Pier Carlo Padoan (foto LaPresse)

La risposta sviluppista del governo ai rimbrotti di Bruxelles

Marco Valerio Lo Prete
Pagani, capo della segreteria tecnica del ministro Padoan, ci spiega da Londra cosa vogliono gli investitori e cosa ha in mente il governo per finanziare le Pmi

Roma. Una missiva ufficiale con destinatario Palazzo Chigi e mittente l’Unione europea è raramente una buona notizia. Ma la lettera annunciata ieri dalla Commissione Ue per il governo Renzi non desta certo lo stesso allarme di quella che la Banca centrale europea inviò all’esecutivo Berlusconi nella movimentata estate del 2011. Il messaggio consiste comunque in un richiamo sui conti pubblici, riservato a tutti i paesi che rischiano una “deviazione significativa” dal percorso di avvicinamento agli obiettivi di bilancio a medio termine. Il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, ha detto che per ora non si tratta di una formale “procedura” per squilibrio economico eccessivo; tale procedura potrà essere avviata però in qualsiasi momento, “dipenderà da quanto ambizioso sarà il programma di riforme e delle nostre valutazioni sui progressi fatti”. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, è parso comunque fiducioso sul fatto che Roma otterrà la tanto agognata flessibilità sui conti pubblici: “Finché non c’è la valutazione positiva sull’eligibilità, come sono convinto ci sarà, non possiamo dire di aver chiuso la conversazione”. Il ministro, dando conto della riunione Ecofin di ieri, ha detto: “Posso aggiungere, perché non è un segreto di stato, che Wolfgang Schäuble ha ammesso che la Germania ha bisogno di fare le riforme, come tutti gli altri”. Un riferimento nemmeno troppo velato al fatto che Berlino  si troverà sotto monitoraggio specifico di Bruxelles in ragione di un altro squilibrio, seppure non “eccessivo” come quello italiano, cioè l’enorme surplus commerciale. Mal comune, mezzo gaudio? Nel governo giurano che non è così. Anzi. E Fabrizio Pagani, capo della Segreteria tecnica di Padoan, illustra al Foglio alcune misure pro crescita in cantiere.

 

Pagani parla al Foglio da Londra, dove all’inizio della settimana ha affiancato il ministro Padoan in alcuni incontri pubblici e privati con gli operatori della City. Anche in quei lidi l’attesa di queste ore si concentra su giovedì, quando il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, dovrebbe annunciare nuove misure espansive di politica monetaria. I rappresentanti del governo  italiano hanno registrato una generale preoccupazione per la congiuntura mondiale, alleviata dalla sensazione che, dopo l’intesa di metà febbraio tra Russia e Arabia Saudita, il prezzo del petrolio possa finalmente aver raggiunto un limite al ribasso.

 

[**Video_box_2**]Nonostante i richiami formali della Commissione Ue di queste ore, tra gli investitori internazionali non esiste alcun “caso Italia”. Piuttosto, tra i fondi equity interpellati, ci sarebbe interesse per la stabilizzazione della ripresa del nostro paese. In questo contesto, Pagani illustra la ratio del piano di sgravio fiscale, anticipato sabato scorso su queste colonne, a favore di chi investirà nel finanziamento delle imprese di medie dimensioni (con un fatturato fino a 300 milioni di euro, secondo le bozze del dipartimento Finanze): “Siamo partiti dall’idea che le nostre medie imprese abbiano prodotti e mercati in abbondanza, cioè la capacità di innovare e poi di scoprire le nicchie adatte in cui esportare – dice – Le debolezze invece sono sui fronti, interconnessi, della governance e del capitale”. Perché interconnessi? “Il capitale di queste aziende, in un sistema bancocentrico, prende spesso forma di debito bancario. E le banche, specie quelle più piccole, non hanno troppe esigenze di efficienza della governance delle imprese finanziate. L’obiettivo delle misure che stiamo studiando su input del gruppo interministeriale ‘Finanza per la crescita’ è spingere le imprese verso il mercato dei capitali. Quest’ultimo fornisce linfa vitale alle aziende e favorisce la trasparenza, compiendo uno scrutinio quotidiano sul management”. Dopo il decreto Competitività del 2014 e l’Investment compact del 2015, il governo pensa dunque a un altro pacchetto di stimolo per gli investimenti privati entro l’estate del 2016. Il risparmio (immobile) degli italiani sarà protagonista, ma “uno sforzo di leadership” verrà chiesto anche a industria del risparmio gestito, fondi pensioni e assicurazioni.