La sede del Mef. Foto Imagoeconomica

La sfida di Salvini allo spread costa (per il momento) 120 miliardi

Giancarlo Salemi

Crescono i rendimenti dei Btp prossimi alla scadenza, mentre c'è il rischio che una nuova asta vada deserta. Gli analisti temono la soglia dei 400 punti base

Una cambiale da 120 miliardi di euro. A questo ammonta il debito che lo Stato deve rimborsare a chi ha scommesso sui Btp. Secondo una proiezione di Bloomberg sono in scadenza nel prossimo trimestre, da giugno ad agosto, titoli di stato per 54 miliardi di euro che si sommano a quelli dell’ultimo quadrimestre, da settembre a dicembre, per altri 66 miliardi di euro. Per questo il Tesoro dovrà ricorrere a nuove emissioni, proprio in un momento in cui il loro costo sarà maggiore.

    

Come notano gli analisti, il clima di tensione dovuto soprattutto alle incertezze della politica interna, insieme a uno scenario internazionale con un’economia in rallentamento – dalla Brexit alla guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina – faranno lievitare il costo delle nuove emissioni. Un clima di difficoltà che porterebbe il Tesoro a non emettere entro l’estate anche il Btp Italia, uno strumento soprattutto per la clientela retail che fa gola perché agganciato all’inflazione e offre un premio extra per chi detiene il titolo fino alla scadenza. Sarebbe la prima volta dal 2012, da quando cioè, all’apice della crisi del debito, il ministero dell'Economia ha giocato la carta della fiducia che i titoli di Stato riscuotono presso i risparmiatori. Ma a novembre, è il caso di ricordarlo, nel momento di maggiore tensione tra il governo gialloverde e l'Unione europea, il Tesoro ha rischiato un clamoroso flop, quando in tre giorni furono raccolti presso il pubblico solo 863 milioni, contro gli oltre 4 miliardi dell’emissione precedente.

   

I tecnici di via XX Settembre sono quindi orientati a temporeggiare prima di evitare un altro fallimento. Già da domani, poi, prenderanno il via le aste di fine mese (prima i Ctz, poi toccherà a Bot e Btp), antipasto di una stagione ad altissima tensione. A giugno e luglio, subito dopo la pubblicazione del report sull’Italia da parte della Commissione Ue – che secondo Bloomberg potrebbe contenere una multa da 3,5 di miliardi di euro – il Tesoro dovrà collocare emissioni per ben 64 miliardi di euro a fronte di rimborsi per 30 miliardi.

   

Che la situazione non sia facile lo dimostrano i dati del primo trimestre: i 76 miliardi di titoli di Stato a medio-lungo termine emessi dal Tesoro sono costati in termini di interessi circa 900 milioni in più rispetto a quelli dello stesso periodo dell’anno scorso. “Le tensioni e le esternazioni dei politici alimentano la speculazione che si riflette soprattutto sui nostri titoli” spiega al Foglio Angelo Meda, responsabile azionario di Banor Sim, “dove lo spread tra Btp e Bund tedesco sulla curva decennale, si è alzato repentinamente dall’area dei 250 punti di pochi giorni fa a sfiorare nuovamente quota 300 con un assestamento successivo in area 270 punti”. Ciò significa uno spostamento del rendimento dei Btp, che nel decennale ha toccato quota 2,75%.

   

Negli altri paesi dell’Eurozona, il trend dei rendimenti è invece in calo, con la Francia che sulla curva decennale è scesa allo 0.27%, livello più basso dall’ottobre 2016. Sotto di noi troviamo Cipro all’1,3%, il Portogallo all’1.07% mentre il resto dei paesi è sotto l’1%, con la Germania addirittura in territorio negativo. Solo la Grecia ha rendimenti superiori al 3.45%. “Questa è la fotografia di quanto è successo fino ad oggi”, spiega Vincenzo Longo, market strategist di Ig Group. “Adesso la soglia base che metterebbe in allarme gli operatori è quella dei 400 punti base, da cui non siamo molto distanti se consideriamo che a balzi di 30 punti al giorno, se la situazione sfuggisse di mano, servirebbe solo una settimana. Non bisogna, insomma, rilassarsi – prosegue – 400 è una soglia importante, perché poi le difficoltà si scaricherebbero sugli istituti finanziari con la peggiore qualità degli attivi, in questo caso i Btp che si ritrovano in portafoglio. E poi bisogna considerare le condizioni di deterioramento del credito che si riverserebbe sulle famiglie e le imprese per finanziamenti o mutui. Questo potrebbe spingere le agenzie di rating a rivedere il loro giudizio sulla nostra capacità di solvenza con ripercussioni a cascata”.

    

“Anche per noi la soglia del non ritorno è quella dei 400 punti base – aggiunge Angelo Meda – e le dichiarazioni dei giorni scorsi, sicuramente da propaganda elettorale, sulla possibilità che il governo possa portare il rapporto deficit pil oltre il 3%, hanno spaventato alcuni investitori. È sbagliato giocare con il fuoco. Il problema è che uno spread a 270/290 per due-tre anni comporta un rallentamento importante dell’economia: vuol dire che lo Stato deve pagare più interessi invece di destinare queste risorse per lo sviluppo economico. Se poi si arrivasse alla soglia dei 400, sarà evidente che serve un cambiamento, che non si può andare avanti così. Potrebbe essere la caduta del governo o addirittura l’intervento della troika, scenari che non ci auguriamo ma che i mercati mettono in conto”. Intanto la cambiale da 120 miliardi di euro peserà e si sommerà ai 23 miliardi che si devono trovare per sterilizzare l’aumento dell’iva e a quelli – ancora incerti – della prossima legge di Bilancio.

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