Claudio Borghi (foto LaPresse)

Da Borghi a Siri, ecco la strategia della Lega sul debito

Luciano Capone

Falliti e sovrani. Salvare gli investitori stranieri per fregare quelli italiani

Qual è la strategia della Lega sull’affidabilità e sul contenimento del debito pubblico? Le idee del responsabile economico e presidente della commissione Bilancio alla Camera, Claudio Borghi, sono chiare: il debito italiano non è sicuro, anzi è molto rischioso, tanto che lui preferisce investire in titoli stranieri. A chi lo ha invitato a un atteggiamento finanziario più patriottico comprando – ora che è al governo – titoli italiani, Borghi ha risposto con un no: “Se sostengo che la Banca centrale può decidere in ogni momento di azzerare i tuoi titoli di debito, per quale motivo dovrei investire in qualcosa che può essere azzerato?”. In sintesi, Borghi afferma che la Bce “se volesse potrebbe” decidere di far fallire l’Italia in qualsiasi momento e che, pertanto, i Btp sono molto rischiosi. E’ un consiglio implicito agli investitori a spostare rapidamente i propri soldi all’estero e, detto dal presidente della commissione Bilancio, non è di certo un messaggio che rafforza la credibilità di un paese fragile come il nostro. Ma è coerente con le convinzioni di Borghi, un no euro che lavora da tempo per portare, o far cacciare, l’Italia fuori dall’Eurozona.

 

Il problema è che queste affermazioni cozzano con il programma del governo Conte e con le proposte del Carroccio. La maggioranza pentaleghista ha sempre ribadito, più o meno convintamente, che la permanenza nell’euro non è in discussione. Questo, quindi, è il recinto entro cui può muoversi la politica economica del governo. Ma lo stesso Borghi è l’ideatore e il più grande propugnatore dei cosiddetti “minibot” – ovvero titoli di stato assimilati in toto, se non per il taglio ridotto, al debito esistente – che verrebbero emessi per liquidare i debiti della Pubblica amministrazione. Ora l’incoerenza appare evidente: se, come dice Borghi, non si esce dall’euro e si resta con queste regole; e se, come dice sempre Borghi, con questo statuto della Bce i titoli italiani possono essere “azzerati” in ogni momento; allora significa che il governo vuole rifilare un pacco ai creditori della Pa. Anziché con gli euro (che lui investe all’estero), Borghi vuole liquidare le imprese italiane con titoli di stato che possono diventare carta straccia da un momento all’altro per volontà della Bce (ipse dixit).

 

Le scelte personali di investimento del dirigente leghista sono incoerenti anche con un’altra proposta che viene dal governo, in particolare da un’altra mente del “dipartimento di Economia della Lega”: il papà della flat tax salviniana e sottosegretario ai Trasporti Armando Siri. Poco tempo fa Siri ha proposto un piano per “far in modo che le famiglie italiane, che hanno 5 mila miliardi di liquidità, tornino a riprendersi quella parte del debito, pari a 780 miliardi, collocata presso investitori stranieri”. “Perché – si è chiesto retoricamente Siri – non potrebbero essere gli italiani per primi a comprare i titoli di stato, a sostenere la crescita e lo sviluppo del proprio paese?”. La risposta di Borghi sarebbe: perché l’Italia è a forte rischio default.
A prima vista, da queste uscite incongruenti, sembrerebbe che la Lega abbia un approccio completamente sconclusionato sul debito. Ma, a ben guardare, al fondo c’è un senso: se si unisce l’idea che il debito italiano sia rischioso alla strategia di rimpinzare le famiglie di Bot e minibot al posto di euro, allora vuol dire che c’è una precisa volontà di salvare gli investitori esteri per scaricare i costi di un default su famiglie e imprese italiane. Così saremo tutti sovrani e falliti. Tranne Borghi.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali