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Film

Anselma Dell'Olio ripercorre la vita di Rol, il sensitivo torinese

Andrea Minuz

Il nuovo film della regista e sceneggiatrice è un ritratto al borghese di Torino che ha stregato un secolo di storia italiana

Soprattutto in quelle fotografie che lo ritraggono nel suo studio, dietro la scrivania, Gustavo Rol sembrava un notaio, un grande avvocato o “un preside di ginnasio di provincia”, come diceva Fellini. Non aveva davvero nulla del sensitivo, dell’indovino, del veggente, del mago, dell’illusionista (tutte etichette che del resto rifiutava: “Ho dei poteri”, si limitava a dire Rol, restando dunque sul vago, e respingendo soprattutto con sdegno il termine “paranormale”). Era infatti un gran borghese torinese, molto cattolico, sobrio, riservato, laureato in giurisprudenza, cresciuto in ambienti raffinati, in case piene di libri. Sempre elegante, un bel viso tondo, la testa calva, gli occhietti azzurrissimi, fermi, luminosi, divenne celebre grazie ai libri di Buzzati e Pitigrilli che in una dedica scrisse: “A Gustavo Adolfo Rol, che cammina come un illuminato sulla geografia dell’inconoscibile e della relatività”. Amato, adorato, venerato, e con la fama anche criticato, contestato.

Spirito eletto per alcuni, mistificatore o abile prestigiatore per altri, Rol è al centro dell’ultimo film di Anselma Dell’Olio (“Enigma Rol”, visto l’altro ieri in anteprima alla Festa del Cinema, prodotto dalla Casa Rossa con Rai Cinema, in sala per tre giorni, il 6, 7 e 8 novembre). “Enigma Rol” scaturisce anche dalle ricerche per il suo documentario su Fellini. Poi però, lavorando a quello su Zeffirelli, uscito l’anno scorso, scoprì che anche Zeffirelli era amico di Rol. Fellini, si sa, aveva un debole per maghi e sensitivi ma poi si stufava presto. Ebbe invece per Rol sempre una ammirazione smodata, mista a riverenza, timore, paura forse. Un documentario su Rol però non era impresa facile. Non si trova infatti quasi niente negli archivi televisivi. Rol non rilasciava interviste. Era il primo custode del suo enigma. Anselma Dell’Olio costruisce così una docufiction e mette insieme interviste, racconti di testimoni oculari, lettere, materiali d’archivio vari, ma anche ricostruzioni sceniche, grafiche animate. Ecco, per esempio, il colloquio notturno tra Rol e Mussolini, che lo fa chiamare e lo convoca a Villa Torlonia nel 1939, mentre Rol è capitano degli alpini. Il duce ha sentito parlare dei suoi “poteri” e vuole sapere come andrà la guerra: “Sarà perduta. E il popolo vi abbandonerà”, dice Rol. Si racconta il fenomeno, l’enigma Rol, ma anche l’uomo, i legami affettivi, si entra nella sua bella casa elegante, a San Salvario (che ora è in vendita, e si spera l’acquisti il Comune per farci un museo). E poi la smodata passione di Rol per Napoleone, “afflato di libertà”.

Un’ossessione che si riversa in cimeli, piatti, porcellane, sedie, bottoni delle giacche dei soldati di Waterloo, gadget napoleonici, incluso il tamburino di Austerlitz e busti di Napoleone ritrovati sottoterra grazie alle sue doti sensitive, pardon “poteri”. Si resta davvero impressionati di fronte alla quantità e alla qualità di aneddoti raccolti e orchestrati da Anselma Dell’Olio. Esperimenti incredibili, racconti di imprese che sembrano quelle dei santi. Scomparso nel 1994, a novantuno anni, Rol ha incrociato personalità come Fellini, Gassman, Zeffirelli, Biagi, Strehler, Vittorio Messori, ma anche De Gaulle, Cocteau, Kennedy, Einstein, e poi Cesare Romiti, gli Agnelli (pare fosse anche in grado di materializzare le lettere di Valletta). Ancora oggi resta un mistero. Dietro di sé, una scia di fenomeni inspiegabili, tra guarigioni, premonizioni, passaggi attraverso i muri, telecinesi, bilocazioni, con titoli a effetto sui giornali d’epoca: “Mentre è a Torino, lo fotografano in America”.

Il suo grande accusatore fu Piero Angela. Bollò Rol come “mediocre prestigiatore”, mentre Rol lo considerava “falso e mentitore” (era anche naturalmente un duello interno a due rappresentanti della buona borghesia torinese). Però è un fatto, per esempio, che Gustavo Rol salvò la vita a molti partigiani. Lo ricorda una targa a San Secondo, dove la famiglia Rol passava le vacanze estive. Salvò dalla fucilazione vari prigionieri dei tedeschi, facendo degli esperimenti in cambio della loro vita, lasciando esterrefatti i nazisti coi suoi giochi di prestigio, o mettendoli in contatto con i loro cari. Ma “Enigma Rol” non è un film che vuole convincerci. Non cerca prove. Non deve fare proseliti, né dimostrare alcunché. Al contrario, si può essere anche molto scettici e guardare alla vicenda Rol praticando una sana “sospensione del giudizio”, ma sapendo comunque di trovarci di fronte a un personaggio affascinante, magnetico, a un uomo incredibile, davvero fuori dal comune. Qualcuno che “ci fa sporgere sull’abisso dell’inconoscibile”, come dice Emanuele Trevi nel film. 

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