LaPresse/Vincenzo Livieri

Patuelli contro il clima da "caccia alle streghe" sulle banche

Antonio Patuelli

Il presidente dell'Associazione bancaria italiana non ci sta a fare passare il credito come origine di tutti i mali italiani in vista dell'inchiesta parlamentare sulla crisi finanziaria

Relazione del Presidente dell'Abi, Antonio Patuelli - 12 luglio 2017

   
 
Le banche in Italia sono protagoniste delle innovazioni per la competitività e la più solida ripresa. La rivoluzione tecnologica migliora l’operatività bancaria per i clienti che, individualmente, possono sempre scegliere di quali servizi avvalersi; permette l’accesso a servizi, come i sistemi di pagamento, a nuovi attori che debbono sottostare e non eludere le medesime regole autorizzative, di vigilanza e fiscali per la parità concorrenziale; fornisce nuova efficienza nei rapporti con le Pubbliche amministrazioni; pone nuove sfide sia ai mercati, come quelle del trading ad alta velocità, sia per la tutela della sicurezza nella lotta ai crimini informatici.

  

Le banche stanno facendo ingenti investimenti per l’innovazione, la sicurezza, la semplificazione dei processi e, quindi, della vita di ciascuno, con priorità quali dematerializzazione, pagamenti in mobilità, integrazione competitiva fra canali. Più qualità, più velocità, più possibilità di scelta sono risultati tangibili di innovazioni raggiunte e aggiornate con lungimiranza dalle banche in Italia, consapevoli che le persone e la cultura sono e saranno determinanti perché sovrastano e sovrasteranno le macchine che debbono essere guidate dall’intelligenza umana e dalle regole, anche con continue riqualificazioni professionali. Gli algoritmi debbono essere guidati dalle persone e non schiacciarle.

  

Papa Francesco ha recentemente criticato gli speculatori e “l’economia senza volto e… spietata” e ha apprezzato gli imprenditori onesti citando Luigi Einaudi che scriveva che “migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano…”. Le grandi strategie di modernizzazione sono concomitanti agli enormi sforzi delle banche in Italia per far fronte agli ingentissimi oneri straordinari imposti dalle Autorità per i salvataggi delle banche in crisi, per superare gli effetti della lunghissima crisi, per rafforzare i patrimoni con enormi accantonamenti e aumenti di capitale, con un lavoro continuo per meglio garantire e ridurre i crediti deteriorati, operando competitivamente con infimi tassi d’interesse, in linea con i migliori in Europa, nonostante l’economia italiana sopporti i pesi dello spread e del debito pubblico. La profonda riorganizzazione bancaria in Italia è impegnata a ridurre i costi operativi anche in presenza di un ridotto margine di intermediazione. Il totale dei prestiti cresce per le imprese e per le famiglie, con i tassi più bassi della storia d’Italia. Sarebbe utile che le Autorità europee non ostacolassero le tante moratorie delle banche alle imprese e alle famiglie che attenuano in Italia gli effetti della crisi.
Le banche sostengono anche tanti Fondi come quelli per la prima casa, per i nuovi nati e per i giovani. Le banche in Italia sono impegnate ad aumentare i livelli di etica e di democrazia economica e sono competitive anche per attrarre capitali internazionali per lo sviluppo: occorrono innovazioni normative di qualità anche nel funzionamento delle Pubbliche Amministrazioni.

                          
L’Italia e l'Europa 

Le imprese bancarie operano in un’Italia non isolabile in anacronistiche forme di neonazionalismo e di protezionismo, ma profondamente inserita e connessa nella globalizzazione di cui l’Occidente è protagonista. L’Occidente e l’Europa stanno vivendo una crisi morale e d’identità frutto della crisi economica e sociale e della carenza di grandi programmi di crescita comune in società ormai prive di certezze. Il pragmatismo egoista con scarsi principi è fra le cause della crisi dell’Occidente, ne ha eroso l’autorevolezza e ha accentuato il degrado morale e gli scandali. In un mondo con crescenti rischi di terrorismi e di guerre non basta dire "No" alle violenze: occorrono orizzonti lungimiranti per lo sviluppo economico, civile e sociale non imposto con la forza, ma indicato e favorito nei confronti di tutte le diverse componenti del mondo globalizzato. L’inerzia è un’opzione perdente, non impedisce la rassegnazione, il terrorismo, i fanatismi, gli arretramenti nei processi di civilizzazione.

