la nostra ricerca proiettata verso l’innovazione nel campo dei biofarmaci”. Ma è il debutto negli USA? “Avevamo una presenza ma nella diagnostica, sempre nel campo delle neoplasie, attraverso una licenza acquistata da Johnson & Johnson e poi accoppiata ad altri nostri prodotti sviluppati in Italia. Questo è il primo acquisto diretto di un’azienda con capacità produttiva in America ed è un passo importante”.

 

Si va dritti contro il racconto dell’Italia colonizzata dall’estero e privata dei suoi gioielli produttivi, ma Lucia Aleotti non ci dà il tempo di sollevare polemiche un po’ stupidotte e già, appunto, smontate con la forza dei fatti, e passa a ricordare come siano stati angoscianti ma fecondi di lavoro i giorni del lockdown, nei quali si è completato il piano per acquisire Stemline e si è dato il via a un grande investimento a Firenze, 150 milioni per un nuovo polo produttivo, anche in questo caso per farmaci di tipo innovativo. “Scelta fatta col cuore – ricorda – senza guardare solo a dati sui costi produttivi e sul costo del lavoro, e scelta di cui siamo convinti perché in Italia c’è una grande forza nella straordinaria qualità delle persone con cui lavoreremo, un capitale di capacità e di conoscenze, e c’è la possibilità di avere rapporti con strutture ospedaliere per sperimentazioni cliniche al massimo livello. E poi dove e in cosa dovremmo investire? Cosa c’è meglio della farmaceutica? Un’industria che sta vivendo una trasformazione, una svolta di cui siamo responsabili specialmente noi italiani, e che in Italia fa 33 miliardi di prodotto all’anno, con il 70% rivolto all’export. E guardi che non siamo bravi solo noi, ce ne sono tanti altri, che a volte sfuggono all’occhio degli analist”. L’entusiasmo necessita la richiesta di un chiarimento, perché non sono frequenti i racconti così ottimistici. “Be’ ora le cose sono abbastanza ben impostate ma siamo stati martoriati per anni come settore, e ancora adesso temiamo di perdere da un minuto all’altro i risultati ottenuti nei rapporti con lo stato, con la pa, con la regolazione”. Proviamo a chiedere quando e come è avvenuto il miracolo e la risposta è semplice. Il quando è in anni tra il 2013 e il 2015 e la ricetta “sta tutta nell’aver dato un po’ di stabilità al settore, grazie alla quale si è creato un ambiente favorevole a ricerca, sviluppo e crescita”. Da tenere a mente per fare bella figura in tempi di stati generali.