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In Italia aumenta la domanda di investimenti “sostenibili”

Mariarosaria Marchesano

Così il nuovo risparmio misura anche l’impatto sociale. La mossa di Generali

Milano. La predisposizione a conservare i soldi sotto il materasso non è un’attitudine solo italiana – dicono gli ultimi dati dell’European banking authority, svelati dal Sole 24 Ore, secondo i quali la liquidità depositata ma non investita nelle banche dell’Eurozona ha superato per la prima volta la soglia di 10 mila miliardi, pari a due terzi del pil dell’area. E’ tutta italiana, invece, la persistente ignoranza in tema di investimenti finanziari che colloca il nostro paese al penultimo posto nella classifica del G20, dopo India e Argentina e prima solo dell’Arabia Saudita.

 

 

Eppure, proprio in Italia si registra il maggior incremento nella domanda di investimenti “sostenibili” che esprime un desiderio di allineamento tra i propri valori morali e come si spendono i risparmi. “Può sembrare un paradosso, ma la scarsa cultura finanziaria potrebbe essere la spiegazione di questo fenomeno che allinea l’Italia a un trend mondiale che ha origine nel mondo anglosassone e va ben oltre il rispetto per l’ambiente”, dice al Foglio Mario Calderini, ordinario di Social innovation presso la School of management del Politecnico di Milano e autore di numerose ricerche sul tema dell’impatto sociale degli investimenti. Secondo una ricerca di Accenture, il 73 per cento dei consumatori italiani si aspetta che le imprese ricoprano un ruolo attivo nelle problematiche sociali, culturali, ambientali e politiche. E questa attesa si riflette anche nelle scelte di risparmio. “L’impatto sociale è ormai al centro del business” , sintetizza Calderini. Il tema ha aperto un’inattesa riflessione anche nella patria del liberismo, gli Stati Uniti. E’ ormai celebre la lettera al mercato di Larry Fink, fondatore del colosso del risparmio Blackrock, in cui dice che “oltre al profitto conta lo scopo” per cui si fa un’impresa e invita i gestori dei suoi fondi a puntare solo su aziende che rispettino standard di responsabilità sociale (non per nulla, è molto attesa la prossima lettera che potrebbe approfondire questi concetti). E lo scorso agosto, 200 tra i maggiori ceo di aziende americane (tra le quali, Accenture, Coca-Cola, American Airlines, Amazon e Ibm) hanno sottoscritto un manifesto, il Business roundtable, in cui si impegnano a sostenere formazione e istruzione, al rispetto delle diversità e a essere più inclusive. “Tutti questi fattori hanno segnato la definitiva consacrazione tra gli attori economici della sostenibilità come il new normal – prosegue Calderini –. Siamo di fronte a un salto culturale in cui la capacità di un’impresa di generare un impatto sociale positivo apre di fatto nuovi spazi di mercato”. In Italia si avverte molto l’influenza del movimento d’opinione per i cambiamenti climatici, ma la scelta di un gruppo come Generali, primo a proporre cinque nuovi portafogli di investimento che combinano in modo coerente i diversi obiettivi posti dall’Onu per lo sviluppo sostenibile entro il 2030 (pari opportunità, salute e benessere, consumo responsabile, lotta alla povertà, tutela del clima), dimostra che il concetto di impatto sociale può essere molto più ampio e che è addirittura possibile adattare i prodotti di risparmio come polizze e fondi alla sfera di valori personali rispettandone le priorità. “Oggi c’è un nuovo movimento di valori che coinvolge persone, comunità, imprese. Noi siamo parte di questo movimento con il nostro modo di fare impresa e la nostra offerta puntiamo a coinvolgere oltre 100 mila clienti”, afferma Marco Sesana, country manager e Ceo di Generali Italia, il quale, durante la conferenza stampa di presentazione del nuovo progetto, ha confermato che il gruppo “ridurrà progressivamente gli investimenti in attività legate al carbone”. Un altro punto centrale del dibattito sulla sostenibilità e se questa scelta comporti un sacrificio in termini di minori profitti. Nel caso di Generali, Sesana lo esclude nel senso che i rendimenti attesi dei nuovi prodotti sono in linea alla media del mercato che ormai tende a premiare le aziende con modelli sostenibili. Inoltre, e questa è una vera innovazione in questo mondo, sarà possibile misurare l’investimento cioè verificare se effettivamente ha contribuito creare benessere sociale. Per ora, gli investimenti nel settore ambientale sembrano quelli che più facilmente si prestano a tale “misurazione”. Tanto per citare un esempio, diecimila euro investiti nella tutela del clima fanno risparmiare in un anno oltre 900 mila litri d’acqua e riducono l’inquinamento di 1.260 chilogrammi di CO2 (pari a 9 viaggi da Milano a Roma).

 

“La contrazione del welfare in Inghilterra spinse David Cameron quand’era primo ministro a chiamare a raccolta nella City operatori finanziari e banchieri invitandoli a dare una maggiore connotazione sociale ai prodotti destinati a piccoli risparmiatori – ricostruisce Calderini – questo produsse un grande cambiamento nell’offerta in Gran Bretagna e poi in America. Il messaggio, però, ha fatto fatica ad arrivare nei paesi dell’Europa continentale, dove, soprattutto in Italia, a un certo punto è stata la domanda ad esprimere un’esigenza di cambiamento e l’industria del risparmio ne ha preso atto. Ad ogni modo, qualunque sia la genesi e la natura di questo crescente protagonismo di imprese e grandi gestori finanziari, gli esiti virtuosi di questa trasformazione dipenderanno largamente dal modo in cui questa avverrà”. E si vedrà se è la strada giusta per convincere gli italiani a tirare fuori da sotto i materassi 1400 miliardi (ammontare sui conti correnti).

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