(foto LaPresse)

Rdc e quota 100 sotto il tappeto del Covid

Luciano Capone

Il governo sfrutti l’emergenza per eliminare inefficienze, non per nasconderle

Il coronavirus ha cambiato tutto. Ora il governo è obbligato, per la contemporanea caduta del pil e il necessario sostegno all’economia, ad aumentare il deficit e quindi il debito. Anche l’Europa mette a disposizione molti più fondi e finanziamenti – dalla Bce al Sure, passando per il Mes e il Recovery fund – ma questo non vuol dire che ora si possa spendere a caso. Anzi, proprio perché l’Italia si ritroverà con un’economia più fragile e un debito mastodontico (ai livelli del primo Dopoguerra), è più che mai necessario allocare le risorse in maniera oculata ed efficiente. Per dimostrare ai cittadini, agli investitori e ai partner europei che il paese è affidabile e fa sul serio, oltre a pensare a come impiegare i nuovi fondi dovrebbe ripensare a come li ha impiegati in passato. Ad esempio, il governo Conte giallorosso potrebbe fare un’analisi ex post dei provvedimenti simbolo del governo Conte gialloverde: Quota 100 e Reddito di cittadinanza. Il pensionamento anticipato è stato, come prevedibile, deleterio sotto tutti i punti di vista: costoso, iniquo e improduttivo. Con circa 20 miliardi in un triennio, Quota 100 ha portato la spesa previdenziale al 16 per cento del pil; ha esacerbato gli squilibri e i privilegi del sistema retributivo; ha premiato una fascia benestante (l’assegno medio media è stato di 1.979 euro, 2.165 euro per i dipendenti pubblici); ha avvantaggiato più gli uomini delle donne e, come previsto, non ha mantenuto la promessa di “staffetta generazionale”: il tasso di sostituzione giovani/pensionati è stato di gran lunga inferiore a uno (altro che 3!), con un impatto negativo sull’occupazione. 

 

 

I dati, la realtà e le analisi degli organismi indipendenti, dalla Banca d’Italia alla Corte dei conti, si sono incaricati di smentire un anno intero di propaganda politica, che si è impossessata anche di istituzioni che dovrebbero rimanere indipendenti. E invece abbiamo visto il presidente dell’Inps fare da megafono alla propaganda gialloverde, anche in sedi istituzionali, parlando di tasso di sostituzione almeno del 100 per cento (per la Corte dei conti è stato del 40 per cento) e addirittura di un impatto “lievemente positivo” sul mercato del lavoro. Quota 100 è stata un disastro da ogni punto di vista, la peggior misura di politica economica degli ultimi anni e non a caso la più criticata dagli investitori e da tutte le istituzioni internazionali. La misura scadrà l’anno prossimo, nel 2021, e siccome tra i tanti danni produrrà anche un nuovo scalone, il governo da tempo sta pensando a come estenderla, quando invece dovrebbe pensare a una sua fine anticipata. Il paese ha bisogno di ripartire e quindi che le risorse impiegate per Quota 100 vengano indirizzate verso le attività produttive, cioè più investimenti pubblici e privati e meno tasse per lavoratori e imprese. 

 

 

L’altro pilastro della politica economica gialloverde è stato il Reddito di cittadinanza (Rdc). Questo provvedimento è stato caricato di così tanti obiettivi e aspettative che il risultato non può che essere deludente. Sicuramente il sussidio ha avuto un impatto sulla riduzione della povertà, che però non è stata abolita (come aveva annunciato Luigi Di Maio) né è stata ridotta del 60 per cento come hanno dichiarato, diffondendo dati falsi, sia il presidente del Consiglio Giuseppe Conte sia il presidente dell’Inps Tridico. Il Rdc ha raggiunto circa il 50 per cento degli individui in povertà assoluta e il 25 per cento di quelli in povertà relativa. Secondo la Corte dei conti ha portato a una riduzione della povertà assoluta di 1,5 punti (dall’8,4 al 6,9 per cento) – molto lontano dal 60 per cento – e di 0,4 punti della povertà relativa (dal 20,1 al 19,87 per cento), con un impatto più incisivo sull’intensità di povertà e sulla disuguaglianza (l’indice di Gini si riduce di circa 1 punto). A fianco a questi dati positivi, ci sono tante cose che non vanno e che pure erano state evidenziate: la scala di equivalenza del Rdc premia i single e sfavorisce le famiglie numerose; e la norma esclude gli extracomunitari (sono il 31 per cento dei poveri assoluti, ma tra i beneficiari sono solo il 6 per cento). In pratica, per come è stato disegnato, il Rdc penalizza proprio le famiglie a maggiore rischio di povertà.

 

Ma la criticità più grande del Rdc è la cosiddetta “fase 2”, di cui si è occupato Mimmo Parisi, e che non è mai partita. Le politiche attive praticamente non esistono e l’impatto dei navigator si è visto sul bilancio pubblico ma non sul mercato del lavoro. Anche loro, come Quota 100, scadranno nel 2021. L’emergenza Covid dovrebbe costringerci a cambiare ciò che non funziona, ma la sensazione è che verrà usata come un tappeto sotto cui nascondere Quota 100, navigator e Alitalia.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali