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Perché non è il caso di esaltarsi per la Borsa in recupero

Alberto Brambilla

Il tiramisù della produzione industriale fa scampare la recessione all’Italia? Alcune ragioni per dubitare

Roma. Vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso è la più ingenua manifestazione di ottimismo. E così le notizie sul rimbalzo della produzione industriale italiana nel mese di febbraio (più 0,9 rispetto allo stesso mese del 2018) hanno galvanizzato qualche esponente di governo. Per esempio il responsabile economico della Lega, Claudio Borghi, ha esaltato i follower su Twitter proponendo un articolo di Bloomberg “Tiramisu Time: Italy production picks up in temporary euro lead”. Dall’Italia arrivano infatti i dati sulla produzione industriale più positivi dell’Eurozona. Mentre dalla Germania i peggiori, complice la frenata della produzione di auto e la faticosa riconversione alla trazione elettrica.

 

L’Italia entra nel primo trimestre dell’anno, secondo i dati Eurostat analizzati da Bloomberg, con una performance dell’industria così buona da sembrare temporaneamente la locomotiva d’Europa (nonostante proceda a una velocità inferiore agli altri paesi). Tuttavia alcuni fattori autorizzano a moderare gli entusiasmi. La produzione industriale era calata di molto a fine anno (meno 2,8 a novembre e meno 5,7 a dicembre) – perciò si rimbalza dopo una caduta – e, in realtà, a febbraio è tornata ai livelli di giugno dell’anno scorso (a 106,9 punti di oggi contro i 106,7 di allora). Dopotutto i dati dicono che la situazione dell’industria privata italiana non è così drammatica come il quadro complessivo dell’economia, nonostante un’azione di governo che non ha aiutato gli investimenti, anzi a causa dell’incertezza prodotta ha spinto gli imprenditori a ritardarli o congelarli dal giorno dopo le elezioni.

 

È però legittimo chiedersi, come fa anche Bloomberg, se a giudicare dall’andamento della produzione industriale la recessione tecnica della fine dell’anno scorso sia davvero superata. I dati sono positivi, ma possono essere volatili. E’ possibile che la maggiore produzione sia finalizzata alla ricostruzione delle scorte che erano calate alla fine del 2018. In particolare nel tessile c’è stato il rimbalzo più consistente (più 11,7 per cento). Produrre, in fondo, non significa vendere. Inoltre le previsioni pubblicate nel Def dicono che l’Italia crescerà dello 0,2 per cento, deve cioè mantenere una crescita dello 0,1 per cento ogni trimestre. E’ possibile in una condizione di incertezza permanente? Così come nel Regno Unito le previsioni di crescita sono migliori di quelle tedesche nonostante la Brexit, è possibile che imprenditori e investitori si siano adattati nonostante Lega e M5s.

 

Secondo Jack Allen, senior Europe economist di Capital Economics, “il grado di incertezza economica è molto più basso in Italia che nel Regno Unito. L’incertezza è così alta nel Regno Unito che il nostro team britannico produce diverse previsioni economiche, ciascuna per un risultato diverso della Brexit. Ma l’incertezza in Italia è più alta del solito, dato che questo governo è più imprevedibile di quelli precedenti. E l’economia è generalmente molto debole. Nessuna di queste due fonti di incertezza è destinata a scomparire in tempi brevi”, dice Allen. Guardando avanti ci sono motivi per mitigare l’ottimismo in merito a una recessione superata. Secondo la Banca d’Italia ci sarà un rallentamento degli investimenti privati durante l’anno. L’ultimo sondaggio sui prestiti bancari nella zona euro della Bce dice che in Italia le condizioni del credito sono diventate più restrittive che altrove. È anche caduta la domanda di nuovi prestiti e di nuovi mutui. È lecito aspettarsi una riduzione dei consumi: le famiglie tendono a ridurre gli acquisti e hanno già aumentato la loro propensione al risparmio.

 

La prossima legge di Bilancio potrebbe includere un corposo aumento dell’Iva, cosa che spinge le famiglie a tenere i soldi in tasca. Un’altra illusione ottica è l’andamento della Borsa. La Borsa italiana è la migliore d’Europa con un aumento dell’indice del 20 per cento da inizio anno. Tuttavia l’anno si era chiuso con un meno 17 per cento. L’indice Ftse-Mib è tornato ai livelli del gennaio dell’anno scorso, a 21.800 punti. Purtroppo l’azionario non è una bussola molto precisa per ciò che sta accadendo nell’economia. Ci sono molte ragioni per cui le azioni hanno fatto bene nonostante la debolezza economica, comprese le ridotte preoccupazioni sul commercio mondiale e le speculazioni sulla politica monetaria della Fed e della Bce, molto più lasca rispetto alle aspettative. Anche i sovranisti in questo caso dovrebbero ringraziare gli odiati banchieri centrali. Meglio aspettare l’uccisione dell’orso prima di esultare, magari fino a metà anno.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.