Giuseppe Santoni (Youtube)

Sotto il tacco

Fabiana Giacomotti

“Alle imprese serve una politica senza secondi fini, Calenda è stato il migliore”. Parla Santoni

Macerata. Là dove fare le scarpe è una professione di lusso, cioè nelle Marche, questo ultimo scorcio di estate sta portando a qualche nuova iniziativa, a piccoli spostamenti di attività, qualche riassetto, e a un bel po’ di preoccupazione vista la situazione politica con la formazione di un governo Pd-M5s o con nuove elezioni.

 

Mentre giunge voce, faccenda tenuta sottotraccia, che Alberto Guardiani abbia ricomprato il proprio marchio, messo in liquidazione meno di un anno fa e sostenuto dall’intervento amichevole di Diego Della Valle, tra le valli dell’Ete e le colline di Montegranaro e Corridonia, territorio bellissimo che l’incapacità infrastrutturale della regione Marche rende di difficile agibilità per gli imprenditori, che è un male, ma anche per il turismo di massa, che è invece un bene.

 

Giuseppe Santoni sta applicando il massimo della propria competenza, sviluppata fin da ragazzino nell’azienda di famiglia, per rafforzare l’export, cioè l’unico comparto che, andandosi a cercare i clienti e selezionando con attenzione i paesi con cui fare affari, continui a crescere. Gli ultimi dati di settore parlano di un export 2018 diminuito del 3,7 per cento a quantità, ma cresciuto del 4,3 per cento a valore. In sintesi, gli stranieri comprano meno scarpe italiane, ma di maggiore qualità. Infatti, sempre fra queste colline, all’ombra della pieve alto-medievale di San Claudio dove sembra ormai provato che si trovino le spoglie di Carlo Magno (l’esatta ubicazione di Aquisgrana è ancora oggetto di studio; la renana Achen sta perdendo terreno), non sono poche le aziende che, nell’ultimo anno, sono state costrette alla liquidazione.

 

Santoni, completo di lino blu oltremare, bretelle arancio come il logo della sua azienda, cinquant’anni portati con la baldanza di chi ama correre in auto, si guarda attorno evasivo: “Non ho cultura politica né mi interessa averla; devo guardare alla mia micro realtà e devo amministrarmi, anche perché da questo governo non ho visto nessun intervento se non il decreto dignità che, per quanto mi riguarda, mi ha costretto a lasciare a casa persone che apprezzavo e che stavano crescendo bene professionalmente, ma che non ero ancora pronto ad assumere a tempo indeterminato”.

 

Santoni fattura circa 85 milioni di euro e da lavoro a 670 persone, di cui buona parte proprio a Corridonia (il rapporto apparentemente sperequato fra numero di dipendenti e fatturato, nel suo caso significa che le scarpe sono fatte davvero a mano e dedicandovi tutto il tempo necessario, elementi che ne giustificano anche il costo fra le 500 e le 800 euro per un paio da uomo). Negli ultimi anni ha acquisito tutti gli artigiani specialisti della zona, internalizzando tutte le fasi di lavorazione, dall’ideazione del modello all’orlatura della scarpa fino al marketing per venderla.

 

“La tuttologia non premia”, dice, lui che va ancora a scegliersi i gropponi da cui farà ricavare le suole e sa valutare la qualità di una concia a occhio. Santoni realizza i cinturini per gli orologi Iwc e una linea di accessori per Mercedes; da qualche anno sta sviluppando il segmento delle calzature femminili, che ora valgono per il 40 per cento del fatturato.

 

Dai suoi clienti giapponesi dice di avere imparato l’arte del kaizen, la ricerca costante del miglioramento; dai tedeschi, primo mercato europeo, la solidità. Il padre, il signor Andrea, maestro d’arte e mestieri, è ancora tutti i giorni in azienda, come la madre, la signora Rosa: “Mio padre ha aperto la sua azienda in un garage, quando ero bambino. Da lì siamo partiti, e lo rivendico con orgoglio”. I figli di Giuseppe studiano negli Stati Uniti e in Spagna: in azienda arriveranno, eventualmente, dopo aver fatto esperienza altrove. Nulla è garantito.

 

Nella sala riunioni della Santoni, un palazzetto ad alimentazione energetica autonoma di design bianco e pareti verdi sul modello del “bosco verticale” costruito nella zona industriale di Corridonia, si sta lavorando a un progetto con il Consorzio del Cuoio di Toscana in cui il ceo si è prestato a interpretare se stesso; il regista si aggira saggiando le luci.

 

“L’unico che abbia lavorato per le aziende italiane in questi anni è Carlo Calenda” (dimessosi ieri dal Pd, in polemica, dato l’accordo con il M5s), dice ancora Santoni: “E’ il politico più vicino alla cultura di sviluppo dell’economia italiana, e lo fa senza secondi fini”. Il tema della “politica senza ideali, per necessità”, cioè la politica come professione non conoscendone altra, è qualcosa che da queste parti fa molto effetto, cioè da molto fastidio: “Dal governo tramontato non ho mai visto uno slancio verso il futuro, e i dati congiunturali negativi ci porteranno a una nuova finanziaria durissima”, chiunque la faccia. Lo ha preoccupato quota cento. L’aumento delle professioni creative o altamente specializzate (un intero reparto della Santoni è occupato da diplomati degli istituti d’arte che dipingono scarpe, per esempio, non da calzolai) lascia intendere che “quota cento” sarà superata, a destra, dalla inevitabile maggiore flessibilità e, a sinistra, dalla “impossibilità di pagare pensioni per trenta, trentacinque anni: già abbiamo un pregresso pesante”, sorride a mezza bocca. “E’ poco serio. Conto in futuro prevalga almeno il buonsenso”. Speranza molto kaizen.