Fabrizio Palermo, ad di Cdp (foto Roberto Monaldo / LaPresse)

L'investitore paziente e l'azionista impaziente. Parla Palermo, ad di Cdp

Luciano Capone

L’extra dividendo, la partita sulla rete Tim, il piano industriale e le privatizzazioni. L’amministratore delegato spiega al Foglio le strategie della Cassa

Roma. L’extra dividendo da un miliardo staccato su richiesta del governo, le ricadute (nulle) sul piano industriale, la riorganizzazione interna e delle attività della Cassa, la partita Tim sulla rete unica e sulle altre reti strategiche, gli investimenti sull’innovazione e sul lungo termine, le pressioni politiche per salvataggi di corto respiro, la tutela del risparmio, il possibile ruolo nel piano di privatizzazioni del governo e il rischio di rientro nel perimetro della Pubblica amministrazione. Fabrizio Palermo, giovane (almeno per gli standard italiani) amministratore delegato di Cassa depositi e prestiti, ha parlato di tutto questo al Tech Festival del Foglio a Venezia, rivelando – come nella natura pubblico-privata della Cassa – una visione che risponde inevitabilmente agli indirizzi dell’azionista politico ma che ha chiari gli obiettivi strategici ed economici propri dell’istituzione che amministra.

   

Il punto di partenza del colloquio è la decisione da parte del Tesoro, che detiene oltre l’80 per cento delle quote, di chiedere a Cdp un ulteriore dividendo da circa 1 miliardo, appena un mese dopo la decisione di distribuirne 1,5 miliardi. Nella trattativa con Bruxelles il governo sta attingendo a tutte le risorse disponibili per limare al ribasso il deficit ed evitare la procedura d’infrazione, ma in questo modo alla Cdp sono stati sottratti tutti gli utili prodotti lo scorso anno. “Il dividendo è una prerogativa degli azionisti, che sono il Mef e le fondazioni bancarie, e il momento delicato ha richiesto un gesto di responsabilità nei confronti del paese, a cui abbiamo risposto. Occorre precisare che proseguiremo nella realizzazione degli obiettivi del nostro piano industriale approvato a dicembre”, dice il manager. L’impianto del piano resta lo stesso e si sviluppa lungo quattro direttrici “imprese, infrastrutture, cooperazione e riorganizzazione delle partecipazioni”.

  

   

“Abbiamo rinnovato il portafoglio prodotti, creando occasioni di incontro con le aziende come Officina Italia, un programma di lavoro che riunisce circa 100 aziende grandi, medie e piccole, con le quali ci confrontiamo per comprendere le esigenze delle imprese di ogni dimensione. Stiamo rafforzando la nostra presenza territoriale, a favore sia delle imprese che degli enti locali, attraverso l’apertura di nuove sedi che opereranno con una logica integrata, non più romanocentrica ma più vicina al territorio. Stiamo assumendo ingegneri che si dedicheranno al lavoro di advisory per affiancare le amministrazioni nello sviluppo delle infrastrutture: dalla progettazione alla programmazione, fino al finanziamento delle opere. Abbiamo avviato iniziative di cooperazione sui libretti postali con paesi del nord Africa per poter supportare investimenti e sviluppo di quell’area”.

   

“Per aumentare il sostegno alle imprese stiamo cambiando la strategia di prodotto, anche facendo una riorganizzazione interna attraverso la riqualificazione, lo sviluppo dei processi e la digitalizzazione che ci renderà ancora più reattivi nelle risposte – dice l’amministratore delegato di Cdp – . E poi c’è il Fondo nazionale innovazione che, oltre a una dotazione con risorse pari a 1 miliardo di euro, ha l’obiettivo di seguire tutte le fasi di vita delle start up e di creare connessioni con il tessuto industriale italiano, perché l’innovazione è utile se poi produce ricavi e utili”.

