Foto di Giuseppe Lami, via Ansa 

Di cosa parlare stasera a cena

Sul Def l'opposizione critica Meloni, ma per le ragioni sbagliate

Giuseppe de Filippi

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Una cosina per parlare a cena potreste dirla sul Def, osservando che i due interventi (mancati), per i quali Giorgia Meloni viene accusata (dall’opposizione!) di poco coraggio e di aver messo giù uno schema di politica economica poco ambizioso, sono la flat tax e la rivalutazione delle pensioni. È vero, eh, non c’è traccia di indicazioni per il passaggio alla unica aliquota, piatta, da riequilibrare con modifiche a deduzioni e detrazioni. Ed è vero anche che non viene toccato l’impianto della riforma già Fornero e poi un po’ rimasticata ma fedele nelle grandi linee al saggio e benemerito lavoro che venne fatto durante il governo di salvezza nazionale guidato da Mario Monti.

 

Non c’è un soldo sulle rivalutazioni automatiche di pensioni anche poco superiori alla media, niente, nisba. Ma, capiremmo, in tema, le proteste leghiste o quelle dei pensatori economici vicini al trio leghista Bagnai-Borghi-Rinaldi, mentre ci si vede meno un Carlo Cottarelli, pure piuttosto puntuto dalle colonne di Repubblica. Insomma, Meloni è criticabile per tante cose, ma non per aver stoppato le misure autodistruttive della destra da talk o da campagna elettorale.

 

Mentre le risorse disponibili le ha messe sulla riduzione del carico fiscale per i redditi medi e bassi da lavoro dipendente. Cioè esattamente quello che volevano e che hanno anche fatto quando possibile i partiti di sinistra. Il Foglio vede un Mattarelloni, un’ibridazione positiva tra la cultura politica e il potere del presidente della Repubblica e la carica vincente della presidente del Consiglio, qui si suggerisce anche un’altra derivazione un po’ inaspettata, perché sembra di vedere in Meloni qualcosa di Romano Prodi, nell’accortezza e nell’intelligente opportunismo con cui cogliere ciò che le condizioni generali dell’economia e della politica possono offrire.

 

Le tre "cose" principali 

Fatto #1

Le famose nomine sono arrivate. Molta continuità, Roberto Cingolani che diventa un campione di apprezzamento trasversale (conta l’intelligenza, e questo fa piacere, e conta anche una sua certa capacità politica, sempre esercitata da tecnico, ma con un piglio americano, cioè di quei tecnici che sanno cos’è lo spoil system e sanno ragionare con i politici), molto melonismo anche se applicato alla moderazione e non allo stupore del mondo

Fatto #2

La giornata terribile del partito che non nasce e dei due partiti che non muoiono, quindi con tutte le due variazioni all’origine degli zombie da racconti horror. Poi, come immaginavamo ieri, tutto si chiarirà, ma certamente oggi si sono toccati momenti impressionanti di disprezzo politico reciproco. In ballo c’è il famoso congresso. Ma, come uscirne? Proviamo un paio di scenari. Quello con Carlo Calenda vincente sancirebbe il ritorno a una specie di Azione allargata e, pur nella stabilizzazione dell’assetto, sancirebbe la strumentalità di tutta l’operazione politica partita dalla rottura dell’accordo con Enrico Letta. La sconfitta di Calenda determinerebbe un esito addirittura peggiore, con la voragine del ridicolo aperta ad accogliere i protagonisti di fusioni e scissioni sulle quali, in realtà, non avevano nessun controllo. Certo è che fondere due partiti leaderistici è impossibile o almeno lo è se il congresso unitario si trasforma in un duello tra i due leader. Serviva (facile dirlo ora), una specie di figura terza, un altro nome, che tenesse tutto assieme, anche perché Calenda è sì giovane ma le sue carte politiche da leader le ha già giocate e con risultati così e così (e figuriamoci quanto questa considerazione vale per Matteo Renzi). Un terzo nome per il terzo polo, ecco la nostra campagna per le conversazioni a cena. Con i due fondatori, ovviamente, nel Pantheon, o meglio in un Pantheon dei vivi, pronti a cogliere occasioni politiche (ma non nel ruolo di leader di partito). C’è un appuntamento da tenere d’occhio ma è per le 18.30 e i risultati si conosceranno in serata avanzata

Fatto #3

L’orrore e la crudeltà degli invasori russi. Non vorremmo parlarne troppo, per rispetto alle vittime e per non fare il gioco degli aguzzini. Qui c’è l’espressione della solidarietà europea, dopo che Volodymyr Zelensky aveva, giustamente, chiesto a tutti i governi di prendere posizione di fronte ad atti così orribili

 

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