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La pazza idea di insistere a trascinare Fs a fondo con Alitalia

Alberto Brambilla

Vedremo treni che volano? L’unico motivo per un’assurdità è usare Fs per finanziare una compagnia colabrodo. Parla Delrio

Roma. Non si sono mai visti treni che volano così come non si sono mai viste compagnie ferroviarie integrate con compagnia aeree. Eppure l’ipotesi di unire le Ferrovie dello Stato con l’Alitalia è tornata a circolare dopo che il governo legastellato per mano del ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, ha deciso la decadenza del cda delle Fs con l’intento di arrestare, dopo oltre un anno di lavoro, l’integrazione tra l’Anas e le Ferrovie. Inoltre, il fatto che le offerte di Lufthansa, Easyjet e Wizz Air per Alitalia non siano considerate congrue dai commissari, come dice la relazione trimestrale sull’andamento della compagnia, lascia aperta l’ipotesi di un intervento pubblico.

 

Il piano Fs, tuttora limitato a indiscrezioni, non sarebbe cambiato rispetto a quanto riferito dal Sole 24 Ore a febbraio, così: “Secondo fonti vicine al dossier, tra le ipotesi sul futuro di Alitalia è tornato anche il coinvolgimento di Fs, un progetto che fu tra l’altro caldeggiato a suo tempo dall’ex amministratore delegato delle Fs Mauro Moretti: l’idea sarebbe quella di candidare all’acquisto di Alitalia una cordata pubblico-privata basata sul modello proposto nella gara per l’Ilva. Non è chiaro se in questo caso si potrebbe procedere con un tandem Cdp-Fs insieme ai privati o se uno escluderebbe l’altro”. E’ cambiato però il governo, e la determinazione nel realizzare il progetto. Toninelli ha detto che “non sono chiuse le offerte” per Alitalia e rispondendo a chi chiedeva se ci fossero altri soggetti interessati ha detto “stiamo studiando il piano industriale”. Tutto incerto, ma tutto aperto. Nel piano industriale di Fs di durata decennale (2017-2026) non si menziona Alitalia ma il piano viene rivisto annualmente in ottobre. Toninelli ha cambiato d’imperio i vertici della compagnia ferroviaria sostituendo l’ ad Renato Mazzoncini con un manager interno. Il ministro ha nominato come consulente per le infrastrutture (a titolo gratuito) Marco Ponti, rispettato docente del Politecnico di Milano esperto di trasporti, il quale è contrario all’integrazione Anas-Fs e vede con sospetto, e non da oggi, anche l’unione Fs-Alitalia. Toninelli lo ascolterà?

 

Quale sarebbe la motivazione di unire le Fs con una compagnia aerea che perde 1,7 milioni di euro al giorno con una quota di mercato italiano che non è mai stata così risicata (14,5 per cento) a favore delle low cost? Fa parte dell’epica di Alitalia raccontare la storiella delle “sinergie” per motivare bizzarri arabeschi. Quando Poste portò una dote milionaria in Alitalia per agevolare l’ingresso del socio industriale Etihad ci s’inventò una possibile collaborazione con la piccola compagnia aerea postale Mistral Air. E ora? Sinergie di costo non ci sono. Fs consuma pochissimo carburante – peraltro non jet fuel. I rifornimenti resterebbero separati. Il personale non è interscambiabile, se non a livello amministrativo.

 

Un coordinamento aerei-treni per orari e offerte tariffarie è già possibile senza incroci azionari. Una sinergia, che poi sinergia non è, è quella di usare le Fs come strumento di finanziamento di Alitalia. Fs emette obbligazioni sul mercato ed è un “portatore sano” di finanziamenti. In altri termini l’unico vantaggio è usare Fs come un fondo di investimento. Eppure un fondo per Alitalia si potrebbe trovare se solo riducesse la struttura di costo, del personale in particolare, ciò chiedeva Lufthansa come condizione per investire. Per l’ex ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, il rischio è che “ con avventure fuori dal suo core business si distragga Fs dallo sviluppo del suo piano industriale da circa 100 miliardi di euro, concentrato al 65 per cento sul trasporto pendolari. Se ci sarà un progetto – dice al Foglio – speriamo di conoscerne i contorni visto che [al governo] hanno fatto spoils system per la prima volta su Ferrovie dando un brutto segnale ai mercati che credo da qui in avanti faranno fatica a continuare ad accordare prestiti a Fs come prima data la maggiore ingerenza della politica”.

  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.