Giovanni Tria (foto LaPresse)

Non sarà una Manovra come le altre

Redazione

Contro la fake news che così han fatto tutti i governi e tutti gli altri

“Tutti gli ultimi governi hanno prodotto deficit, e a conti fatti più di quanto promesso. Stesso discorso per gli altri paesi europei. Dunque che problema c’è? Caso mai sarà una manovra come le altre”. Rinfoderati gli show peronisti sul balcone di Palazzo Chigi, da parte dei gialloverdi e dei media simpatizzanti c’è un diffuso tentativo di minimizzare numeri e contenuti del Documento di bilancio inviato martedì notte a Bruxelles, e delle misure annunciate che lo accompagneranno.

 

Si tratta, tanto per cambiare, della più classica delle fake news, in piena sintonia con l’illusionismo di Lega e 5 stelle. Partiamo dai numeri. Partiamo dai numeri. L’Italia è andata in deficit, a consuntivo, per il 2,9 per cento nel 2012 e 2013 (governi Monti e Letta), per il 3 nel 2014, per il 2,6 nel 2015, per il 2,5 nel 2016 (governo Renzi), per il 2,4 nel 2017 (governo Gentiloni), sempre superando di qualche decimale l’obiettivo dichiarato ma portando il pil da meno 2,5 per cento a 1,6. Promettendo ora il 2,4 si ottengono due risultati: si interrompe il percorso di riduzione del debito e avremo un disavanzo molto superiore, magari oltre la soglia limite del 3 per cento.

 

L’altra balla è il confronto col resto d’Europa. La Germania presenta una manovra 2019 a deficit zero, come lo scorso anno; il suo debito pubblico scenderà dal 61 per cento del pil al 58: venti punti in meno in sei anni. Eppure taglia le tasse ed il gap di investimenti rispetto all’Italia sfiora i 160 miliardi. La Spagna ha indicato un deficit dell’1,8 per cento che potrebbe non essere rispettato dal governo socialista; ma nel 2012 era al 10,5 e nel 2016 al 4,5. Il Portogallo egualmente socialista fissa l’obiettivo allo 0,2 (ecco perché il suo spread è metà del nostro). L’Olanda allo 0,4, con tagli di tasse. Anche l’Austria che piace a Matteo Salvini annuncia il pareggio di bilancio nel 2019, con debito al 75 per cento del pil, pressione fiscale in calo e 70 miliardi di infrastrutture cofinanziate dalla Ue. Mentre l’Ungheria, altro faro salviniano, programma un deficit dell’1,8 per cento. La Francia – molto citata –, andrà in deficit del 2,8 per cento, dimezzandolo nel 2020: l’anno prossimo restituirà a privati e aziende 25 miliardi di crediti fiscali. In nessuno di questi paesi sono previsti condoni, né redditi di cittadinanza, né pensionamenti anticipati: tranne che in Francia, all’estero si va in pensione dopo che in Italia e con assegni molto inferiori; per questo abbiamo la spesa previdenziale più alta d’Europa. Saranno Berlino, Madrid, Lisbona, Vienna, Budapest e tutti gli altri a giudicare la nostra manovra, non Jean-Claude Juncker e “gli eurocrati”. Ma naturalmente il primo giudice sono gli italiani. Se si crede a un piano che guarda solo alle pensioni, che non investe un euro su giovani, scuola, ricerca, tecnologia, che tollera le infrastrutture solo perché non si può tornare indietro, beh, allora beviamoci la bugia di una manovra “come le altre”.

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