  

 

Nell’Occidente, l’Europa è la parte più popolosa, culturalmente centrale, economicamente determinante. In essa l’Italia è fondamentale. Siamo orgogliosi di essere europei perché abbiamo in comune innanzitutto la Democrazia, lo Stato di diritto, la parità uomo-donna, la tutela delle minoranze, il mercato libero e regolato, i diritti umani e il rifiuto della pena di morte.

I Sessant’anni dell’Unione Europea impongono profonde riflessioni, anche autocritiche, non sugli ideali originari, ma sulle realizzazioni, per un decisivo salto di qualità, per definire che cosa la UE vuole e dovrà essere. La UE necessita di più ambiziosi obiettivi civili, economici e sociali e una esplicita, certa e chiara Costituzione per l’Europa che indichi anche nuovi sogni da perseguire col metodo della ragione. La risposta alla Brexit non deve essere il ripiegamento della UE in se stessa, ma deve costringere ad un avanzamento nella realizzazione degli ideali originari. Brexit accentuerà la concorrenza fiscale e monetaria fra Regno Unito e Unione Europea. Non servono modelli astratti o spinte all’uniformità burocratica, ma concrete iniziative strategiche anche di semplificazione delle troppe autorità, innanzitutto bancarie e finanziarie. Il primato delle regole non deve portare alla super burocratizzazione delle attività bancarie.

  

Le tematiche bancarie sono quelle su cui l’Europa ha fatto i passi più audaci realizzando la Vigilanza unica che ancora non è l’Unione Bancaria che occorre al più presto con testi unici bancari, finanziari, di diritto tributario, fallimentare e penale dell’economia. Le semplificazioni normative e i principi di vera proporzionalità e trasparenza sono indispensabili e urgenti e non vanno confusi con l’anarco capitalismo che non porta ad un mercato regolato ed efficiente. 

  

Nel 2016, per il solo mondo bancario, finanziario e assicurativo sono state emanate addirittura 1.247 fonti normative che si ripercuotono su tutto il mondo produttivo, circa cinque per ogni giorno lavorativo! La sola Vigilanza unica non basta. L’Unione Bancaria deve essere completata facendola diventare il centro finanziario mondiale capace di attrarre capitali sempre nella piena legalità. Verso la UE siamo critici, costruttivi e propulsivi per una nuova stagione che veda tutti gli Stati e i Popoli membri più artefici dei propri destini.

 

  

Le tragedie delle guerre del Novecento sono sempre più lontane e servono meno come spinte per l’Europa pacifica e unita che in se stessa deve trovare non paralizzanti metodi, ma obiettivi strategici per evitare fallaci e rischiosissime scorciatoie neo nazionaliste. Per primi abbiamo indicato che l’alternativa è fra nuova Europa e neonazionalismo. Non condividiamo la demonizzazione preconcetta dell’Euro: senza la moneta unica in Italia non esisterebbero tassi così bassi da quasi vent’anni, costerebbero molto di più gli interessi per famiglie e imprese, la Repubblica Italiana sarebbe schiacciata dal costo degli interessi e le imposte sarebbero ancora più alte.

 

I cambi di moneta penalizzano inizialmente sempre i risparmi e coloro che hanno pensioni, salari e stipendi fissi.
E’ impossibile mandare indietro le lancette della storia rincorrendo anacronistiche nostalgie di una moneta che era debole, instabile, con continui rischi di cambio. Si finirebbe nelle cattive abitudini sudamericane, invece che fra le migliori democrazie occidentali. Ci si deve chiedere se debba essere ampliato il ruolo della Bce come autorità monetaria per favorire la crescita economica e non solo controllare l’inflazione. L’Unione bancaria deve divenire il modello più avanzato e vincente nell’Unione Europea, con nuovi obiettivi di interesse comune. Sono quanto mai interconnessi i destini dei cittadini e delle nazioni d’Europa.
Gli andamenti bancari sono tutti diversi in Europa e non sono omogenei per singoli Stati: molti problemi sono diffusi e risolvibili, non essendo immodificabili le regole sperimentali di avvio che devono portare, con verifiche e aggiornamenti, alla completa Unione bancaria. In tal senso va colta l’occasione fornita dalla consultazione della Commissione europea sul ruolo delle Autorità.

