Il premier italiano Giuseppe Conte (foto LaPresse)

Governo del deragliamento

Redazione

Il pil rallenta. A credere nella decrescita il rischio è di essere accontentati

Il rallentamento dell’economia italiana nel secondo trimestre 2018 previsto dalle stime preliminari Istat (da 0,3 a 0,2 per cento), unito al calo di 49 mila occupati a giugno, va inserito in un generale rallentamento dell’economia europea. La crescita è statica in Francia (più 0,2 per cento nel secondo trimestre, tasso identico al primo), la Spagna ha registrato il tasso di crescita più lento degli ultimi quattro anni (più 0,6 per cento nel secondo trimestre), anche l’Austria rallenta (da 0,8 a 0,7 per cento). 

 

Sarebbe fuorviante imputare il rallentamento all’esecutivo in carica in Italia, così come lo sarebbe altrettanto imputarlo al governo socialista appena insediato in Spagna. Tuttavia non sfugge agli analisti che il governo legastellato rappresenti una minaccia per la crescita dell’economia se non cambia atteggiamento e strategia.

 

La banca inglese Barclays ha avvertito che se il decreto dignità venisse introdotto così com’è senza modifiche, in particolare sulla limitazione dei contratti a termine, il progetto di riforma potrebbe costare all’Italia una decisa frenata dell’economia: il pil scenderebbe all’1,2 per cento nel 2018 e all’1,1 per cento nel 2019 rispetto al tasso di sviluppo dell’1,7 per cento raggiunto nel 2017. Il centro studi Nomisma ritiene che la spinta del 2017 “non è stata adeguatamente sfruttata” e che “al momento manca una chiara politica economica di medio periodo che riesca a collocare con vigore il nostro paese nello scacchiere internazionale. Vi sono scommesse, energetiche, logistiche e di filiera produttiva internazionale che non possono essere giocate con localismi e atteggiamenti di chiusura che rischiano di emarginare il paese rispetto alle complesse sfide globali”, scrive Lucio Poma, responsabile scientifico industria e innovazione.

 

La decelerazione è in parte dovuta al calo delle esportazioni e l’atteggiamento anti industrialista dell’esecutivo – vedi il trascinarsi della crisi Ilva – rischia di colpire metalmeccanica e meccanica che sono i settori più vivaci sui mercati mondiali. Il rallentamento della crescita, poi, genererà problemi anche per il governo nella prospettiva della stesura della legge di Bilancio. Sergio De Nardis, ex responsabile dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, nota inoltre che le stime di crescita per la fine dell’anno, sulla base della revisione del secondo trimestre, potranno impensierire Palazzo Chigi. La previsione del Documento di economia e finanza di aprile stimava una crescita dell’1,5 per cento e con i dati diffusi ieri, per quanto provvisori, si va verso una crescita dell’1,1-1,2 per cento. Occorre attendere i dati definitivi Istat di fine agosto, ma se le previsioni fossero confermate, anche la nota di aggiornamento del Def dovrà tenerne conto in vista della preparazione della legge di Bilancio, e rivedere le prospettive macroeconomiche per quest’anno. A credere nella decrescita il rischio è di essere accontentati.

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