Londra, la conferenza stampa del governatore di Bank of England (foto LaPresse)

La grande frustata di Carney per calmare i “nervosetti” della Brexit

Alberto Brambilla
Come si trasforma l’addio all’Europa in un successo? Perché la Bank of England taglia i tassi e dispiega nuovi stimoli.

Roma. La Bank of England ha spianato l’artiglieria pesante per arginare l’impatto del voto favorevole degli inglesi a lasciare l’Unione europea, la Brexit, approvando il primo taglio dei tassi dal 2009 come assaggio di un pacchetto più vasto di stimoli all’economia. Con un approccio multilaterale e dai tempi lunghi, Mark Carney, governatore della Banca centrale inglese dal 2013 di nazionalità canadese, ha trovato consenso unanime nel board per approvare ieri un taglio dei tassi di riferimento allo 0,25 per cento dal precedente 0,5 per cento, già il minimo storico, lasciando aperta la possibilità di un’ulteriore limatura (ma non sotto lo zero “non sono un fan” dei tassi negativi, ha detto).

 

La Banca centrale ha anche approvato un’ulteriore immissione di liquidità da 70 miliardi di euro (60 in sterline) portando il programma di acquisto di titoli di stato, iniziato nel 2012, a 571 miliardi di euro (435 in sterline). Inoltre la BoE comprerà fino a 11,9 miliardi di euro (10 in sterline) di obbligazioni societarie e promette di garantire alle banche liquidità a basso costo affinché assicurino credito a cittadini e imprese nonostante i tassi bassi che restringono i profitti. “Questa è la risposta appropriata alle condizioni economiche in cui ci troviamo”, ha detto Carney, “abbiamo preso queste decisioni perché lo scenario economico è cambiato di netto” e “agendo per tempo e in modo complessivo, possiamo ridurre l’incertezza, rafforzare la fiducia, frenare il rallentamento, e sostenere i necessari aggiustamenti nell’economia”. Carney è stato il primo a fare una grande mossa, superiore alle aspettative, dopo il voto del 23 giugno per scongiurare la ricaduta in recessione del Regno Unito e “rendere più probabile un successo” della Brexit.

 

Una decisione netta era quasi obbligata più per difendere la reputazione della “vecchia signora di Threadneedle Street” che per provvedere, attraverso la politica monetaria, a immediati benefici per l’economia inglese che gli analisti di Schroders ritengono a prima vista marginali. Le statistiche della Bank of England, riviste dopo il referendum, dicono che l’economia del Regno Unito crescerà solo dello 0,8 per cento nel 2017, contro il 2,3 per cento previsto in precedenza. Nel complesso il prodotto interno lordo si ridurrà di 52 miliardi di euro nel 2018, contraendosi del 2,5 per cento, secondo calcoli interni della Banca centrale rivelati da City A.M. per dare un’idea, con qualche fondamento, dell’impatto del distacco di Londra dall’Unione europea. Gli stimoli straordinari della Bank of England hanno comunque galvanizzato la Borsa – il Ftse 100 è salito del’1,6 per cento dopo l’annuncio, chiudendo a fine giornata a +0,66, la sterlina si è indebolita ulteriormente, con il rapporto fra dollaro e pound arrivato a 1,3159 rispetto agli 1,331 raggiunti prima dell'annuncio della Boe – ma potrebbero non essere sufficienti a tenere in carreggiata la ripresa inglese.

 

Carney aveva già assunto un ruolo di supplenza nei 20 giorni intercorsi tra le dimissioni di David Cameron e la nomina a premier di Theresa May rassicurando i mercati sotto choc. Ora il banchiere, ex veterano di Goldman Sachs, costringe May e il nuovo cancelliere dello Scacchiere Philip Hammond ad agire con un suo quantitative easing. Secondo Lucy O’Carroll, capo economista di Aberdeen asset management, Carney ha lanciato due messaggi a Hammond che si è detto pronto a “prendere le decisioni necessarie a sostenere l’economia e la fiducia”. Primo: tocca al governo un piano complessivo di rilancio. Secondo: senza un piano di investimenti infrastrutturali la crescita inglese sarà messa comunque a rischio. Il recente avallo governativo a espandere l’aeroporto di Heathrow, caro alla City, è un indizio incoraggiante. Ma servirebbe di più. Il Wall Street Journal si chiedeva a proposito se verrà recuperata l’idea di George Osborne di ridurre la tassa sulle imprese al di sotto del 15 per cento come prova della solida volontà a guadagnare competitività.

  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.