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Bunker & Banker

Alberto Brambilla

Il tentativo di un ragazzo colombiano di diciotto anni di assaltare i caveau della Banca d’Italia e la speculazione filosofica sull’origine del denaro

All’alba di Pasqua un ragazzo colombiano di diciotto anni, Torres Soban Sebastian Chabarro, ha tentato l’assalto solitario all’oro nei bunker di Banca d’Italia. Ha scavalcato l’alta recinzione puntuta e ha cominciato a gridare picchiando sul gigantesco portone di Palazzo Koch. Il maldestro tentativo è fallito. Ma Chabarro è scampato all’arresto per tentato furto (l’impresa era assurda e, in termini giuridici, il “reato impossibile”).

 

Il giovane avventuroso non sapeva nemmeno che le “sacrestie” di Banca d’Italia – così sono chiamati i caveau – sono una fortezza e che, se mai fosse entrato, avrebbe trovato incredibili ricchezze ma non tutte le riserve auree italiane. Banca d’Italia è il quarto detentore di riserve auree al mondo dopo la Fed, la Bundesbank e il Fmi.

 

Ora in Via Nazionale ci sono 1.100 tonnellate, il 45 per cento del totale. Il resto è negli Stati Uniti (1.062 tonnellate, il 45 per cento), in Svizzera (149, poco più del 6 per cento), nel Regno Unito (141, meno del 6). Per conoscere questi succulenti dettagli sul patrimonio nazionale è indispensabile l’ultimo libro del direttore generale di Banca d’Italia, Salvatore Rossi, dal titolo “Oro” (il Mulino, 12 euro), presentato mercoledì all’Istituto Bruno Leoni. Oltre a una storia affascinante del metallo più prezioso (benché non il più diffuso), sono interessanti altre riflessioni di Rossi. E’ curiosa la speculazione filosofica sull’origine del denaro (materia di labirintiche dispute plurisecolari). Per Rossi è preistorica. “Supponiamo – scrive – che un bel giorno la mente di un uomo si illumini in modo che concepisca la seguente linea di pensiero: poiché oggi dispongo un sovrappiù di cibo rispetto allo stretto indispensabile a soddisfare la fame che ho (sono stato particolarmente fortunato nella caccia), cederò quel sovrappiù al mio vicino di caverna, che ne ha un bisogno impellente (ha molta fame ed è stato invece sfortunato a caccia)”. E’ facile immaginare che dopo una buona caccia l’uomo preistorico facesse indigestione piuttosto che condividere il cibo. Ma è interessante la visione di Rossi che trasforma l’homo homini lupus in homo homini banker, per cui l’uomo non nasce “lupo” ma banchiere perché “fa” credito.

 

Se le ragioni dell’economia avessero da sempre battuto l’istinto, il mondo sarebbe un luogo relativamente pacifico da molto tempo – con buona pace per la selezione darwiniana per cui il debole soccombe.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.