Dopo i test, il grande stress

Redazione
Anche le banche uscite bene dagli stress test sono state colpite e le perdite non sono rimaste confinate all’Italia. Altro bagno per il credito ma non tutte le banche sono come Mps.

I risultati degli stress test avrebbero dovuto rassicurare gli investitori sul fatto che le banche europee sono resistenti a un’altra crisi. E invece i titoli bancari hanno sofferto perdite per la seconda seduta consecutiva zavorrando i listini europei (Madrid -2,77, Milano -2,76, Parigi -1,84, Francoforte -1,80, Londra -0,73).

 

Anche le banche uscite bene dagli stress test sono state colpite e le perdite non sono rimaste confinate all’Italia, epicentro delle turbolenze. Deutsche Bank e Credit Suisse sono uscite dal listino delle blue chip europee (Stoxx 50) perché la loro capitalizzazione ora è troppo esile. Il settore bancario italiano è comunque sotto schiaffo (Ftse Banche -5,9 per cento). A impensierire ha contribuito nei giorni scorsi il diniego dell’Associazione degli entri previdenziali privati (Adepp) a investire in Atlante 2, deputato a smaltire i bad loans del Monte dei Paschi.

 

Secondo l’Adepp, vendere le sofferenze al 33 per cento del valore originario – più alto del valore stabilito a suo tempo per Banca Etruria & Co. – non garantirebbe ritorni adeguati agli associati che conferiscono la loro pensione. La decisione è discutibile – in tutto il mondo i fondi pensione investono parte del loro portafoglio in asset alternativi – ma è stata sufficiente a rafforzare la percezione tra gli analisti che i maggiori livelli di copertura per sofferenze e incagli accordati a Mps (-16 per cento) siano validi come benchmark per gli altri istituti. “Solo la speculazione o analisti non troppo svegli possono pensare di far un esercizio di questo tipo”, ha detto Carlo Messina ad di Intesa Sanpaolo, una banca che si mostra in salute (ha confermato 3 miliardi di dividendi nel 2016) ma deve subire il contagio (-3,7).

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