  
 
Le banche
 
Avvertiamo un’aria parzialmente nuova e più costruttiva nell’Europa bancaria: sui crediti deteriorati vi sono meno dogmi e più pragmatiche linee guida, si discute apertamente di ipotesi di bad bank anche europea, si nota più ragionevolezza nel riconoscere le complessità di regole uguali per tutti in presenza di Costituzioni diverse, che nazionalmente prevalgono, in attesa di una esplicita, certa e chiara Costituzione Europea che garantisca più certezza del diritto, con una gerarchia complessiva delle fonti del diritto fra Unione Europea e Stati nazionali, per garantire unità e pluralismo.

  

I Presidenti del Parlamento Europeo, Tajani, e della Commissione Economica, Gualtieri, sono fra i principali artefici di importanti documenti istituzionali ben orientati a un’equilibrata Unione, a cominciare da tematiche emblematiche come il minor assorbimento patrimoniale per i prestiti alle piccole e medie imprese. Anche gli investimenti delle banche in nuove tecnologie dovrebbero essere incentivati con più misurati requisiti prudenziali. Occorre proseguire nella ricerca di maggiore equilibrio tra requisiti prudenziali e finanziamenti all’economia, con più equi computi dei prestiti per gli immobili residenziali alle famiglie, per il credito al consumo e per settori come il navale e la pesca. L’Italia produttiva è consapevole che nell’Europa unita è cresciuto il reddito pro capite e si sono parzialmente ridotti i forti divari con le democrazie economiche più avanzate, ma non basta.

  

Le decisioni di “Basilea”, a cominciare da quelle prudenziali sui titoli di Stato, debbono favorire la stabilità e non complicare la ripresa, evitando, come previsto dal mandato del G20, generalizzati incrementi nei requisiti patrimoniali delle banche.
Le regole di “Basilea” debbono essere identiche per le due sponde dell’Atlantico e applicate in modo coerente per prevenire scompensi e conflitti. Per le banche la sfida principale è recuperare redditività per favorire lo sviluppo e l’ordinario prudenziale ciclo degli accantonamenti e dei dividendi: sono infiniti gli sforzi di riduzione dei costi, di miglioramento nella gestione dei rischi e di ottimizzazione delle dotazioni di capitale. Dall’inizio della crisi, ha rilevato il Governatore della Banca d’Italia, le Banche italiane hanno quasi raddoppiato i coefficienti relativi al patrimonio di migliore qualità e continuano ad accrescerli.
Occorre stabilizzare le norme europee e internazionali sui requisiti di capitale per dare certezza ai mercati, alle banche e a tutte le imprese, per favorire la ripresa e dare attuazione, con saggezza e proporzionalità, a quelle già adottate.
 
 
Le crisi finanziarie e bancarie sono sempre devastanti. Per quindici anni abbiamo operato, finalmente con successo, per far rimborsare integralmente, e con gli interessi, i risparmiatori italiani che avevano investito in titoli del debito pubblico Argentino. Dopo la privatizzazione delle banche pubbliche, in Italia le crisi bancarie sono state affrontate per anni sotto la guida della Banca d’Italia, senza infliggere traumi ai risparmiatori e alle banche concorrenti. Invece le regole dell’Unione bancaria nascente hanno portato traumi e costi eccessivi.

  

Bisogna rivedere criticamente le esperienze di questi quasi tre anni di nascente Unione bancaria per correggere strutturalmente i processi decisionali europei non sempre comprensibili, le inammissibili e incostituzionali retroattività, le scelte estreme, le forzature come le svalutazioni imposte alle quattro banche oggetto di Risoluzione, come se avessero dovuto liquidare (cioè svendere) immediatamente i loro crediti deteriorati. Le nuove “linee guida” della Bce sui deteriorati rappresentano più lungimiranti strategie che devono essere utilizzate anche per le banche in difficoltà, tenendo comunque presente la realtà delle strutture produttive e commerciali italiane.

  

  

“La soluzione del problema dei crediti deteriorati richiede tempo”, ha autorevolmente affermato la Banca d’Italia. Anche i tempi eccessivamente sincopati per le vendite delle banche risolute hanno aumentato i costi delle crisi bancarie. Gli stress test debbono prevenire e non creare o accentuare le crisi bancarie. La verifica in sede europea di queste sperimentali normative deve correggerle per evitare che le risoluzioni aggravino i problemi, scarichino oneri su risparmiatori e su banche concorrenti, alterando anche la concorrenza, distruggano valore e fiducia. 

