Giuseppe Guzzetti (foto LaPresse)

Cosa c'è dietro l'agitazione per le prossime nomine in Cdp

Alberto Brambilla

La pantomima per il vertice, l’attivismo guzzettiano, l’incognita del modello. La probabile prosecuzione della sclerosi francese

Roma. Mercoledì scorso la rinuncia di Claudio Costamagna, ex banchiere di Goldman Sachs, a presiedere la Cassa depositi per un secondo mandato ha ridato brio alla pantomima sulle nomine al vertice della banca di stato, l’atto primo della presa di potere del governo Lega-Movimento 5 stelle. Giuseppe Guzzetti, l’ottuagenario presidente delle Fondazioni azioniste della Cdp, cui spetta la designazione del presidente, è il protagonista più attivo sul proscenio.

 

Secondo indiscrezioni, Guzzetti voleva decidere – oltre alla presidenza di sua competenza – anche il nome dell’amministratore delegato, che spetta all’azionista di maggioranza, il Tesoro, e spingersi a suggerire la nomina del direttore generale del ministero dell’Economia. Sul sostituto di Vincenzo La Via, Guzzetti aveva riserve. Si parlava di Antonio Guglielmi. Guglielmi è l’ex capo di Mediobanca Securities, ovvero la divisione ricerca azionaria di Piazzetta Cuccia. Personalità provenienti da mondi distanti, l’uno politico e banchiere, l’altro un analista finanziario peraltro autore nel 2012 del report “Re-Foundation” che faceva le pulci alla Cariplo di Guzzetti e alle altre socie dell’Associazione delle fondazioni e casse di risparmio. Diffidenza al punto da spingere il vigilato (le Fondazioni) a premere sul vigilante (il Tesoro).

 

Attorno a quella pozza di potere, tra partecipazioni statali e finanziamenti agli enti locali, qual è la Cdp, ci sarà agitazione fino al cda del 16 giugno, quando si capirà come si sistemeranno le caselle apicali. E’ possibile intravvedere il finale di partita. Alla presidenza il fedelissimo di Guzzetti, Massimo Tononi. Al posto di ad Massimo Sarmi, manager preparato e navigato, sponsorizzato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, che da capo di Poste rispose alla chiamata del governo Letta per fare da anchor investor in Alitalia e rassicurare l’investitore straniero Ethiad.

 

Alla direzione generale il manager interno Fabrizio Palermo, Cfo di Cdp esperto di industria e finanza (siede nel cda di Fincantieri e Open Fiber). Il M5s non otterrebbe granché, è la Lega a fare la regia. Stasera (domenica 10 giugno ndr) dovrebbe tenersi un incontro tra Fondazioni e leghisti per concludere. L’interesse sui nomi è relativo rispetto a percorso che potrebbe prendere Cdp in futuro. Secondo l’agenzia Ansa, è allo studio un piano di M5s e Lega per consentire alla Cdp di emettere obbligazioni “per alcuni miliardi” per finanziare opere infrastrutturali per gli enti locali partendo da acqua, telecomunicazioni e trasporto pubblico.

 

Il modello considerato è quello della banca pubblica tedesca Kreditanstalt für Wiederaufbau (Kfw). La Kfw finanzia infrastrutture primo livello nei comuni e negli enti locali ovvero fogne, strade provinciali e regionali, scuole. Un modello diverso rispetto a quello finora seguito da Cdp. Con la presidenza di Franco Bassanini, iniziata nel 2008, la Cdp italiana segue il modello della Caisse des dèpôts et consignations francese. Attiva con partecipazioni in società considerate strategiche e partecipate di stato oltre che finanziamento agli enti locali. Cdp sta però mutando in una sclerosi del modello francese ultimamente. Non s’è limitata ad assumere quote di minoranza come presidio pubblico ma è diventata strumento di potere finanziario o ente di soccorso. A maggio ha innescato la battaglia finanziaria su Tim a fianco del fondo Elliott contro Vivendi cambiando gli equilibri in cda della telco. Nel 2014 ha lasciato penetrare in Cdp Reti, veicolo di investimento con in pancia Snam (rete gas) e Terna (rete elettrica), i cinesi di State Grid Corporation of China i quali magari possono sbirciare in cda i suoi piani di acquisizione. Ha soccorso Trevi con Cdp Equity ma si è accollata una società poi finita in rosso. Nemmeno il saggio Guzzetti vorrebbe che Cdp intervenisse in Alitalia, come chiedono M5s e Lega, perché lo statuto non permette partecipazioni in società in perdita a tutela del risparmio postale che Cdp gestisce. A meno che la sclerosi della Cdp aux Français non prosegua.

  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.