Mario Draghi (foto LaPresse)

Parla Adair Turner (Inet)

Caro Draghi, se stampi moneta fai politica. Non solo per i falchi tedeschi

Marco Valerio Lo Prete
Alle Borse piace il Quantitative easing.  Ma tra finanza e accademia ecco una nuova fronda: “Crea diseguaglianza”. La tecnocrazia in campo.

Parigi, dal nostro inviato. Nei trent’anni che hanno preceduto la crisi del 2007-’08, l’obiettivo delle Banche centrali era diventato essenzialmente uno: garantire un’inflazione bassa e stabile nel tempo. Anche lo strumento per perseguire tale obiettivo era di fatto uno solo: modificare il tasso ufficiale di sconto, quello al quale si approvvigionano le banche. La crisi però ci ha ricordato che abbiamo esagerato con le semplificazioni, dice al Foglio Adair Turner, neo presidente dell’Inet, il think tank fondato dal finanziere George Soros che si riunisce in questi giorni a Parigi nella sede dell’Ocse, con la partecipazione tra gli altri dell’economista francese Thomas Piketty, del premio Nobel Joseph Stiglitz, del ministro greco delle Finanze Yanis Varoufakis e dello stesso Soros. Turner, nel 2008, a crisi appena avviata, fu nominato presidente di quella Uk Financial services authority che in tandem con la Banca d’Inghilterra ha presieduto alla ristrutturazione del settore creditizio e finanziario nel Regno Unito. Oggi, assieme a un numero crescente di operatori di mercato e accademici di tendenza “liberal”, nel senso americano del termine, fa le pulci alle politiche ultra espansive messe in campo dalle Banche centrali per sostenere la ripresa, Banca centrale europea (Bce) inclusa. E tutto questo proprio mentre la settimana finisce con le Borse europee ai massimi da molto tempo, sull’onda del Quantitative easing o allentamento quantitativo della Bce, e con i rendimenti sul debito sovrano dei paesi europei ai minimi. “Draghi ha fatto bene a fare quel che ha fatto. Non nego che ci siano effetti positivi: innanzitutto la svalutazione del cambio euro-dollaro, poi in futuro una maggiore fiducia trasmessa a tutta la società”.

 

“Ma non si può non guardare ai danni collaterali del Qe: la diseguaglianza crescente e l’alimentazione di quel credito privato che ha portato allo scoppio della crisi”. Il Qe che genera diseguaglianza; presto ne sentiremo parlare, pure nel dibattito mainstream, a giudicare dall’enfasi che alcuni ricercatori stanno dedicando al tema. Studi relativi all’America e al Giappone, dove sono iniziate prima le politiche di acquisto straordinario da parte della Banca centrale di titoli del debito e di asset privati, “dimostrano che queste scelte hanno profondi effetti redistributivi – dice Turner – In via generale hanno effetti positivi per quelle persone che possiedono asset come titoli di stato e azioni, negativi invece per quelle che detengono la propria ricchezza nei depositi bancari. E le prime sono persone generalmente molto più benestanti delle seconde”. Fino a qualche mese fa critiche così serrate alle Banche centrali arrivavano soltanto dai cosiddetti “falchi” dell’ortodossia; è il caso della Bundesbank tedesca che accusa Draghi di finanziare il lassismo dei paesi mediterranei: “Siamo in una situazione di sbornia da debito. Pure la politica monetaria, che nel periodo pre-crisi si ammantava di un’aura di tecnocrazia, diventa materia controversa”. Se oggi per esempio alzare il tasso di riferimento può avere un effetto minimo su un mercato immobiliare a rischio bolla – come nel Regno Unito – quella stessa modifica può tagliare le gambe al credito all’industria; in risposta a tale “eterogeneità”, le Banche centrali, con le varie forme di Qe, per la prima volta incentivano alcune forme di credito a discapito di altre. “La mia critica però è di segno opposto rispetto a quella ‘ortodossa’ – dice Turner – Per limitare gli effetti redistributivi, credo che le Banche centrali dovrebbero avviare esplicitamente e temporaneamente forme di finanziamento monetario dei bilanci pubblici”. E’ la politica della “moneta dall’elicottero”, ipotizzata una volta da Milton Friedman e poi dall’ex governatore della Fed, Ben Bernanke: “Lo hanno proposto di recente anche due economisti italiani liberisti, come Giavazzi e Tabellini: tagli di tasse coordinati in Europa e la Bce che s’impegna a coprire il debito così generato – conclude Turner –  Solo un anno fa in molti ancora ritenevano impraticabile il Qe da parte della Bce. Presto sarà l’elicottero a essere sdoganato”. Draghi, volente o nolente, dovrà abituarsi all’idea di essere sceso in campo.

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