  

Le critiche giuridiche a queste regole debbono essere colte, non trattandosi delle “Tavole di Mosè”, né di norme costituzionali. Con la legge italiana 17 febbraio 2017 n.15 per i salvataggi di banche in crisi e per la tutela dei risparmiatori e con le norme ad essa conseguenti si è intrapresa una svolta rispetto alle risoluzioni, per la stabilità delle banche e la fiducia verso il risparmio investito nel mondo bancario e produttivo, con interventi pubblici complessivamente molto più limitati di quelli effettuati in altri paesi europei. I recenti provvedimenti governativi, in coordinamento con le Autorità europee, hanno eliminato i rischi sistemici dal mondo bancario italiano. I crediti deteriorati rappresentano i costi della crisi e talvolta anche di cattive gestioni. I deteriorati sono frutto anche delle lentezze della giustizia civile italiana che soffre di troppo limitate risorse strutturali e di norme spesso vetuste per le crisi d’impresa.

    

Il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha autorevolmente segnalato che se in Italia i tempi di recupero dei crediti fossero in linea con quelli medi europei, l’incidenza delle sofferenze sul complesso dei prestiti sarebbe oggi circa la metà.
Fra le riforme da completare sono prioritarie quelle sui tempi della Giustizia civile, baluardo per i doveri e i diritti degli onesti, che sono un decisivo indicatore per attrarre capitali per l’Italia produttiva. Significativi passi avanti sono stati realizzati negli ultimissimi anni e potranno essere sviluppati quando il Senato, prima della fine della Legislatura, avrà approvato i disegni di legge delega, approvati dalla Camera, per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza e per l’efficienza del processo civile. Le banche operano per limitare le nuove sofferenze e per ridurre il totale delle sofferenze nette. Il Governatore della Banca d’Italia ha ben indicato che le sofferenze sono quelle nette da accantonamenti già effettuati e ha rilevato che a fine 2016 le sofferenze nette erano 81 miliardi “con garanzie reali per oltre 90 miliardi e personali per quasi 40”. Le sofferenze nette sono ulteriormente scese sotto i 77 miliardi, mentre è in atto nelle banche un grande lavorio per ridurle ulteriormente anche in tempi brevi.

    

E’ innanzitutto indispensabile una forte ripresa di etica fra tutti gli operatori economici in modo che la restituzione dei prestiti, nei modi e nei tempi liberamente contratti e dovuti, sia non solo un obbligo giuridico, ma innanzitutto un dovere morale.
Nonostante il peso dei crediti deteriorati, le attività innovative e la forte concorrenza delle banche in Italia realizzano tassi medi sui prestiti assai vantaggiosi per le famiglie e le imprese: a maggio 2017, secondo dati BCE, il tasso medio nell’area Euro, sui prestiti alle imprese di importo inferiore ad un milione di Euro, è stato del 2,19%, mentre in Italia è stato del 2,13%.
Per i prestiti alle imprese, superiori ad un milione di Euro, il tasso medio in Italia è stato dell’1,14%, migliore dell’1,31%, media dell’area Euro.

 

 

Per voltare definitivamente pagina con la crisi occorre fare piena luce su tutti gli aspetti meritevoli di inchieste. L’Abi non è una corporazione, ma un’Associazione privata che non può avere strumenti di controllo sugli associati, né notizie privilegiate e riservate di Vigilanza. Esprimiamo la nostra indignazione per diversi elementi emersi sulle banche che sono andate in crisi e attendiamo gli esiti dei processi. Più trasparenza sulle crisi bancarie è anche premessa per un maggiore clima di fiducia. Abbiamo grande rispetto per la Magistratura e per la Commissione parlamentare d’inchiesta sulle crisi bancarie. L’etica, l’intransigenza morale, l’impegno per l’applicazione precisa di tutte le normative sono precondizioni delle attività bancarie che sono tutte tracciate.

  

Attendiamo gli esiti dei processi verso ogni tipologia di esponenti aziendali e verso le possibili connivenze con clienti. Debbono essere tempestivamente accertati e perseguiti tutti i responsabili delle crisi bancarie, senza clima da “caccia alle streghe”.
I rapporti quadrimestrali del Ministero dell’Economia e delle Finanze, disposti dalla legge 17 febbraio 2017, favoriranno la trasparenza nell’analisi delle crisi bancarie. Una maggiore educazione finanziaria, favorita dalla legge, sarà preziosa, come ha sottolineato la Commissione d’Indagine di Palazzo Madama, presieduta dal Senatore Marino, sul mondo bancario, finanziario e sulla tutela del risparmio, che ha anche citato quanto sosteneva Einaudi nel 1921: “Sarebbe un gran male se la crisi di borsa spaventasse i risparmiatori contro tutti gli investimenti industriali; ma sarà un gran bene se li persuaderà che non esiste alcun impiego assolutamente sicuro e che essi hanno il dovere verso se stessi e verso il paese, il quale ha interesse agli impieghi oculati del privato risparmio, di studiare attentamente, con prudenza e senza ingordigia, le occasioni di impiego”.

