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L'Ue al fianco dell'Ucraina, tra debolezze militari e progressi politici

Giuseppe De Filippi

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L’Ue resta al fianco dell’Ucraina. Oggi Ursula von der Leyen e Volodymyr Zelensky si sono incontrati a Kyiv. Non più equivocabile o discutibile la condanna europea del regime putiniano e del suo modo di operare. L’Ue resta ancora debole nella capacità di assistenza militare ma continua a segnare progressi politici, con Zelensky pronto a ricordare che le munizioni promesse ancora non sono arrivate (ma è vero anche che l’avvio di una produzione militare da “economia di guerra” è stato indicato come prossimo dal presidente del consiglio europeo Charles Michel). Ma, con la sua maggioranza parlamentare molto in difficoltà se non completamente evaporata, è inutile negare che von der Leyen sia molto indebolita. È un passaggio democratico, certo, e si guarda ormai alle prossime elezioni europee per capire quanto e se il blocco dei paesi appartenenti all’Ue riuscirà a darsi una nuova stabilità politica.

 

A proposito, si è inceppata anche la capacità di influenza tedesca

 

Le tre "cose" principali di oggi

Fatto #1

Da noi si discute di riforme istituzionali, con un certo coraggio da parte di un governo e di una maggioranza che potrebbero dedicarsi a obiettivi di maggiore effetto verso l’opinione pubblica e scaramanticamente meno maledetti. Giorgia Meloni però vuole provarci, lasciando proposte aperte e, forse, avviando una sede parlamentare formale dove mandare avanti il confronto tra le varie soluzioni. Il leader del M5s si è detto disponibile "a un dialogo in una commissione parlamentare costituita ad hoc", e ha spieto che i grillini sono "per un rafforzamento dei poteri del premier che non mortifichi il modello parlamentare". Mentre sia Renzi sia Calenda si sono detti "disponibili a collaborare" con la maggioranza. 

 

Sarebbe noioso rifare la storia delle critiche dei presidenti del Consiglio alla presidenza del consiglio come istituzione. Anche se, nel caso di Meloni, i margini della maggioranza sono tali da superare molte delle inefficienze operative incontrate dai suoi predecessori, specialmente recenti. Mentre non sarebbe corretto iscrivere tra i punti deboli della presidenza del Consiglio i vincoli esterni e quelli imposti dal rispetto delle regole dei mercati internazionali. Qualcuno certamente ne sarà tentato, ma la massima figuraccia possibile sarebbe l’ottenimento di grandi poteri di governo per poi scoprire di non sapere neanche da dove cominciare a usarli. In questi giorni, tra nomine, indicazioni di politica economica, questione migratoria, rapporti con l’Ue, ci sarebbe già tanto da fare e da decidere con gli attuali poteri della presidenza del consiglio. Dimostrare di esserne in grato sarebbe già un buon passo verso la persuasione generale dell’utilità di una riforma istituzionale.

 

Fatto #2

E però ci sono anche le compagnie da evitare, anche perché poi non si capisce se le riforme istituzionali proposte sono ispirate a modelli democratici o al modello ungherese.

   

Fatto #3

A proposito, senza unione bancaria in Ue, dice il Fmi, anche le nostre regole molto prudenziali sulla solidità e i nostri controlli non bastano per assicurare che il sistema delle banche europee sia immune dai guai visti in Usa e Svizzera. Suna una campanella per il governo italiano, perché l’unione bancaria passa per la ratifica del Mes da parte di Roma

 

Oggi in pillole

 

  • L’arresto dell’ex presidente pakistano Imran Khan, con un livello estremo di spettacolarizzazione della giustizia
  • Il giubileo del 2025
  • Un record molisano, quello delle liste elettorali fatte per ragioni non elettorali ma per godere di una licenza o di un congedo.