Federico Fellini con Aniana Noel (foto LaPresse)

Piccola posta

Niente sarà come prima

Adriano Sofri

La prima bolognese di “Fellini degli spiriti”, il film-documentario di Anselma Dell’Olio. Tra tuoni e pioggia

Bologna, domenica. Mio fratello Gianni mi spiega che Archiginnasio e Cineteca sono le istituzioni culturali più forti di una città che ne vanta tante e preziose. Il mio amico Carlo dice che il direttore della Cineteca, Gian Luca Farinelli, è uno storico del cinema e un organizzatore di cultura e un maestro del restauro, ma propriamente “un Benefattore”. Alle 21.15, in Piazza Maggiore, Farinelli sta per aprire il Festival del Cinema Ritrovato, dopo un rinvio di mesi per la pandemia. Stasera la preoccupazione dichiarata non è per i contagi in crescita, ma per l’eventualità che piova. Le previsioni hanno dato un temporale possibile “dopo le 16 e prima delle 20”. Macché, sereno: alle 20 però il cielo sopra San Petronio si è fatto nero di pece. (Bologna per Bologna, mi viene in mente il verso orribile di Giosué Carducci: “Attediate per lo ciel piovorno”, le rossastre nubi, la dieresi su attediate, di cui però fu la Trieste di Miramare a fare le spese). Alle 21 il cielo è una fantasmagoria di tuoni e lampi, lampi soprattutto. “Lo fa – dice Luisa, incoraggiante – tutta questa messinscena, e poi neanche una goccia”. E’ in programma il film-documento, molto atteso, di Anselma Dell’Olio su “Fellini degli spiriti”. All’ora prescritta piove. Pioverà forte ma per intervalli, sufficienti a far rinunciare ai luoghi chiusi alternativi, e illudere ogni volta che abbia smesso e ricominciare con la proiezione, sontuosa, sul grandissimo schermo, così da tenere zuppi spettatrici e spettatori alle loro sedie, doverosamente distanziati, salvo cedere e  cercare rifugio sotto i portici laterali e continuare a sbirciare da lì, rischiando l’assembramento e i rigori dei baristi.

   

    

   

Così, più volte, dentro e fuori, mentre sul grande schermo Fellini dice cose spiritose e turbanti, sornione e ispirate, e amiche e amici ne dicono di lui, e celebri brani di repertorio vengono evocati a significare cose impensate. Che la prima di “Fellini degli spiriti” sarebbe stata memorabile era nel conto (la proiezione sarà ripetuta oggi, alle 18, al cinema Odeon, e dal 31 in 200 sale cinematografiche, e poi a Cannes): ha provveduto la pioggia – appena un capriccio, sapremo poi, rispetto a quello che accadeva a Verona e altrove. Alla fine, a mezzanotte passata da un po’, ha spiovuto, e le persone si intrattengono con la confidenza che interviene dopo che ci si è bagnati insieme. Ci sono alcuni dei testimoni che figurano nel film, amici e collaboratori e studiosi di Fellini. Io esco di rado dalla clausura e manca poco che mi metta a chiedere autografi. Ermanno Cavazzoni, per esempio: un felice caso di piena somiglianza fra la figura personale e la scrittura. Cavazzoni ricorda la sequela clamorosa di accidenti imprevedibili, altro che una pioggia, che ogni volta impedirono al progetto del Viaggio di G. Mastorna di andare a buon fine. C’è Paola Giovetti, illustre giornalista e scrittrice di cose esoteriche e spirituali. Giuditta Miscioscia, amica prediletta e combattiva, erede spirituale e raccontatrice formidabile di storie di Gustavo Rol. Maurizio Porro, l’ultimo ad abbandonare il suo posto sotto la pioggia, come reciterebbe la decorazione al valore. Alla fine, retorica com’è la sentenza secondo cui dopo la pandemia (dopo, poi, è di là da venire) niente sarà più come prima, è un fatto che Fellini non sarà più quello di prima. Non che ora, grazie al lavoro di Selma, sappiamo tutto di lui: anzi, quello che ne abbiamo appena saputo indurrà ancora di più a immaginarlo. Riconosciuto Fellini dopo averne visti i film, riguarderemo i film dopo aver riconosciuto Fellini (in versione restaurata, i cinque grandi, “Lo sceicco bianco”, “I vitelloni”, “La dolce vita”, “8 e ½”, “Amarcord”). Le edizioni della Cineteca hanno pubblicato anche un gran dizionario enciclopedico: Aldo Tassone, Fellini 23 e 1/2 . Tutti i film, 880 pp., 24,70 euro, che sarà presentato giovedì alle 19, in piazzetta Pasolini.

   

Mi sono così ricordato che a Sarajevo, nel pieno dell’assedio e della falcidie e mortificazione di vite, gli episodi innumerevoli in cui tragedia e commedia si combinavano – i feriti dai cecchini che si vergognavano coi loro soccorritori di avere la biancheria in disordine, l’ex vigile urbano che fischiava all’auto che attraversava in eccesso di velocità l’incrocio degli snajper e delle bombe… – venivano commentati con una parola, fatalisticamente pronunciata: “Fellini!” Voleva dire che l’infamia si combina volentieri con qualcosa di surreale e di irragionevole, di assurdo. Che cose così, come quelle che succedono davvero, e vanno avanti indisturbate per anni e massacrano e deridono la gente, si erano viste solo nei film. Fellini!

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