 

L’ ”educazione societaria, finanziaria e al risparmio” è una delle principali finalità dell’Abi, come abbiamo recentemente inserito nel nostro Statuto e sviluppiamo con la collaborazione della Feduf. Occorrono anche prospetti più semplici e chiari: a gennaio prossimo entreranno in vigore in tutta Europa i “Kid”, i documenti sintetici sulle “informazioni chiave”, che da tempo sollecitiamo, sui prodotti finanziari. Per la piena consapevolezza e responsabilità di tutti è molto importante l’accordo sottoscritto l’8 febbraio scorso da Abi e Sindacati contro le indebite pressioni commerciali: è innanzitutto un accordo etico che può servire anche come campanello d’allarme di sintomi che vanno prevenuti. I rapporti dialettici vicendevolmente responsabili e costruttivi con i Sindacati hanno contribuito e contribuiscono in modo determinante ad affrontare, sempre in forme volontarie, gli effetti sul personale delle crisi bancarie e della rivoluzione tecnologica, anche con i maggiori fondi che insieme abbiamo ottenuto.

   

L’impegno è per un innovativo confronto per nuove sintesi per la crescita complessiva civile, economica e sociale, per la produttività e la redditività delle imprese bancarie che sono tutte diverse e in concorrenza fra loro anche nelle innovazioni.
E’ importante ragionare in anticipo, in modo lungimirante, sul prossimo Contratto Nazionale di Lavoro, su nuove forme di professionalità, aperti anche al confronto con le connessioni col mondo finanziario in genere, assicurativo e pure con quello ibrido delle Poste. L’obiettivo strategico è definire nuove professionalità anche per nuove attività che favoriscano l’aumento degli utili delle banche e la ripresa dell’occupazione.

  

Tutto si muove nel mondo bancario: le tristi inevitabili chiusure di tanti sportelli, così come le aperture di uffici finanziari variamente denominati, non evidenziano rassegnazione. Nel solo 2016 gli sportelli in Italia si sono ridotti della cifra record di 1.231 e stanno calando ulteriormente e rapidamente. L’Italia aveva, sei mesi fa, uno sportello bancario ogni 2.041 abitanti, una cifra intermedia fra i principali paesi della UE. Le economie di scala sono sviluppate nelle più diverse forme, compresa l’esternalizzazione di servizi e di produzioni. Il mondo bancario italiano è il più aperto d’Europa agli investitori internazionali.
Le riforme e le aggregazioni in Italia porteranno, a inizio 2018, a un numero molto basso, in assoluto e rispetto alle medie europee, di circa 115 gruppi bancari e banche singole indipendenti, oltre alle succursali di banche estere. Attenzione, però, a non estremizzare: non deve essere compressa l’indispensabile concorrenza nei mercati locali in un contesto dove il 95% delle imprese ha meno di dieci dipendenti. Le aggregazioni potranno servire per prevenire altre eventuali crisi bancarie.

  

Le regole
 
In questi ultimissimi anni, di fronte ai mercati internazionali, siamo stati anche molto impegnati per correggere vecchie e nuove anomalie italiane rispetto alle migliori regole bancarie e finanziarie europee, dalle imposte differite attive alla fiscalità, dall’aggiornamento del valore delle Quote della Banca d’Italia al conteggio degli interessi, dall’Irap sul costo del personale ai crediti verso la Pubblica Amministrazione, dall’Ace (Aiuto per la crescita economica) al Jobs act, dagli aggiornamenti della legge fallimentare e della giustizia civile al prestito ipotecario vitalizio, alla Garanzia pubblica per la cartolarizzazione delle sofferenze, al cosiddetto “Patto Marciano”, cioè le nuove norme per il trasferimento di beni immobili in garanzia, all’abolizione dell’Iva infragruppo, a tante altre riforme tecniche migliorative del modo di operare delle banche con le imprese e i cittadini.
Sono da correggere anomalie italiane come i limiti alle emissioni di obbligazioni garantite e la confusione fra l’infame reato di usura e il calmiere che sussiste per i tassi praticati dalle banche e che può penalizzare i clienti più rischiosi. Siamo impegnati per le emergenze dei terremoti e degli eventi calamitosi anche con la Fondazione Prosolidar (in collaborazione fra Abi e Sindacati di categoria) e a concorrere alle innovazioni sociali come l’Anticipo pensionistico.