   

L’altro dossier di questi giorni riguarda l’accordo di confidenzialità tra Tim, Cdp ed Enel “volto ad avviare un confronto finalizzato a valutare possibili forme di integrazione delle reti in fibra ottica di Tim e Open Fiber, anche attraverso operazioni societarie”. Cdp era entrata un anno fa in Telecom con il 5 per cento, è salita fino al 10 per cento e ora – in base alla soluzione che verrà trovata – potrebbe diventare il principale azionista della società di telecomunicazioni. Per molti anni si è parlato dello scorporo della rete Tim, presto si potrebbe arrivare a qualcosa che assomiglia all’incorporo di Tim in Cdp. Qual è l’obiettivo di Cdp? Palermo si tiene sul vago, sia perché c’è un accordo di confidenzialità sia perché si parla di società quotate, ma è più interessato all’obiettivo (la rete unica) che alla soluzione per raggiungerlo. “Il tema delle infrastrutture strategiche è fondamentale, siamo azionisti di riferimento di Terna e Snam, come anche di Open Fiber, che è un’infrastruttura altrettanto strategica perché anch’essa un importante fattore di competitività. In generale, il nostro obiettivo è quello di agevolare un’infrastruttura unica, necessaria per la competitività del paese”.

  

L’ad ci tiene a sottolineare il ruolo di “investitore paziente” della Cassa. “Alcuni numeri: 420 miliardi è la dimensione del nostro attivo, 33 miliardi il valore delle nostre partecipazioni. Siamo uno dei pochi soggetti in grado di gestire finanziamenti di 20-30 anni, per definizione orientati al lungo periodo e con un’attenzione a investire in certi settori industriali con una logica di sostegno al sistema paese”.

  

Resta il fatto, che il ruolo di “investitore paziente” spesso contrasta con le impazienti richieste della politica che ha necessità economiche (vedi il dividendo) oppure chiede salvataggi per risolvere qualsiasi tipo di crisi industriale. “L’approccio di Cdp è sempre basato su una valutazione di sostenibilità economico-finanziaria dell’investimento. Sosteniamo lo sviluppo economico del paese, per cui guardiamo anche all’importanza dello specifico investimento valutandone l’impatto socio-economico per i territori e le comunità”. Pertanto la Cassa si trova a dover rispondere negativamente alle tante richieste di soccorso. “Può capitare di dire dei no, ma lo facciamo sempre con grande trasparenza, attenendoci ai nostri criteri di valutazione degli investimenti e ai nostri limiti statutari e normativi”.

 

Nell’ultimo mese il paese, e tutte le principali istituzioni internazionali, hanno parlato della proposta dei minibot per pagare i debiti della Pa. Ma già adesso gli enti pubblici possono chiedere a Cdp di anticipare le somme dovute. “Le anticipazioni concesse da Cdp sono strumenti che si sono dimostrati utili per la riduzione del fenomeno dei ritardi nei pagamenti dei debiti da parte degli enti territoriali. Il ricorso a tali finanziamenti a breve termine, con scadenza entro il 2019, può essere stato limitato da fattori come la situazione finanziaria o i vincoli di bilancio di alcuni enti”, dice Palermo, riferendosi all’eccessivo indebitamento di alcune amministrazioni ed enti locali.

  

In questa fase delicata per i conti pubblici del paese, oltre all’extra dividendo, la Cassa potrebbe essere coinvolta nel piano di privatizzazioni da 18 miliardi del governo (al momento ignoto) che potrebbe servire a scongiurare la procedura d’infrazione. Ma Cdp è interessata? E’ disposta a tendere il portafoglio al governo? L’ad afferma che quello delle privatizzazioni è un tema che “compete al venditore”, ovvero lo stato, ma che in generale la Cassa “opera in tanti settori, qualora ci venisse chiesto useremmo sempre lo stesso criterio, che è quello della logica industriale e del ritorno economico. Abbiamo avuto sempre un approccio costruttivo nell’interesse del paese e responsabile nei confronti dei risparmiatori, sia i 26 milioni di italiani che ci affidano il loro risparmio individuale sia gli investitori internazionali”.

   

Ma tutto questo attivismo al fianco dello stato non rischia, come appena accaduto per altre società partecipate come Invitalia e Rfi, di far rientrare nelle statistiche europee la Cassa nel perimetro della pubblica amministrazione? “Cdp è un soggetto privato, che opera secondo logiche di mercato e che per ogni investimento deve rispondere a quelle logiche. Perciò questo rischio non lo vedo e siamo molto attenti a fare in modo che non si manifesti, legando ogni nostra valutazione di investimento ad una serie di criteri di mercato cui ci atteniamo in modo rigoroso. Questo approccio è peraltro rafforzato dal fatto che siamo emittenti sul mercato internazionale: gli investitori che sottoscrivono le nostre emissioni sanno bene che siamo un soggetto privato, che risponde con il suo operato e il suo bilancio”.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali