Matteo Salvini (foto LaPresse)

Le coperture a puttane (pardon)

Luciano Capone

Uno dei punti cardinali della politica fiscale della Lega Nord targata Matteo Salvini è, insieme alla flat tax, la legalizzazione e la tassazione della prostituzione. Lo stato prenderebbe atto di un fenomeno sociale ed economico esistente e incasserebbe un bel po’ di soldi.

Milano. Uno dei punti cardinali della politica fiscale della Lega Nord targata Matteo Salvini è, insieme alla flat tax, la legalizzazione e la tassazione della prostituzione. Lo stato prenderebbe atto di un fenomeno sociale ed economico esistente e incasserebbe un bel po’ di soldi. Quanti? Non è ben chiaro. Come per la flat tax che a volte viene proposta al 20 per cento e altre al 15 per cento, così il gettito derivante dalla tassazione della prostituzione è stimato da Salvini a volte in 2 miliardi di euro, altre in 3 e ultimamente in 4. Con questi 4 miliardi di nuove entrate la Lega vuole fare tante cose: risarcire i pensionati della mancata indicizzazione delle pensioni dopo la sentenza della Consulta, dare asili nido gratis, soldi agli esodati, pagare i debiti della pubblica amministrazione e tanto altro. Le tassazione sulla prostituzione è per Salvini come il taglio dei caccia F35 per la sinistra e i grillini: serve a pagare qualsiasi cosa, viene spostata per coprire ogni capitolo di spesa, come le vacche di Fanfani o, per restare in campo militare, come gli aerei di Mussolini che i gerarchi spostavano di aeroporto in aeroporto. Possibile che la strategia l’abbiano suggerita i nuovi alleati di Casa Pound, dice qualche osservatore malizioso.

 

Ma prima di decidere come usare queste risorse bisogna vedere se la stima degli introiti è verosimile. Se questi 4 miliardi di nuove tasse vengono ottenuti con la flat tax al 15 per cento che la Lega ha promesso, vuol dire che la base imponibile (il giro di affari d’affari della prostituzione) è di circa 26,5 miliardi.

 

Se il giro di affari d’affari, come da calcoli della Lega,dev’essere di circa 26,5 miliardi allora vuol dire che ogni cittadino italiano dovrebbe spendere in prestazioni sessuali 440 euro pro capite l’anno. Ma se non consideriamo la metà della popolazione che è composta da donne (in realtà si tratta del 52 per cento, ma supponiamo che una piccola quota di donne paghi per fare sesso), fanno 880 euro a testa. E se sempre per motivi anagrafici sottraiamo la quota di under 15 e di over 80, fanno circa 1.100 euro a testa per 24 milioni di clienti. Una cifra notevole, che in realtà aumenta di molto se si tiene conto della reale platea di clienti di prostitute, che è stimata in 9 milioni di persone: a quel punto la spesa pro capite sale a 3 mila euro. Se si pensa che la spesa alimentare pro capite è di 2.300 euro, vuol dire che 9milioni di italiani sono talmente affamati di sesso che spendono più in prostituzione che per mangiare.

 

Se invece si analizza la faccenda dal lato dell’offerta, bisogna considerare che le prostitute nel nostro paese – italiane e straniere, escort e su marciapiede, sex worker e schiave sessuali – sono circa 70 mila e quindi guadagnerebbero, sempre partendo dai dati della Lega, circa 380 mila euro a testa. Una cifra che viste le condizioni in cui vivono o sono costrette a vivere molte prostitute è, per usare un eufemismo, fortemente esagerata.

 

[**Video_box_2**]I conti non tornano. E infatti secondo l’Istat, che pochi mesi fa ha ricalcolato il pil secondo in nuovi parametri aggiungendo alcune attività illegali prima escluse, la prostituzione vale 3,5 miliardi di euro, meno di quanto Salvini dice di poter ricavare come gettito. In pratica, per arrivare a 4 miliardi di tasse, il leader della Lega dovrebbe applicare un’aliquota del 115 per cento e non del 15: per ogni prestazione sessuale la lavoratrice consegna tutto l’incasso al fisco e in più ci rimette un altro 15 per cento. Difficile pensare che qualcuno lavori e fatturi, compreso chi come la trans Efe Bal è una salviniana di ferro e da anni cerca in tutti i modi di pagare le tasse senza riuscirci. Applicando invece la flat tax leghista su questi 3,5 miliardi, il gettito sarebbe di circa 500 milioni, 8 volte meno di quanto indicato dal Matteo nazionalista. E questo ipotizzando che ci sia zero evasione fiscale in un settore che invece, come dimostrano le esperienze di altri paesi, proprio per la sua peculiarità riesce facilmente ad aggirare il fisco (ma si può sempre proporre il “contrasto d’interesse”, un’idea che può riscuotere apprezzamenti tra i tanti amanti dello “scaricamento di fatture”). Con questo non si vuol dire che non ci siano validi motivi per prendere in considerazione la legalizzazione del settore della prostituzione, ma che non si ricaveranno mai 4 miliardi di gettito per fare asili nido e aumentare le pensioni. Quella di Salvini, tecnicamente parlando, è una bella furbata.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali