(foto di Cathy Mü su Unsplash)

fanno di tutto per ammazzarla

L'opera che dà scandalo, contesa dal populismo di destra e il wokismo di sinistra

Alberto Mattioli

In Francia mettono i braghettoni alla copertina della rivista Classica, rea di aver esposto le nudità di Didone ed Enea. E in Germania un collettivo sta riscrivendo il libretto della Zauberflöte “per sopprimere tutte le espressioni che potrebbero essere giudicate discriminatorie, soprattutto a causa del loro carattere sessista o razzista”

Quella copertina non s’ha da vedere. Ma non si tratta di una rivista porno come quelle dell’evo pre-internettiano, bensì di Classica, mensile francese di musica, appunto, classica, quanto di più remoto, si direbbe, dall’esigenza di pecette moralizzatrici. La colpa, manco a dirlo, è di quella vil razza dannata dei registi d’opera. La rivista si chiede infatti se per caso, in tema di regie, “Est-on allé trop loin?”, si è andati troppo lontano? e accompagna il “débat” con un’immagine di un Dido and Aeneas di Purcell messo in scena a Ginevra, solo in streaming causa Covid, e a Lilla da Franck Chartier della compagnia belga “Peeping Tom”, che in inglese sta per voyeur. E infatti eccoli lì in controluce, Didone ed Enea o chi per loro: lei vestita, lui nudo, con lo zizì in mostra e una bizzarra acconciatura punkeggiante dai capelli ben più eretti, come dire? dell’oggetto. Troppo, in ogni caso, per la delicata sensibilità dei frequentatori delle edicole francesi (nella già godereccia Parigi, eh, non negli States). E così, racconta su Facebook Laurent Bury, collaboratore della rivista, il giornale non sarà nei kiosques prima che un “Braghettone” non copra queste vergogne, e qui il riferimento (raffinato, ça va sans dire) è al povero Daniele da Volterra, passato alla storia per aver messo le mutande ai clamorosi maschioni nudi della Sistina.

 

La faccenda va tanto oltre il faceto da diventare seria. Intanto perché l’arte ha una morale diversa dalla vita, e se il pudore dipendesse dai centimetri di pelle scoperta dovremmo rivestire parecchie statue e quadri classici. E poi perché mai come in questo caso lo scandalo è soltanto negli occhi di chi guarda: l’immagine è forse erotica ma senz’altro non pornografica. Diciamo pane al pane, o forse pene al pene: se qualcuno rimane turbato da una foto così, sono decisamente problemi suoi, e direi anche seri. Quel che è molto interessante è che sia una regia operistica di quelle che si chiamano impropriamente “moderne” (in cretinese: “provocatorie”), a scatenare la censura. A quasi cinquant’anni dal più importante spettacolo d’opera del XX secolo, il Ring del centenario messo in scena da Patrice Chéreau a Bayreuth, la querelle des anciens et des modernes è più viva che mai, e sempre grottesca. Anzi, in Italia perfino più violenta, dato che ormai gli anciens stanno passando dalle proteste alle proposte di censura. Ricorderete la performance di Alberto “Zorro” Veronesi a Torre del Lago quest’estate, il direttore che dirige mascherato per non vedere lo scempio della Bohème da parte del solito regista ovviamente “comunista”, con tutto un coro di prefiche ad applaudire. In quei giorni, fra un’invettiva e l’altra, si levarono invocazioni al taglio delle sovvenzioni per i teatri non “rispettosi” delle “volontà” dei compositori: e non solo sulle pagine Facebook dei MM (Melomani Medi), altrimenti detti “poveroVerdi” (così, tutto attaccato, fra il dolente e il furibondo), ma anche da parte di chi una testa, in teoria, dovrebbe averla e, peggio ancora, aveva pure il potere di tagliarli davvero, i fondi.

 

Nel frattempo, un’altra rivista, Diapason, informa che il collettivo tedesco Critical Classic, composto da musicisti, drammaturghi ed “esperti in diversità”, sta riscrivendo il libretto della Zauberflöte “per sopprimere tutte le espressioni che potrebbero essere giudicate discriminatorie, soprattutto a causa del loro carattere sessista o razzista”. Oltre a fare la morale a Mozart, costoro annunciano analoghe iniziative sulla Passione secondo Matteo, Madama Butterfly e Carmen, così insegneranno a stare al mondo anche a Bach, Puccini e Bizet (quando arriveranno a Wagner ci sarà da ridere, intendo anche più di così). Insomma, l’opera lirica è stretta fra il populismo becero della destra e il moralismo wokista della sinistra, e dell’idiozia censoria di entrambe: una metafora del nostro mondo, si direbbe. Prova, se non altro, che è vivissima. Anche se, come si vede, si fa di tutto per ammazzarla.

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