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Alchimie monetarie

Francesco Lippi

Stampare moneta crea valore o inflazione? La domanda è meno banale di quanto possa apparire

Si sente sempre più spesso proporre di finanziare nuova spesa stampando la moneta. È un'idea antica che da sempre tenta chi governa. Il fascino dell'idea è comprensibile: chi da bambino, vedendo quei semplici pezzi di carta colorati consentire ogni tipo di acquisto, non ha pensato di fabbricarseli? La nostra esperienza, poco avvezza ai miracoli, ci fa dubitare di una formula che promette di creare posti di lavoro, case e automobili, semplicemente stampando carta colorata. È giusto? stampare moneta crea valore o inflazione?

  

La domanda è meno banale di quanto possa apparire e per rispondere bisogna fare delle precisazioni. Diverse evidenze avvalorano i benefici del batter moneta: la monumentale opera di Milton Friedman ha documentato come i fallimenti bancari degli anni 30, e la conseguente contrazione di depositi e altri strumenti di pagamento, resero più persistente e profonda la depressione economica degli Stati Uniti. Quest'analisi suggerisce che creare moneta sia utile. La politica monetaria degli ultimi anni nell'area dell'euro ne è un esempio: la banca centrale europea (Bce) ha aumentato le riserve bancarie, favorendo l'aumento della moneta (banconote e depositi bancari a vista), quasi raddoppiata dal 2007. Le iniezioni monetarie della BCE seguite alla crisi, cosi come quelle della Fed americana, sono state motivate da una forte domanda di liquidità da parte del pubblico, desideroso di spostare la propria ricchezza verso attività meno rischiose. Queste espansioni dell'offerta di moneta non hanno causato inflazione perché sono andate a soddisfare un'accresciuta domanda di moneta e, proprio come argomentava Friedman, hanno probabilmente evitato che una quantità insufficiente di strumenti liquidi amplificasse ulteriormente la crisi di investimenti e consumi.

 

Ma sarebbe sbagliato concludere, basandosi solo su questi fatti, che la creazione di moneta non conduce all'inflazione. Nel caso in cui la nuova moneta non vada a soddisfare una maggiore domanda da parte del pubblico, ci si ritrova ad avere troppa moneta a caccia di poca merce e i prezzi salgono. I più grandi disastri monetari della storia, dall'iperinflazione della repubblica di Weimar a quelle recenti di Venezuela e Zimbabwe, hanno una matrice identica: la stampa di moneta su base continuativa per finanziare spesa pubblica. Tali politiche hanno sempre causato inflazione, in alcuni casi con grandezze da astrofisici: il record, nell'Ungheria del dopoguerra, è vicino al 10^16 per cento mensile, pari a un raddoppio del livello generale dei prezzi ogni 15 ore.  Sintetizzando, la creazione di moneta è inflattiva solo quando essa eccede la domanda di strumenti di pagamento da parte del pubblico.  

   

Le conseguenze di un banchiere “grillino”

   

Finanziare spesa pubblica stampando moneta, come oggi suggerito da alcuni esponenti Grillini o dalla Lega, avrebbe conseguenze completamente diverse dalle iniezioni monetarie degli ultimi anni. Primo, un finanziamento diretto del deficit pubblico, proibito dal trattato di Maastricht, richiederebbe l'uscita dall'unione monetaria e la creazione di una nuova lira. Destinata a essere stampata in grandi quantità, per pagare le nuove consistenti spese di cui parlano questi soggetti politici (reddito di cittadinanza, abolizione irap, abbassamento età pensionabile, etc.), la domanda per la nuova valuta sarebbe bassa, come lo era quella per le vecchie lire negli anni dell'alta inflazione. Secondo, per fronteggiarne la fuga, dovrebbero essere imposti controlli di capitale, costringendo gli italiani a detenere i loro risparmi in una valuta debole. Stampare moneta è semplicemente un modo primitivo di tassare il risparmio, con tutte le inefficienze che a ciò si associano. E' un film già visto nella seconda meta degli anni 70, un film che oggi si vede in Argentina, e in tutti quei paesi dove le persone fanno la coda per convertire la valuta locale in dollari, nel tentativo di difendere il potere d'acquisto dei propri risparmi.

   

Una buona confezione aiuta a vendere il prodotto e così   la monetizzazione della spesa viene presentata con un'attraente slogan: il recupero della sovranità monetaria. L'analisi degli eventi descritti sopra mostra che il nostro paese ha beneficiato delle iniezioni di liquidita' cosi come gli altri paesi dell'unione; anzi si potrebbe argomentare che i massicci acquisti di titoli pubblici da parte della Bce (il programma di quantitative easing) hanno favorito in misura maggiore proprio i paesi con debito pubblico elevato, come l'Italia, evitando l'innescarsi di una spirale sui tassi dei titoli di stato. Paradossalmente, proprio il fatto che le scelte di politica monetaria non risiedono interamente in mani italiane ha fornito garanzia che tali acquisti sarebbero stati una tantum e non sistematici, evitando il formarsi di attese inflattive e di una fuga dalla valuta. Delegando la politica monetaria nelle mani di una banca centrale indipendente e credibile il nostro paese ha minimizzato il costo del debito pubblico e l'erosione del risparmio da parte dell'inflazione, come non era riuscito a fare nei 30 anni precedenti. Non e' riuscito invece a portare avanti le riforme necessarie ad aumentare la produttivita', cruciali per rimanere competitivi nel nuovo mondo globalizzato. Anche in questo il nostro destino purtroppo ci ricorda quello dell'Argentina, di un paese bellissimo e un tempo ricco la cui incapacità di cambiare e di stare al passo coi tempi ha condotto a un inesorabile declino.

 

Francesco Lippi, economista, Università di Sassari

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