L'Ecole 42. Foto via Flickr

L'Ecole 42 ha una casa anche in Italia. Ora tocca alla politica e all'impresa

Maria Carla Sicilia

Cosa aspettiamo a costruire anche noi un polo come quello francese? L'agenzia del Demanio e il ministero della Difesa accettano la proposta del Foglio: offrire uno spazio a chi vuole farsi avanti 

Cosa aspettiamo a costruire anche in Italia la nostra Ecole 42? Il Foglio, dopo aver lanciato la proposta qualche giorno fa, lo ha chiesto all'agenzia del Demanio e al ministero della Difesa, che con le loro proprietà immobiliari possono incoraggiare gli Xavier Niel italiani a farsi avanti. “Il Demanio accetta la sfida ed è disponibile anche a promuovere il progetto, insieme agli imprenditori che credono in questa iniziativa”, spiega il direttore dell'agenzia, Roberto Reggi: “Quando si parla di utilizzare i beni dello stato in modo produttivo, per creare posti di lavoro e possibilità di sviluppo, noi ci siamo”. Gli esempi di come l'agenzia si sia già mossa per valorizzare il proprio patrimonio immobiliare in un'ottica di crescita e sviluppo per i territori non mancano, ma sono lontani dall'idea dell'Ecole 42. Nella lunga lista che Reggi illustra ci sono progetti europei e un polo del Cnr, ma un solo investitore privato, Alessandro Baricco, che nell'ex caserma Cavalli di Torino ha realizzato la sua scuola di scrittura. Poi le università, che nel campo della formazione possono fare la propria parte, come è successo pochi giorni fa a Padova, quando un'ex caserma è stata offerta in concessione per diventare sede della facoltà di ingegneria. Oppure a Camerino, dove 27 edifici militari saranno trasformati in un polo tecnologico per recuperare i beni culturali danneggiati dal terremoto che ha colpito l'Italia centrale.

  

“Il ministero della Difesa – spiega al Foglio il portavoce del ministro, Andrea Armaro – non può individuare un ambito di interesse per cedere le sue proprietà. E' il proponente che dà l'indirizzo”. Il messaggio però è chiaro: se c'è un momento per farsi avanti con una buona idea a cui manca una casa, questo è il migliore. La disponibilità a dismettere tutto ciò che non è più strategico per la Difesa italiana è massima: “Abbiamo ceduto centinaia di immobili, quattrocento in quattro anni. Saremmo ben felici di trovare un progetto valido, che generi valore, e attivare la concessione dei nostri beni attraverso l'agenzia del Demanio”. La sveglia, a questo punto, deve suonare per gli enti locali e per gli imprenditori.

 

“E' un'idea a cui penso parlando con lei – continua poi Reggi – in poco tempo si potrebbe mettere in piedi un progetto per gli startupper, trovando una tipologia di immobili in ogni città da mettere in rete”. La firma del Demanio sui propri progetti è la capillarità degli immobili offerti, distribuiti su tutto il paese, e la scelta di una specifica filiera. Come con i fari e gli immobili pubblici lungo le ciclovie e i percorsi storici e religiosi, che le associazioni e i privati possono richiedere per attività turistiche e ricreative. “Con la stessa modalità con cui abbiamo messo in concessione gratuita ai giovani sotto i 40 anni alcuni immobili, potremmo pensare a progetti di alta tecnologia. Dobbiamo solo individuare il filo rosso che lega i potenziali investitori”.

  

Il filo rosso potrebbe essere quello di dare ai giovani l'occasione di costruire il proprio futuro con un progetto formativo di alta qualità, e con loro il futuro del paese. Secondo il World Economic Forum, che stila ogni anno una classifica globale dello sviluppo tecnologico, l'Italia nel 2016 ha dato importanti segnali di ripresa rispetto all'anno precedente, guadagnando dieci posizioni. Un salto che nessun altro paese ha registrato. Le politiche mirate alla digitalizzazione e alla formazione di start up hanno contribuito a questo dinamismo, ma secondo l'organizzazione internazionale restano dei limiti su cui lavorare: la mancanza di capitali di investimento e il clima politico-imprenditoriale. Siamo sulla buona strada, ma ora tocca alla politica e all'impresa fare di più.

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