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La Spagna cresce, ma ha finito i bambini. Lo spaventoso “death boom”

Giulio Meotti

Parla Macarron Larumbe, direttore della Fundación Renacimiento Demográfico: “Mai cosi’ poche nascite dal 1785”

Roma. Il giornale ABC titola: “Dal baby boom al death boom: la Spagna ha finito i bambini”. Nella prima metà del 2018 sono state registrate 179.794 nascite, “la cifra più bassa dal 1941”. In un solo anno, il numero di neonati è diminuito del 5,8 per cento rispetto allo stesso periodo del 2017. Sono i nuovi dati dell’Istituto nazionale di statistica spagnolo. Contemporaneamente si è registrato un altissimo tasso di mortalità in relazione alle nascite: meno 46.590 abitanti. Regge la fertilità degli immigrati: un neonato su cinque è figlio di stranieri. Ne parliamo con Alejandro Macarron Larumbe, direttore della Fundación Renacimiento Demográfico e autore di studi e volumi sul “suicidio demografico”.

 

“Il numero delle nascite e dei decessi è molto negativo e anche peggio di quanto mi sarei aspettato con un’economia che cresce del tre per cento”, dice Macarron Larumbe al Foglio. “Sappiamo che la causa strutturale dei bassi tassi di natalità non è il disagio economico, perché gli europei sono mediamente più ricchi di quanto non siano mai stati, eppure fanno meno figli rispetto a un tempo. L’Istituto nazionale di statistica ha detto che il numero di nascite è il più basso dal 1941 (quando la Spagna aveva 26 milioni di abitanti, contro gli attuali 46,5 milioni). Ma questo è il minor numero di nascite dal 1941 solo perché quello è l’anno di inizio delle registrazioni. Ma il numero di nascite nel 2017 (393 mila) e il numero previsto per il 2018 (370 mila) è inferiore a quello del 1785-1787, quando la Spagna aveva 10,3 milioni di abitanti. Al di là della Spagna, nel 2017 i paesi dell’Unione europea hanno avuto il risultato combinato più negativo di sempre, senza contare gli anni delle due guerre mondiali e quelli con un altissimo numero di morti per malattie, come la Morte Nera. In futuro sarà un disastro ed entro il 2050, senza un cambiamenti nel tasso di fertilità, ci saranno sette milioni di persone in meno e una popolazione molto anziana (il 40 per cento avrà 65 anni o più). E anche senza nuova immigrazione, il 25 per cento degli attuali bambini spagnoli è rappresentato da figli di immigrati, con circa l’8 per cento da genitori musulmani”.

 

Va bene, i dati sono questi e sono ufficiali. Come spiegarsi allora il tabù? “Il politico americano Al Gore ha scosso il mondo anni fa con il documentario sul riscaldamento globale ‘una spiacevole verità’. Come il riscaldamento globale, il basso tasso di natalità è un fenomeno che produrrà effetti catastrofici a medio e lungo termine. Ma a differenza di quanto accade con il riscaldamento globale, non è necessario essere esperti in climatologia per capire che, se ogni anno nascono meno bambini, la società tende a estinguersi. Una società con pochissimi bambini e giovani è destinata all’impoverimento economico, alla gerontocrazia elettorale e all’irrilevanza nella sfera internazionale a causa del suo peso demografico decrescente. Eppure, in occidente in generale e in Spagna in particolare, al basso tasso di natalità viene data poca importanza per la colossale entità del problema sociale che sta generando”. La spiegazione sta in un cinico calcolo elettoralistico. “La metà di tutti gli spagnoli ha un solo figlio o nessuno. E, naturalmente, i politici sanno che, per farsi votare da loro, il potenziale elettore deve essere soddisfatto e mai messo in crisi. Così hanno paura di parlare della rovina della Spagna per mancanza di figli. Il basso tasso di natalità è un argomento scomodo per il movimento femminista. L’occidente ha fatto un salto gigantesco in duecento anni in termini di progresso materiale e scientifico, speranza di vita, riduzione della povertà, pari diritti, libertà politica, alfabetizzazione, riduzione della violenza e così via. Eppure, pur essendo più progredito che mai in termini materiali, abbiamo meno figli che in qualsiasi altro momento. Ambienti accademico-intellettuali europei continuano a credere che il problema demografico sia la sovrappopolazione. L’ecologismo di oggi è apertamente antiumanista e privilegia la presunta salute della terra rispetto al benessere umano. C’è poi l’effetto anestetico dell’immigrazione sulla percezione sociale secondo cui abbiamo un problema demografico. Gli immigrati ci forniscono lavoro e bambini”. Il suicidio demografico dell’occidente è dunque non soltanto una spiacevole verità, ma una tempesta perfetta.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.