La saga dei Casaleggios e Telecom

Sembra una telenovela. Tutti i voltafaccia dei grillini sulle tlc

Maria Carla Sicilia

Nel 2000 Gianroberto Casaleggio è amministratore delegato di Webegg società di consulenza nata da Finsiel e Olivetti e specializzata nella comunicazione su Internet. Uno dei principali clienti dell'azienda è Telecom Italia, che a giugno 2002 compra il 50 per cento del capitale da Olivetti per 57,5 milioni di euro.

 

Nel 2004, portandosi dietro quattro dipendenti da Webegg, tutti ex Telecom, Gianroberto fonda la Casaleggio Associati.

 

Nel 2010, durante un'assemblea degli azionisti, Beppe Grillo interviene sulla vendita di Telecom alla spagnola Telefonica. “Telecom deve essere venduta al più presto a Telefonica o a qualche grande gruppo internazionale prima che gli attuali azionisti ne spolpino anche le ossa. Telecom è morta, ma si possono espiantare i suoi organi e salvare l’occupazione ancora rimasta. […] Cari Bernabè e Galateri, vendete quello che è rimasto a Telefonica, restituite la dorsale allo Stato e dopo andate a casa, insieme al consiglio di amministrazione, prima del fallimento”.

 

Nel 2013 Grillo rivede la sua posizione e in un post sul suo blog scrive: "Le telecomunicazioni diventano spagnole. Un disastro annunciato da un saccheggio continuato, pianificato e portato a termine con cinismo di quella che era tra le più potenti, innovative e floride società italiane. Fondamentale per le politiche di innovazione del Paese. Il governo deve intervenire per bloccare la vendita a Telefonica con l'acquisto della sua quota, è sufficiente dirottare parte dei miliardi di euro destinati alla Tav in Val di Susa che neppure il governo francese vuole più”.

  

Nel 2013, in un'intervista di Gianluigi Nuzzi il fondatore della Casaleggio associati, Gianroberto Casaleggio, dice che la rete è lo strumento che mette in contatto cittadini e politica e descrive il contesto italiano come arretrato a causa della limitata diffusione di internet: “E' un dato di fatto. In Italia c'è una diffusione parziale di internet e dei servizi che sono stati creati su internet. Non ho nessuna prova che sia stato fatto a posta, però vedo che avevamo la possibilità di avere un'estensione negli anni scorsi che non è stata colta. Come ho scritto anche in un libro, contro la rete sono state fatte decine e decine di leggi che hanno impedito la diffusione di internet o volevano impedirla”.
   

Nel 2015, commentando l'ingresso di Vivendi in Telecom, i deputati M5s della commissione Trasporti, poste e telecomunicazioni scrivono in una nota che l'arrivo dei francesi “è il colpo di grazia per Telecom Italia. Il compimento di un disegno avviato con la sua scellerata privatizzazione della fine degli anni 90. [...] Occorre procedere speditamente verso la costituzione di una società della rete a maggioranza pubblica. Un'unica società della rete con un'unica governance, contro l'attuale frammentazione, che sostenga la piena tutela e valorizzazione dell'occupazione e del patrimonio di conoscenze e competenze di Telecom Italia”. 

   

Nel 2017, durante la presentazione di un libro in Senato, la deputata Roberta Lombardi rimarca la posizione del movimento. “E’ inutile che ci giriamo attorno. Ogni Paese industrializzato che si rispetti c’è un big tlc in mano allo Stato. Qui invece, in piena era cyberterrorismo, accade l’esatto contrario. Che cosa vogliamo fare? Noi da sempre abbiamo respinto ogni ipotesi di privatizzazione”.

   

Nel marzo 2018 l'economista candidato al ministero dell'Economia dal Movimento 5 stelle, Andrea Roventini, interviene sul blog di Beppe Grillo a proposito delle nomine dei vertici delle società partecipate pubbliche e si sofferma su Cassa Depositi e Prestiti. “La CDP è una risorsa dell’Italia che può assumere il ruolo di banca di sviluppo per stimolare l’innovazione, lo sviluppo tecnologico e aiutare le nostre imprese sul mercato nazionale e su quelli esteri. La CDP può e deve assumere un ruolo chiave nello sviluppo industriale dell’Italia. Le politiche industriali, soprattutto se mission-oriented, possono liberare nuovamente la creatività industriale italiana, permettendo al nostro Paese di tornare protagonista in Europa. Tali politiche devono anche essere un’occasione per sviluppare le aree depresse del nostro Paese, supportate dalla rivoluzione digitale che deve trasformare e migliorare la pubblica amministrazione”.


A marzo 2018 Start Magazine pubblica un articolo in cui riporta quanto sostenuto da Davide Casaleggio nel corso di un seminario a porte chiuse. Il figlio di Gianroberto, scrive la testata online, ha espresso “idee 'sovraniste' per il settore, auspicando un ruolo più attivo dello Stato sull’innovazione digitale”. “Auspico che possano essere le aziende oggi presenti in Italia a espandersi acquisendo quelle estere e non il contrario come purtroppo sempre più spesso sta accadendo portando come conseguenza anche la delocalizzazione delle nostre imprese” – ha scritto qualche giorno dopo su Facebook Davide, rispondendo al dibattito sollevato da Start Magazine – “La possibilità di sostegno al sistema attraverso il finanziamento statale è solo una componente della soluzione prospettata per colmare questo gap, ma è altrettanto importante”.

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