  

La nostra bussola è indirizzata a politiche non corporative per lo sviluppo dei fattori produttivi: è un indirizzo strategico su cui c’è piena convergenza fra Abi e Confindustria per irrobustire la ripresa. Ora è vicina un’altra fase che sarà determinata innanzitutto dai mutamenti delle politiche monetarie della Bce: i costi del debito pubblico cresceranno se l’ammontare di esso non inizierà a ridursi. Altrimenti vi è il rischio che lo spread sui titoli pubblici italiani cresca ancora, con costi per famiglie, imprese e conti pubblici. Incombono nuove norme ulteriormente prudenziali come Mrel, Tlac e i principi contabili internazionali Ifrs 9 che non debbono divenire altri pesanti incrementi di soglie patrimoniali, né ulteriori pesi regolamentari, né fonti di squilibri concorrenziali. Mrel e Tlac sono stati pensati in altre fasi economiche e politiche internazionali e vanno ripensati ed equilibratamente armonizzati con le altre cospicue misure già in vigore, comunque con lunghi preavvisi e gradualità di introduzioni.

  

 

Le banche sono molto impegnate nell’applicazione della nuova Direttiva antiriciclaggio e nel forte impatto di riqualificazioni organizzative e professionali per la piena applicazione della Mifid 2, per la massima trasparenza nella vendita dei prodotti finanziari e per la nuova direttiva sui sistemi di pagamento. Alla base di tutte le innovazioni è indispensabile più trasparenza per la chiara definizione delle regole, dei rischi e della comunicazione; più responsabilità e più coerenza fra le norme emanate dalle diverse Autorità; più proporzionalità fra norme imposte e benefici attesi, e per le diverse dimensioni dei soggetti giuridici che debbono applicarle.

  

L’Abi
 
Alla vigilia del centenario della nascita, avvenuta nel 1919, l’Abi, Associazione per la cultura delle regole, con grande e intensa collegialità e continuo confronto diretto con le Autorità d’Italia e d’Europa, è memore della Lectio Magistralis sull’articolo 47 della Costituzione del Presidente della Corte Costituzionale Paolo Grossi. L’Abi è impegnata nei rinnovamenti anche operativi.
E’ molto importante l’appena avvenuta trasformazione del già competitivo Consorzio Bancomat in Spa. E’ nostra intenzione potenziare cospicuamente e trasformare in Sedi di Milano e Bruxelles (anche in coordinamento con Febaf) gli attuali uffici, incentrandovi più numerose importanti attività. Bruxelles è anche una nostra capitale. L’Abi è protagonista nella Federazione bancaria europea con Giovanni Sabatini e Maurizio Sella; nella Febaf con Luigi Abete; con il fondamentale impegno dei vice Presidenti Camillo Venesio, Guido Rosa, Corrado Sforza Fogliani e dei nuovi eletti Ranieri de Marchis e Alessandro Falciai. L’Abi è cresciuta per autorevolezza, come forza innanzitutto morale indipendente, con nitidi orizzonti culturali, metodologici e programmatici, con un’idea precisa di Democrazia economica, nella convinzione che debbano essere sempre assunte tempestivamente le scelte giuste e lungimiranti, anche se impopolari.

  

Con rigore etico, connettiamo le tematiche bancarie, anche quelle molto tecniche, con sensibilità istituzionali e sociali. L’impegno non basta mai. Siamo consapevoli delle complessità della vita bancaria che impone, come scrisse Riccardo Bacchelli in ricordo di Raffaele Mattioli, “un eccesso di prudenza e di severità, che non d’indulgenza e di ardire”. Gli elementi fondamentali sono la strategia e i metodi. Il presupposto morale dell’economia non è la soddisfazione degli egoismi, ma l’espletamento innanzitutto dei doveri. Il lavoro, la pazienza perseverante, la legalità e la giustizia, la pace, la disciplina e l’austerità sono le molle principali della produzione economica.

  

Il consolidamento della ripresa è fortemente connesso al rafforzamento del mondo bancario e allo sviluppo di un clima di generale maggiore fiducia. I valori della civiltà europea e occidentale sono in discussione nel mondo: le attività bancarie e il benessere si sviluppano nella pace, nelle libertà, nella democrazia, nella giustizia che sono i valori fondanti del nostro modo di lavorare, con intransigenza morale, per la crescita continua dei processi economici e sociali di civilizzazione.
 

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