Perché il guizzo del “mattone” non è un indice di benessere
Aumentano le operazioni di compravendita ma non i volumi. In Italia le case valgono meno di dieci anni fa. Unica eccezione Milano
Milano. Gli italiani, si sa, hanno la fissa per il “mattone”: la percentuale di famiglie che possiede l’immobile in cui abita è vicina all’80 per per cento ed è la più alta in Europa. Bisogna partire da questa caratteristica quasi ‘genetica’ per capire come si spiega l’aumento delle compravendite immobiliari registrato dall’Istat nel 2018, aumento che si concentra nell’ultimo trimestre dell’anno, quello in cui l’economia del paese ha ingranato la marcia indietro e la fiducia di imprese e consumatori ha cominciato a vacillare. Secondo l’Istituto di statistica, che misura l’andamento sulla base delle convenzioni notarili sottoscritte, come del resto fa anche l’Agenzia delle Entrate (ma i dati definitivi del 2018 saranno resi noti solo a maggio), le compravendite sono aumentate del 4,7 per cento lo scorso anno rispetto al 2017 e, se si considera solo l’ultimo trimestre, l’incremento è stato del 7,6 per cento, il livello più elevato degli ultimi due anni. L’espansione riguarda sia il settore abitativo, che rappresenta quasi il 94 per cento delle transazioni, sia quello economico e interessa tutte le aree del paese, anche se non in modo indistinto poiché le transazioni di tipo economico si concentrano nel nord-ovest, mentre dei grandi investimenti immobiliari nel sud restano solo le briciole. In ogni caso, questa crescita potrebbe rappresentare l’ultima fase di un’ondata rialzista di compravendite che va avanti dal 2014, anno in cui il mercato immobiliare ha toccato i minimi dopo il crollo seguito alla grande crisi finanziaria.
Ad aprile la fiducia di consumatori e imprese è calata per il terzo mese di seguito e secondo l’ultima previsione di Nomisma l’andamento del mercato immobiliare nel 2019 dipenderà molto dall’efficacia delle misure di politica economica che saranno messe in campo. “Se gli effetti del nuovo scenario macroeconomico sono difficilmente prevedibili – scrivono gli analisti di Nomisma nel loro rapporto – è indubbio che ci sia un deterioramento del clima di fiducia degli operatori e degli indicatori previsionali”. Di questo passo, le compravendite resteranno inchiodate ai livelli del 2018 e ci sarà “una frenata nel processo di progressivo irrobustimento della crescita che caratterizza, ormai da qualche tempo, il settore residenziale”. Il centro di ricerche bolognese guidato da Luca Dondi non è l’unico ad essere scettico. “L’incremento delle compravendite del 2018 non può essere letto come un indicatore di benessere economico e men che meno di ripresa – dice al Foglio Mario Condò de Satriano, responsabile del centro studi di Fiaip, la federazione degli agenti di vendita professionali che il 30 aprile presenterà la sua rilevazione annuale – A essere aumentato nel 2018 è stato numero delle operazioni e non i volumi, che restano stabili se non in lieve calo rispetto al 2017”. Le famiglie probabilmente stanno approfittando della contrazione dei prezzi, che rispetto ai livelli del 2007 sono calati in media del 35 per cento, con punte del 50-60 per cento in alcune zone. “Ci sono più transazioni ma di dimensioni minori e la vistosa crescita del quarto trimestre è dovuta al picco di atti notarili che generalmente si raggiunge a fine anno. Inoltre, i prezzi bassi stanno spingendo tanti privati a comprare immobili come forma di investimento alternativo”, prosegue Condò. In effetti, a eccezione di Milano, città in cui si regista una crescita del 2-3 per cento dei prezzi, nel resto d’Italia i valori immobiliari sono stabili se non ancora in diminuzione rispetto a dieci anni fa. “Credo che nonostante l’incertezza del paese, la domanda di acquisto di immobili e di mutui possa mantenere un trend positivo anche quest’anno – dice al Foglio Roberto Anedda, direttore marketing di Mutui On line – ma è indubbio che tale dinamica è animata più dalla grande offerta generata dal calo dei prezzi che ha subito il settore e dal permanere di tassi d’interesse pari a zero, che facilitano l’accesso ai finanziamenti bancari, che a un effetto economico espansivo”.
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