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in libreria

Anche la tragedia della Berlino divisa dal Muro ha il suo lato comico

Matteo Moca

Nel nuovo lavoro di Thomas Brussig c'è lo sguardo di un piccolo gruppo di ragazzi a ridosso della dead zone che separa i due mondi della capitale tedesca, facendo esperienza della costrizione con lo scherno di chi sogna un futuro diverso e scherza con l’amore e la morte

Molte narrazioni hanno provato a raccontare la differenza insanabile tra Berlino Est e Berlino Ovest, tra la parte a trazione sovietica e quella guidata dal blocco occidentale, come il film “Good Bye, Lenin!” di Wolfgang Becker, in cui il tono comico non nasconde i risvolti drammatici di una separazione esistenziale, oppure le pagine che Milan Kundera ha dedicato al destino impossibile dell’Europa centrale, che “non è uno Stato, ma una cultura o un destino”, dimenticata tra le braccia russe. Il libro di Thomas Brussig Sonnenallee (Einaudi con la traduzione di Alice Gardoncini) si concentra sul piccolo universo di confine tra le due Berlino attraverso lo sguardo di un piccolo gruppo di ragazzi che si trovano a vivere a ridosso del muro, o meglio della dead zone che separa i due mondi e dove si spara a vista, e che fanno esperienza della costrizione con lo scherno di chi sogna un futuro diverso e scherza con l’amore e la morte. Sonnenallee è una lunga via che per quasi tutta la sua lunghezza appartiene a Berlino Ovest ma che per un piccolo, e sfortunato, tratto fa capo all’Unione sovietica: la libertà è a un piccolo passo e lontana come la luna, passare dal checkpoint è complicatissimo, la madre del protagonista ci riuscirà solo con un faticoso stratagemma, e tutto ciò che oltre il confine è sinonimo di libertà, in primis la musica rock, lì non può esistere.

Così la Berlino Est che vivono il protagonista Micha e i suoi amici, uniti da un inarrestabile trasporto amoroso verso una ragazza, Miriam, che li spinge a fare qualsiasi cosa (come un imbarazzante corso di ballo in cui si provano anche passi a due), non cambia mai colore, è segnata da un grigio ossessivo e sfibrante che si stempera solo attraverso un’ironia giovanile che non riesce del tutto a nascondere la paura. Tra adulti e ragazzi corre una separazione netta perché i primi vivono nel timore della delazione e nella preoccupazione per il futuro dei figli (la madre cercherà di “russizzare” Micha per farlo ammettere all’Università di Mosca e l’ombra della Stasi è un incubo continuo), mentre gli altri sfidano quel mondo non attraverso una rivoluzione (cosa che prova a fare, senza successo, uno degli amici di Micha con la sua ragazza “esistenzialista”), ma con un atteggiamento diverso, un’interrogazione sul perché delle privazioni e una sfida a un potere dalle forme incomprensibili (come accade con l’inseguimento del doppio vinile di “Exile On Main Street” dei Rolling Stones, che avrà un ruolo decisivo nella storia, o con la manomissione di uno striscione su Lenin che porta a un punitivo “contributo al dibattito”). Risulta particolarmente convincente la scelta di Brussig di fare di questa storia una commedia, credendo fino in fondo alle possibilità che ha questo genere di intercettare le paure e le fragilità più profonde attraverso un filtro che con il riso e l’ironia porta naturalmente alla riflessione. Una lezione di stile nei confronti di chi crede che solo muovendo alla commozione si possa commuovere.

 

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