Da sinistra Pierre Moscovici, Valdis Dombrovskis, Jean-Claude Juncker, Giuseppe Conte e Giovanni Tria (foto LaPresse)

L'Italia guadagnerà tempo ma la tregua con i mercati non durerà a lungo

Guido Tabellini

Retromarcia europea sulla manovra. Le vere concessioni saranno fatte dalla Commissione, e per i conti del nostro paese sarà un grosso guaio

Chi sta facendo davvero marcia indietro sulla manovra, il governo italiano o la Commissione Europea? La risposta, purtroppo per il nostro paese, è che le concessioni maggiori saranno fatte dalla Commissione. Non si conoscono ancora i dettagli, ma dalle informazioni disponibili il negoziato riguarda soprattutto il 2019. Ciò consente al governo di tenere comunque in piedi il reddito di cittadinanza e quota 100 sulle pensioni, limitandone l’impatto sui conti del 2019 grazie a rinvii e a blocchi temporanei. Ma negli anni successivi questi provvedimenti comporteranno nuove e maggiori spese, la cui copertura è affidata a incredibili clausole di salvaguardia sull’Iva.

 

In questo modo, si sta dissipando uno dei principali fattori che davano credibilità ai conti pubblici italiani, e cioè un andamento tendenziale della spesa corrente in calo o comunque contenuto. Grazie alle manovre imposte dal governo Monti durante l’emergenza finanziaria, tra il 2013 e il 2017 la spesa pubblica corrente al netto degli interessi in media è cresciuta meno dell’1% all’anno, e il rapporto tra spesa primaria e PIL è sceso di oltre un punto percentuale. L’andamento tendenziale contenuto della spesa corrente primaria era uno dei principali fattori di credibilità per i conti pubblici italiani. Ora questo fattore verrà meno, e nei prossimi anni l’andamento tendenziale della spesa corrente tornerà a essere invece uno degli elementi di insostenibilità.

 

Perché la Commissione Europea sta chiudendo gli occhi su questo peggioramento tendenziale dei conti pubblici italiani? Probabilmente per ragioni politiche. Poiché non vuole aprire una procedura d’infrazione contro la Francia, non può esagerare nel rigore contro l’Italia, soprattutto non prima delle elezioni al Parlamento Europeo. Naturalmente lo scontro tra Italia ed Europa è solo rinviato, nell’ipotesi migliore al prossimo autunno.

 

Ma la Commissione Europea è solo uno degli interlocutori del governo italiano. Gli altri interlocutori sono gli acquirenti del debito pubblico italiano. Basterà l’accordo tra Italia ed Unione Europea a convincere i mercati e i risparmiatori che il debito pubblico italiano è davvero su un sentiero sostenibile? Probabilmente nell’immediato i rischi di una crisi finanziaria si sono allontanati. L’accordo è comunque importante, se non altro perché dimostra che anche questo governo è disposto a sopportare dei costi politici pur di non rompere con l’Europa. Inoltre, uno dei fattori di incertezza che pesano sull’Italia riguarda anche i rapporti di forza tra visioni contrastanti circa la permanenza dell’Italia nell’Euro. Le concessioni fatte dal governo italiano sono una sconfitta per gli esponenti della maggioranza più propensi a portare l’Italia fuori dalla moneta unica.

 

Tuttavia, su un orizzonte un po’ più lungo, le incognite restano fortissime. Probabilmente l’Italia sta entrando in recessione, e i mesi invernali ci diranno quanto sarà lunga e profonda. Se il peggioramento congiunturale dovesse estendersi ulteriormente anche ad altri paesi europei, la Banca Centrale Europea con i tassi di interesse già a zero avrebbe ben pochi strumenti per contrastarlo. E naturalmente la situazione politica resta piena di incognite, in Italia ma anche nelle altre democrazie avanzate. L’imminente accordo tra il governo italiano e la Commissione Europea ci farà guadagnare un po’ di tempo. Ma non è una svolta, è solo un rinvio, e sarebbe sbagliato illudersi che la fiducia dei mercati finanziari possa durare a lungo.

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