Lady Spread is back! Mps e Carige come test della “spending review”

Edoardo Narduzzi
La situazione delle due banche può essere interpretata utilizzando varie chiavi di lettura: come l’effetto naturale del bail-in bancario, come la difficoltà delle aziende più deboli a rigenerarsi, oppure un segnale, un test più complessivo della speculazione sul sistema Italia.

Lady Spread è di nuovo tra noi. Stavolta ha assunto volti e sembianze bancarie, ma gli obiettivi delle sue azioni restano immutati: vendere titoli di emittenti troppo rischiosi forzandoli a prendere decisioni riformiste che altrimenti tutti preferirebbero rinviare alle generazioni future. Non ha preso di mira i soliti Btp decennali per allargarne il differenziale con gli analoghi bond tedeschi ma le banche. Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha già dimostrato che sui titoli di stato dell’Eurozona la speculazione rischia solo di giocare a perdere perché “la stamperia” della Bce a Francoforte è pronta a garantire il superamento di qualsiasi crisi temporanea. Il target, ora, sono le banche a rischio bail-in, la nuova legislazione europea sui salvataggi bancari che prevede il loro costo a carico di azioni e obbligazionisti ai quali si aggiungono anche i correntisti con depositi sopra i 100 mila euro. Una banca con questo profilo di rischio esprime un valore tendente a zero, nel senso che le sue azioni o i titoli sottostanti alle obbligazioni subordinate possono essere più facilmente oggetto di aggressive strategie ribassiste da parte degli investitori perché in caso di bail-in il valore delle azioni e delle obbligazioni subordinate è il primo che per legge viene azzerato al momento dell’intervento dell’Autorità di risoluzione.

 

Mps, la storica banca di Siena, forse una delle provincie più comuniste e rosse della storia d’Italia, e la Carige, l’azienda creditizia ligure anch’essa cresciuta nei decenni in una regione a maggioranza politica di sinistra, sono nel mirino degli investitori di Borsa. Da inizio anno, cioè di fatto in due settimane operative di Borsa, Mps ha perso il 21,5 per cento della sua capitalizzazione (venerdì ha perso il 6,7 per cento) e Carige circa il 22 (meno 3,9 venerdì). La banca senese capitalizza circa 2,8 miliardi di euro, quindi meno dei 3 miliardi raccolti con l’aumento di capitale chiuso poco più di sei mesi fa, cioè il 12 giugno 2015. Solo un anno prima, nel giugno del 2014, Mps aveva chiuso un altro aumento di capitale da 5 miliardi, che aveva seguito l’incremento del capitale del giugno 2011 per 2,1 miliardi. Altri 5 miliardi di soldi freschi erano stati, infine, raccolti dal Monte nel maggio del 2008, sempre emettendo nuove azioni. Tutti soldi bruciati dai prezzi di Borsa. Carige ha seguito una via crucis analoga ed ora in Borsa capitalizza circa 800 milioni, meno di quanto raccolto lo scorso giugno con l’ennesimo aumento di capitale da 850 milioni.

 

[**Video_box_2**]La situazione di Mps e Carige può essere interpretata utilizzando varie chiavi di lettura. Come l’effetto naturale del bail-in bancario: se le azioni rischiano di diventare carta straccia i prezzi di Borsa si adeguano. Come la difficoltà delle aziende più deboli a rigenerarsi nel corso di un lunghissimo ciclo di tassi zero o addirittura negativi che lasciano pochi margini alla profittabilità tradizionale delle banche. Oppure provando a pensare più laterale e vedendo la crisi di Mps e Carige come un segnale; un test più complessivo della speculazione sul sistema Italia. L’Italia, del resto, è l’unica economia dell’Eurozona che non ha saputo tagliare in profondità la sua spesa pubblica, neppure sotto la minaccia di uno spread sopra quota 500. I commissari alla “spending review” vengono nominati e si dimettono con una rapidità unica e risultati non strutturali. Anche il biennio del governo Renzi coincide con la crescita della spesa corrente. Le banche sono, anche per gli investitori, la cosa più simile alla Pubblica amministrazione italiana: promettono teorici posti fissi in grado di proteggere da qualsiasi crisi economica. Tagliare i costi (non solo del personale) di una banca è complicato quanto fare la “spending review” ministeriale e regionale. Ecco allora che gli attacchi a Mps e Carige possono essere analizzati con lenti originali: la speculazione vuole capire quanta vera capacità riformista, oltre gli annunci, esiste davvero nell’establishment italiano. L’ottovolante è ricominciato.

Di più su questi argomenti: