Giovanni Tria (foto LaPresse)

Cosa non torna nelle parole di Tria sulle tasse. Un fact checking

Luciano Capone

Secondo il Dpb scritto dallo stesso ministro dell'Economia a novembre, con la vecchia legislazione la pressione fiscale sarebbe aumentata dal 41,9 al 42,2 per cento del 2018 del 2019. Dopo la Manovra del popolo sarà più alta o più bassa?

Nell'intervista al Corriere di oggi, il ministro dell'Economia Giovanni Tria risponde sulle tasse facendo alcune affermazioni non vere e pure contraddittorie.

  

   

Ecco cosa risponde Tria al Corriere:

Nell’ultimo aggiornamento sul 2019 del quadro macro appena pubblicato dal Tesoro, c’è un aumento delle entrate di 0,3% del Pil: cinque miliardi di tasse in più. Un aumento di mezzo punto di Pil sui produttori, 8 miliardi di tasse in più. Ma non avevate detto che dovevate ridurle, le tasse?
"Invito a fare un confronto fra la pressione fiscale a legislazione vigente e quella programmatica dopo la legge di bilancio. E quest’ultima è diminuita".
Nel vostro documento c’è scritto il contrario: più pressione fiscale nel 2019 rispetto al 2018.
"Ma la legislazione vigente fino all’anno scorso comportava l’innesco di una clausola di salvaguardia di aumento dell’Iva di 12,5 miliardi. Come pressione fiscale complessiva rispetto all’anno precedente, si vede un piccolo aumento. È vero. Ma rispetto alla pressione fiscale che ci sarebbe stata nel 2019 se non fossimo intervenuti c’è una riduzione perché abbiamo disinnescato quei 12,5 miliardi di clausole Iva che altrimenti ora ci sarebbero stati. Non possiamo fare a meno di tenere conto di questo. Rispetto alla pressione fiscale senza manovra, che comprende l’aver trovato 12,5 miliardi per coprire quelle clausole disinnescate, abbiamo ridotto la pressione fiscale. E quando si va a vedere il bilancio, c’è un altra questione: la maggior parte delle misure di riduzione della pressione fiscale sui produttori, per quanto limitate siano, hanno in gran parte un effetto zero nel 2019, perché sono nuove norme e hanno un effetto sostanziale – per esempio sugli utili reinvestiti e le altre – dall’anno successivo perché il bilancio riflette la cassa e non la competenza. Quindi si crea questo buco nel primo anno. Nell’arco del triennio è diverso, le tasse diminuiscono".

    

Tria dice che la pressione fiscale nel 2019 aumenta, ma è più bassa di quanto sarebbe stata senza la manovra. È vero?

   

Per rispondere bisogna fare ciò che suggerisce il ministro: un confronto. Secondo il Dpb scritto da Tria a novembre, con la vecchia legislazione la pressione fiscale sarebbe aumentata dal 41,9% del 2018 al 42,2% del 2019. Dopo la Manovra del popolo sarà più alta o più bassa?

 

  

Sarà più alta. Lo dice sempre Tria nell'Aggiornamento del quadro macro pubblicato dopo l'approvazione del Bilancio: la pressione fiscale 2019 salirà al 42,3%. Lo 0,4% in più rispetto al 2018 e lo 0,1% in più rispetto alla legislazione precedente. Quindi Tria dice il falso.

  

Il ministro Tria poi, dopo aver detto "Abbiamo ridotto la pressione fiscale", dice anche che "nell'arco del triennio le tasse diminuiscono". Anche questa affermazione è falsa, più dell'altra. Perché per il 2020-21 il governo ha approvato circa 52 miliardi di aumento dell'Iva. Il ministro Tria poi, dopo aver detto "Abbiamo ridotto la pressione fiscale", dice anche che "nell'arco del triennio le tasse diminuiscono". Anche questa affermazione è falsa, più dell'altra. Perché per il 2020-21 il governo ha approvato circa 52 miliardi di aumento dell'Iva.

 

Non vale dire: "Non aumenteremo l'Iva". Perché se nella previsione della pressione fiscale Tria considera le clausole di salvaguardia del governo precedente, deve considerare pure le sue che l'anno prossimo sono 23 miliardi, circa il doppio di quest'anno, cioè l'1,3% del pil. 

 

 

Quindi, secondo i dati del Mef, la pressione fiscale aumenterà nel 2019 e aumenterà molto di più nel 2020-21. Si possono avere idee diverse sulla politica economica del governo, ma bisogna avere rispetto dei dati. E Tria dovrebbe difendere la prima senza manipolare i secondi.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali