Anche i portoghesi lo fanno strano

Da ieri è entrato ufficialmente in vigore in Europa il metodo di risoluzione delle crisi bancarie chiamato bail-in, meccanismo che per evitare il fallimento di una banca infligge perdite agli investitori dell’istituto, e in casi estremi ai correntisti con depositi superiori ai 100 mila euro, anziché usare soldi pubblici per il salvataggio. Ultimo atto dell’èra pre-bail-in è il “crimen bancario” prodotto al Novo Banco in Portogallo il 30 dicembre.

Con una giravolta improvvisa, e limitati dettagli a riguardo, la Banca centrale del Portogallo, nel suo ruolo di Autorità nazionale di risoluzione, ha annunciato che 2 miliardi di euro di sole cinque specifiche obbligazioni ordinarie verranno trasferiti da Novo Banco a Banco Espirito Santo (Bes). Bes è la banca insolvente per cui nel 2014 è stato avviato il processo di risoluzione che appunto fa perno sulla creazione di Novo Banco, la banca “nuova”. Novo Banco è una bridge bank – un istituto ponte come quelli creati dopo il salvataggio delle quattro banche italiane (chiamati Nuova Etruria, ecc.) e ora in vendita. L’operazione di fine anno è un cattivo precedente.

I detentori di obbligazioni ordinarie erano stati risparmiati – non fu così per i possessori di subordinate – e tutto faceva pensare che sarebbero rimasti intoccati. Ma nel frattempo il fondo di risoluzione portoghese non ha raccolto sufficienti risorse per irrobustire Novo Banco. Da qui la necessità di aggredire alcuni obbligazionisti senior – s’intuisce investitori istituzionali, non retail – per migliorare i coefficienti patrimoniali di Novo Banco così da agevolarne la vendita. Se i piani per Etruria & Co. dovessero deragliare il sistema portoghese non va imitato affatto.