(foto Ansa)

Di cosa parlare stasera a cena

Cosa rimarrà di questo 25 aprile

Giuseppe De Filippi

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Proviamo a tirar fuori qualcosa di incoraggiante da questo 25 aprile. D’altra parte, le celebrazioni dovrebbero servire a trarre insegnamenti e anche indicazioni pratiche per il futuro e non solo a ricordare. Con la destra al governo c’è stata una specie di chiamata alla responsabilità per una classe politica in parte già sperimentata, ma sempre all’ombra di Silvio Berlusconi, o del tutto debuttante. Non si può dire che abbiano fatto i compiti alla perfezione, ma qualche segnale di miglioramento si vede. Eppure erano partiti molto male, soprattutto con le intemerate di Ignazio La Russa, già da qualche settimana. Be’, oggi anche La Russa qualche parola al posto giusta la ha messa, ad esempio con la definizione della Resistenza come “valore assoluto per la democrazia” e con il riconoscimento del 25 aprile come data in cui tutti ricordiamo e celebriamo la liberazione dall’occupante nazista e la sconfitta del fascismo.

La Russa era a Praga, per ricordare il sacrificio di Jan Palach (con l’Anpi che lo esortava a farlo, sì, ma nei 364 giorni restanti disponibili ogni anno escluso il 25 aprile), ma qualcosa l’ha detta anche su quella famosa memoria da tutelare e da collocare nella giusta dimensione sì storica ma anche vivente nelle nostre istituzioni e nella nostra democrazia. E, ovviamente, vale, con qualche differenza di prospettiva, lo stesso per le parole scelte da Giorgia Meloni nella sua lettera al Corriere della Sera. Non c’è in lei la cultura antifascista e neanche il gergo dell’antifascismo o c’è solo in parte, ma se cerchiamo di andare al sodo, cioè ai concetti che riguardano la democrazia, la libertà, lo stato di diritto, si ricava, magari arrivandoci un po’ per derivazione, una difesa dei valori politici appartenenti in pieno al campo delle moderne (e antiche) democrazie liberali, antitotalitarie se non espressamente antifasciste. Nelle sue parole sentiamo in azione il potere trasformativo (e positivo) della politica e delle responsabilità pubbliche, si avverte la forza di una democrazia come quella italiana della quale forse, per essere del tutto antifascisti, dovremmo essere un po’ più fieri di quanto lo siamo abitualmente. Il fascismo, prima di tutto, è disprezzo per le regole democratiche, per le liturgie parlamentari, per il metodo della rappresentanza e per la libertà dei rappresentanti eletti. Vedere tutto questo al servizio della resipiscenza quasi antifascista della destra italiana dà un certo gusto. 

Sì, poi ci sono le provocazioni molto brutte e violente, ma l’impressione è che vengano da minoranze estranee al processo politico oggettivamente in atto.

Le tre "cose" principali

Fatto #1

Ma il discorso centrale della giornata è quello del presidente Sergio Mattarella. Con toni chiari e forti dà il senso più ampio del 25 aprile, quello di tutti e delle istituzioni e con citazioni di Piero Calamandrei con cui riesce a storicizzare e attualizzare il significato della Liberazione. Con qualche necessario approfondimento, grazie al Foglio.

Fatto #2

E ci sono i cortei e i discorsi di chi il 25 aprile lo festeggia da sempre, ma la necessità di farne vivere il messaggio riguarda tutti.

Fatto #3

A proposito di democrazie funzionanti e di contrasto a chi, come Donald Trump, è interprete moderno dello spirito antidemocratico e del disprezzo per le istituzioni rappresentative, oggi Joe Biden ha annunciato la sua ricandidatura. Anche l’altro tema con cui oggi, nella vita contemporanea e reale, si vede chi è davvero antifascista, e cioè il sostegno alla difesa dell’Ucraina, passa per la sfida elettorale nella quale Biden sta per cimentarsi. Con il tono antiretorico che gli è proprio.

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