Uno dei modelli elettrici della Bmw presentati al salone di Francoforte (foto LaPresse)

L'auto tedesca 4.0 viaggia verso la Silicon Valley

Ugo Bertone
Auto elettriche, dall’anima leggera in alluminio e fibra di carbonio. Macchine sempre più elettroniche e “pensanti”, in attesa dell’auto che si guida da sola. Mica fantascienza. La via tedesca per cambiare l'automobile. I casi Bmw, Audi, Daimler e Volkswagen.

Auto elettriche, dall’anima leggera in alluminio e fibra di carbonio. Macchine sempre più elettroniche e “pensanti”, in attesa dell’auto che si guida da sola. Mica fantascienza: presto, su impulso del ministro federale dei Trasporti, Alexander Dobrindt, la A9, l’autostrada della Premium Valley che collega in 40 minuti Monaco (Bmw) a Ingolstadt (quartier generale di Audi) disporrà di una corsia adatta per i test sui veicoli autonomi.

 

L’auto tedesca scende così in campo con i nuovi nemici, che non stanno a Detroit, patria di Gm, piuttosto che a Toyoda City, quartier generale di Toyota, l’altra casa che insidia il primato mondiale ambito dal gruppo Volkswagen. No, il vero bersaglio di Mission E, la Porsche elettrica presentata al salone di Francoforte è la Tesla, l’elettrica di lusso sfornata da Elon Musk in California e ben foraggiata dai fondi di Walla Street che valuta l’azienda più o meno la metà di Bmw, che pure vende 35 volte di più. La nuova Porsche, così come l’Audi che la precederà di due anni su strada (debutto previsto nel 2018) avrà un’autonomia di 500 chilometri. La partenza sarà meno bruciante (da zero a 100 chilometri in 3,3 secondi, contro i 3 dell’ultima Tesla) ma potrà dare il pieno di energia al suo sistema da 800 volt in soli 15 minuti.

 

 

 

“In un’epoca di forte cambiamento sociale e tecnologico, il pubblico chiede nuove risposte e nuove soluzioni” ha spiegato il capo supremo del gruppo Volkswagen. Martin Winterkorn, presentando i programmi della flotta verde di cui fanno parte, tra l’altro, sia Audi che Porsche: almeno 20 modelli elettrici o ibridi entro il 2020, dai più economici alle ammiraglie che monteranno tre motori o anche più.

 

Ma la rivoluzione non si ferma qui: “Il digitale e l’elettromobilità hanno sconvolto la logica della nostra industria” ha spiegato ai quadro del gruppo lo stesso Winterkorn aggiungendo che “dobbiamo essere fornitori di mobilità, piuttosto che semplici costruttori”. Insomma, la sfida all’auto di Apple ed alla Google car è già cominciata. Alla tedesca. Ovvero, concorrenti ma non troppo. Quando si possono condividere le spese, lo si fa volentieri. Come nel caso di Here, le mappe satellitari rilevate da Nokia: un investimento di 2,8 miliardo sopportato in parti eguali dai tre Big, Bmw, Daimler e Volkswagen. O la concentrazione di Ricerca e Sviluppo in Premium Valley, il triangolo della Germania meridionale che collega Stoccarda con Monaco ed Ingolstadt. Qui, già nel 2016, prenderà corpo Fiz Future, il campus di Bmw che ospiterà 15 mila ricercatori. Pochi chilometri più in là ha già preso il via Innovation Campus di Audi, affiancato dalla fabbrica modello di Munchsmuenster, la casa dell’alluminio che lavora su tre turni, 24 ore la giorno, per rifornire i nuovi modelli della gallina d’oro del gruppo.

 

[**Video_box_2**]Insomma, tra batterie, motori ibridi e nuovi materiali l’auto del futuro è sempre più vicina. Tra investimenti giganteschi, anche per colpa dei nuovi competitori di Silicon Valley (“l’unica cosa che invidio ad Apple o a Google – dice Thomas Weber, responsabile R&D di Mercedes, parlando con Automotive News – è lo stipendio che possono offrire ai nostri ricercatori”. E senza trascurare i giapponesi, i leader dell’ibrido che, assieme all’università di Stanford sta lavorando all’auto sicura dotata di un robot come amico che ti segnala pedoni, ostacoli o corregge i tuoi errori di guida. L’ideale per un mondo di guidatori sempre più anziani. Ma nel frattempo il colosso giapponese progetta un Suv ibrido, a basso impatto ambientale, tanto per riabilitare il veicolo più detestato dagli ecologisti.

 

Alla luce di queste innovazioni e del fiume di quattrini che richiedono, si capisce l’allarme di Sergio Marchionne: l’auto è un’industria drogata, pronta a far di tutto pur di assumere nuove dosi di capitali, dal ritorno sempre più incerto. Meglio mettersi assieme e condividere gli sforzi. Soprattutto se, come è il caso di FiatChrysler, non ci sono in cassa i quattrini per inseguire il futuro nell’elettronica. 

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