Jean-Claude Juncker (foto LaPresse)

I conti non tornano e Juncker mette in guardia: nessun favore all'Italia

Mariarosaria Marchesano

Il presidente della Commissione Ue dice che qualsiasi deroga alla manovra susciterebbe reazioni rabbiose tra gli stati membri. Si aspetta il responso dei mercati, che per gli analisti sarà negativo

Il tavolo di confronto sulla manovra di Bilancio del governo italiano si è già spostato a Bruxelles, dove ieri sera è stato inviato il documento programmatico dopo l'approvazione del Consiglio dei ministri. Una prima reazione non si è fatta attendere. Stamattina, il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha rilasciato più di un'intervista ad agenzie e media del nostro paese in cui ha voluto mettere in chiaro che non esiste un pregiudizio nei confronti dell'Italia ma c'è la necessità che le regole in tema di tenuta dei conti pubblici vadano rispettate ugualmente da tutti gli stati dell'Unione. “La Commissione non interviene sulle scelte specifiche della legge di bilancio italiana, ma si occupa del risultato finale, del saldo – ha detto – e, a prima vista, c'è uno scarto tra ciò che è stato promesso e ciò che il governo ha presentato”. Riguardo alla possibilità che la situazione dei conti dell'Italia venga discussa durante il Consiglio in programma giovedì, Juncker ha replicato che non sarebbe saggio mettere l'Italia sul banco degli imputati e ha anticipato che nel tardo pomeriggio parlerà al telefono con il premier Giuseppe Conte. Il cuore del problema sarebbe rappresentato dalla reazione degli altri stati di fronte agli sforamenti dei parametri. "Se accettassimo tutto quello che il governo italiano propone, avremmo delle controreazioni virulente in altri paesi della zona euro", ha detto detto Juncker. Intanto, il giudizio sulla manovra passa al vaglio del mercato, che è scettico soprattutto sulla possibilità che vengano raggiunti gli obiettivi di crescita e vede come concreta la possibilità di uno scontro tra Roma e Bruxelles. Ecco, in sintesi, le prime reazioni di analisti e strategist di gruppi internazionali d'investimento.

 

Patrick O'Donnell (Aberdeen Standard Investments): "Il governo italiano è intenzionato a mantenere la sua linea e a lasciare invariato l’obiettivo di bilancio al 2,4 per cento in termini di rapporto deficit/pil per il 2019.  La Lega e il M5s non vogliono disattendere le promesse elettorali. Tutti questi segnali suggeriscono che la Commissione europea chiederà delle revisioni, ma è poco probabile che il governo italiano possa fare concessioni. Tutto ciò rende inevitabile uno scontro complicato. A questo punto, sono solo i mercati finanziari che potrebbero indurre il governo a fare un passo indietro. I mercati si aspettano alla fine di questo mese un downgrade dell’Italia da parte delle agenzie di rating a un livello vicino al sub investment grade e c’è anche una buona probabilità che presentino un outlook negativo. Se ciò dovesse accadere, si assisterà a maggiori vendite sui titoli di stato italiani. Considerato che il mercato obbligazionario italiano dei titoli di stato è il terzo più grande a livello mondiale, tutto ciò potrebbe contribuire a infiammare una situazione che è già tesa”.

 

Silvia Dall’Angelo (Hermes Investment Management): “La Commissione europea ha una settimana per richiedere adeguamenti e due settimane per decidere se accettare o meno il progetto di Bilancio italiano. Dato che i funzionari della Commissione Ue hanno già espresso preoccupazioni, è probabile che ci sia attrito e che l'Italia entrerà probabilmente nella procedura per deficit eccessivi (Edp) nei prossimi mesi. Tuttavia, ci vorrà del tempo per attuare misure correttive (come le sanzioni), e la Commissione potrebbe tatticamente evitare un confronto diretto, considerate le elezioni europee che si svolgeranno a maggio del prossimo anno. Detto questo, il rimprovero maggiore di una condotta fiscale discutibile verrà probabilmente dai mercati finanziari, che già chiedono premi più elevati per detenere gli attivi italiani. Condizioni finanziarie più rigide, se persistenti, si potrebbero ripercuotere negativamente sull'economia reale: condizioni di credito peggiori potrebbero anche condizionare le prospettive di crescita già indebolite”.

 

Fabrizio Bernardi (Fidentiis Equity): “Riteniamo che il tasso di crescita del pil previsto dal governo non si materializzerà: confermiamo quindi la nostra stima di crescita per il 2019 in un range tra lo 0,6 per cento e lo 0,8 per cento, poiché l'effetto combinato della misura da attuare sulla crescita del pil è stimato pari a zero. Così. le misure annunciate e gli obiettivi di finanza pubblica aumentano materialmente il rischio di contenzioso con l'Unione europea e, soprattutto, rendono l'Italia un punto debole nei mercati finanziari poiché la probabilità di una crisi del debito aumenta se la crescita del pil perde aspettative”.

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