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Risiko, poteri, equilibri. Cosa cambia con la nuova Mediobanca. Parla Resti

Mariarosaria Marchesano

L’advisor del Parlamento Ue sull'uscita di scena di Unicredit e Leonardo Del Vecchio

Milano. “Mi sembra che il gioiello della corona siano le Generali”. Andrea Resti, economista della Bocconi e advisor del Parlamento europeo per la vigilanza bancaria, interviene sul cambiamento di “pelle” che sta avvenendo in Mediobanca, con l’uscita di scena di Unicredit e Leonardo Del Vecchio che diventa primo azionista con una quota ormai vicina al 10 per cento e l’obiettivo di salire ancora. “La decisione di dismettere la partecipazione in Mediobanca consente a Unicredit di concentrarsi sullo sviluppo del gruppo bancario in Europa”, dice Resti in un colloquio con il Foglio. “La trovo una mossa attesa e coerente con il disegno di crescita di una multinazionale. E credo anche che nell’attuale contesto europeo ci sia spazio per operazioni di aggregazione nel settore bancario e assicurativo”. Secondo l’economista, non ha molto senso rifarsi a concetti di “italianità” per quanto riguarda la sede legale dei gruppi finanziari, anche se questo non giustifica la mancanza di un indirizzo strategico del paese in questo campo.

 

In qualità di advisor del Parlamento Ue, Resti ha ricevuto l’incarico di sondare il livello di profittabilità – e quindi di stabilità – delle banche europee, che negli ultimi tempi sono state messe a dura prova dai tassi d’interesse negativi. “Direi di essere molto cauti su questo punto, perché se la Banca centrale europea non avesse adottato una politica monetaria espansiva saremmo già in recessione e le banche soffrirebbero molto più di oggi con volumi più bassi e un peggioramento della qualità dei debitori”. Detto questo, è innegabile che la redditività del nostro sistema creditizio arranchi dietro ai livelli raggiunti da quello americano, fondato sul modello delle “merchant bank”. Che è poi lo stesso modello che Del Vecchio fa intendere di auspicare in futuro per Mediobanca. Il suo ingresso nel capitale di Piazzetta Cuccia (o “Piazzetta Del Vecchio”, come l’hanno ribattezzata alcuni osservatori) segna una svolta epocale, una modifica degli equilibri nei rapporti di forza tra i grandi soci del “salotto” della finanza italiana e, per giunta, arriva proprio alla vigilia del nuovo piano industriale che sarà presentato il 12 novembre. “Non sarebbe affatto facile per Mediobanca virare verso un modello di merchant bank perché questo segmento è già ben presidiato in Italia da gruppi esteri – aggiunge Resti – mentre ha senso la scelta dell’istituto di diversificare le sue attività tra partecipazioni finanziarie, risparmio gestito e credito al consumo”.

 

Ma più che sulle scelte di gestione, l’attenzione dei media di questi giorni è tutta concentrata sulla partecipazione detenuta da Mediobanca nel Leone di Trieste (pari al 13 per cento) che secondo alcuni osservatori potrebbe essere a rischio a causa dell’asse filo-francese che Del Vecchio ha creato con Unicredit e che passa anche attraverso il progetto di ampliamento dell’istituto tumori di Milano (Ieo) bloccato per l’opposizione dei soci. Il timore, neanche troppo celato negli ambienti della Lega di Matteo Salvini, è che, con l’ascesa in Mediobanca del fondatore di Luxottica e la conquista da parte sua di un potere di indirizzo, si possa col tempo arrivare a cedere proprio “il gioiello della corona”, che oggi consente l’incasso di ricchi dividendi oltre che il controllo di una importante assicurazione, a beneficio di gruppi concorrenti d’Oltralpe. Un timore giustificato? “I discorsi sull’italianità non mi appassionano, ma ritengo che la partecipazione di Mediobanca in una grande compagnia assicurativa andrebbe mantenuta come elemento di centralità nel sistema finanziario europeo”, dice l’economista. Secondo il ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, l’attenzione mediatica su questa vicenda è eccessiva perché quello “che sta cambiando, in fondo, a Piazzetta Cuccia è l’azionista di riferimento: da Jean Pierre Mustier a Leonardo Del Vecchio, che è un uomo e un imprenditore di ottima reputazione”, ha affermato in un’intervista a Bloomberg. Messina ha aggiunto che l’attuale amministratore delegato, Alberto Nagel, “sta portando ottimi risultati, la capitalizzazione sta crescendo e questa è la vera difesa per Mediobanca e indirettamente per Generali”. In effetti, nell’ultimo anno il titolo di Piazzetta Cuccia ha guadagnato oltre il 30 per cento a Piazza Affari, una performance ben superiore a quella totalizzata dal comparto bancario sia in Italia sia in Europa. Tanto rumore per nulla?

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