Foto di Eraldo Peres, AP Photo, via LaPresse 

DI COSA PARLARE STASERA A CENA

Dal vaffa day ai bolsonaristi: una buffonata che sa di fascismo prima maniera

Giuseppe De Filippi

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I trumpiani hanno fatto davvero per primi le cose in grande e in mondovisione (come diciamo noi boomer per intendere che un evento è mostrato in diretta in tutti i paesi), ma anche i 5 stelle nostrani con l’occupazione del tetto del parlamento e i “siete circondati” dettero qualche prova, e ora ci sono i bolsonaristi, con la loro aggressione un po’ al rallentatore e perfino scortata dalla polizia alla piazza intestata, programmaticamente, alla divisione dei poteri (una specie di piazza Montesquieu).

Però urge qualche nuova categorizzazione. Perché questi attacchi hanno caratteristiche diverse da ciò che si vede in una rivoluzione, in un golpe, in un’insurrezione. In questi giorni, di impiccagioni e violenza di regime, sono anche terribilmente stridenti con le proteste giovanili, veramente e coraggiosamente rivolte contro un potere oppressivo, che si vedono in Iran. La massa populista attacca le istituzioni, confusamente, in quanto tali. Sì, è chiaro che queste cose succedono quando a perdere è un populista di destra, come Donald Trump o Jair Bolsonaro, ma i comportamenti citati dei 5 stelle italiani indicano che non esiste solo quello schema.

In ogni caso l’attacco è violento, sì, ma non al punto di far davvero temere un rovesciamento forzoso dell’ordine democratico. È più una faccenda dimostrativa, uno sfogo populista con cui si mostra la vulnerabilità delle istituzioni per indicarne anche la debolezza, è un vaffa day con cui si dice a chi ha vinto le elezioni che quella presidenza e quel parlamento e quel sistema istituzionale a tutela dello stato di diritto sono case di carta e che il popolo populista può umiliarle quando vuole, così per levarsi lo sfizio.

C’è qualcosa del fascismo prima maniera, con la sua irrisione dell’italietta, del sistema democratico e dello stato di diritto. È un gesto futurista, un lancio di volantini. È una buffonata violenta, fatta anche per mettere un po’ di paura mentre ci si dichiara, vittimisticamente, beffati dal var elettorale o da qualche altro meccanismo del deep state. E finisce tutto con qualche arresto e tanti selfie. Per Anne Applebaum si è assistito al rito contagioso dell’antidemocrazia.

Inquadrando così le cose è comprensibile che il governo italiano, probabilmente sentendosi sollevato, scelga come indirizzo della sua solidarietà le “istituzioni brasiliane” e non direttamente il governo di Lula da Silva. E sono comprensibili anche un po’ di ricordi proposti a Matteo Salvini.

 

Le tre "cose" principali

Fatto #1

L’Iran, appunto, e le proteste di strada vere, non dimostrative né populisticamente orientate a ridicolizzare le istituzioni. Oggi ne parlava sul Foglio Giuliano Ferrara, chiamando in causa anche l’indifferenza vaticana. E le parole di Francesco con cui oggi ha finalmente citato l’Iran sembrano più un generico appello contro la pena di morte che una critica sistematica di un regime inumano e repressivo, come se, poi, la questione fosse la scelta della pena per quei giovani e non l’assoluta ingiustizia del loro arresto e dei loro diritti umani e politici conculcati. La mobilitazione prosegue e con straordinario coraggio

Fatto #2

Avrà meno pubblico del mondiale qatariota ma il primo torneo di calcio internazionale che si tiene in Iraq dopo decenni ha altrettanta importanza politica

Fatto #3

Il Foglio, sezione maieutica, con un buon Luigi Di Maio storico/analitico

 

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