Lagarde può sfidare l'inflazione col mattone. La ricetta di S&P

Mariarosaria Marchesano

Occorrere ridisegnare l’indice dei prezzi al consumo in modo che includa il prezzo delle case abitate da chi ne ha la proprietà così come avviene per i canoni di affitto

Milano. Christine Lagarde si insedierà al 40esimo piano del Main Building di Francoforte, la sede della Bce, il primo novembre, mettendo così fine all’èra di Mario Draghi. Ma prima ci sarà il passaggio di consegne con l’ex governatore – il 28 ottobre – e prima ancora l’ultima riunione del Consiglio direttivo sotto la sua presidenza, in programma per oggi. Seppure analisti ed esperti non si aspettano annunci di politica monetaria, l’appuntamento viene percepito come molto più di un commiato. Un po’ perché Draghi potrebbe cogliere l’occasione per lanciare un nuovo appello ai governi europei affinché contribuiscano alla ripresa economica attraverso le politiche fiscali, e un po’ perché questo viene avvertito come il momento per fare un bilancio degli strumenti di politica monetaria che restano sul tavolo della Bce dopo otto anni di “whatever it takes”.

 

La sensazione diffusa è che la Bce di Lagarde dovrà affrontare molte sfide, compresa quella di gestire il nuovo Quantitative easing deciso nell’ultima riunione di settembre e contro il quale si sono espressi sette dei 24 membri del board della banca centrale, tra cui esponenti di peso come i governatori di Francia, Germania, Austria e Olanda. Ma se quest’aspetto è parte dell’eredità contrastata di Draghi, che comunque resterà il governatore che ha salvato l’euro, la persistente inflazione a livelli mai così bassi rappresenta per Lagarde e tutta la Bce il vero problema da superare per dare maggiore forza alla politica monetaria dell’Unione europea che attraversa una fase di rallentamento economico e sta affrontando una Brexit più complicata del previsto. Un recente articolo dell’Economist spiega che se l’inflazione negli anni Settanta era indicata come il flagello dell’economia per il fatto di essere troppo alta, al punto che il presidente americano Ronald Reagan arrivò a definirla “violenta come un rapinatore, spaventosa come un ladro armato e mortale come un sicario”, oggi la maggiore parte dei paesi lotta contro prezzi troppo bassi e un decennio di tassi di interesse vicini allo zero non ha cambiato la situazione. Dunque, si domanda il settimanale britannico, se ha ancora senso considerare l’inflazione come il principale parametro economico. Il dibattito è da tempo avviato anche all’interno della Bce, tant’è che l’obiettivo del 2 per cento potrà essere “simmetrico”, può essere superato. Ma considerando che quest’anno l’Eurozona riesce a malapena a mantenere la soglia dell’1 per cento, anche tale aggiustamento potrebbe essere superato. E allora?

 

Sylvain Broyer, economista di S&P Global basato a Francoforte suggerisce, in una recente ricerca, una nuova misura dell’inflazione che presti maggiore attenzione al settore “domestico” in modo da controbilanciare la spinta al ribasso dei prezzi che arriva dall’esterno, in particolare dalle crescenti importazioni di prodotti a basso costo dalla Cina. “Se si tenesse conto dei prezzi delle abitazioni occupate dai proprietari, si otterrebbero 0,3 punti percentuali aggiuntivi rispetto all’attuale tasso d’inflazione. Questo riequilibrerebbe la politica monetaria della Bce, passando dalla necessità di un allentamento preventivo alla necessità di stabilità finanziaria”, afferma Broyer. Secondo l’economista, occorrerebbe ridisegnare l’indice dei prezzi al consumo in modo che includa il prezzo delle case abitate da chi ne ha la proprietà così come avviene per i canoni di affitto. Sempre, ovviamente, che si tratti di residenze principali. Allo stato, infatti, l’importo equivalente in affitto che paga il proprietario-occupante dell’immobile non è incluso nell’indice perché l’abitazione è considerata un investimento e, quindi, non un consumo ma un bene capitale. Tuttavia, resta il fatto che l’alloggio stesso rappresenta una grande parte delle spese per i proprietari (la cui percentuale nell’Ue va da poco più del 51 per cento della Germania al 77 per cento della Spagna) in quanto include pagamenti per l’acquisto e i mutui. Sarà dunque il mattone ad aiutare il presidente Lagarde?

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