Foto di Battista Agnese, via Wikimedia Commons 

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L'epica impresa di Magellano e il coraggio che dà nel racconto di Zweig

Michele Silenzi

Il libro dello scrittore austriaco ripercorre la memorabile impresa di circumnavigare per la prima volta nella storia la terra. Un'opera da leggere nell'anniversario di quest'evento rivoluzionario

Cinquecento anni fa, per la precisione il 6 settembre del 1522, l’unica nave rimasta delle cinque partite agli ordini di Ferdinando Magellano per circumnavigare per la prima volta nella storia dell’uomo la Terra, dopo tre anni di inimmaginabili peripezie, rientrava alla foce del Guadalquivir tra lo stupore della corte spagnola e del mondo intero che consideravano ormai la spedizione perduta nella vastità dell’ignoto oceano. Se è vero che l’Inizio contiene in potenza tutta la storia che da lì si dipana, è certo che in questa vicenda, e nel modo in cui è letta da Stefan Zweig nel suo Magellano (ora Bur Rizzoli, 296 pp., 12 euro), sta tutta la storia dell’età moderna.

 

La grandiosità dell’impareggiabile evento ci è restituita in questo libro con epica imponenza. Il navigatore duro e silenzioso, tutto concentrato e teso all’impresa che si è messo in testa di compiere, spinto dalla sua smania da Ulisse dantesco e dalla concorrenziale fame d’oro delle corti in cui si delineano i primi fuochi del protocapitalismo, coniuga in sé la potenza tragica e trionfale del dispiegarsi della volontà e dell’azione umana sotto il mistico ombrello del cristianesimo. “Questo viaggio di duecentosessantacinque uomini ardimentosi, di cui solo diciotto torneranno su di un fradicio scafo, issando però la bandiera della più sublime vittoria, è forse la più superba odissea nella storia dell’umanità.” E per le conoscenze dell’epoca e le difficoltà incontrate, per l’atto di “volontà geniale” con cui Magellano si è posto all’impresa, è davvero un’azione umana, tanto individuale quanto dello spirito, da far impallidire la pur temeraria impresa di conquista della Luna. 

 

Zweig legge Magellano come un titano “che vuole strappare con audacia prometeica l’ultimo segreto alla terra”, per questo, tale eccezionale impresa inaugura l’età moderna. Perché c’è una ragione, o meglio un occhio, che con la sua forza agente piega gli elementi, i più ignoti, i più misteriosi, i più pericolosi con la potenza della propria mente e della propria tecnica. Ed è chiaramente il primo atto di globalizzazione, ossia l’atto umano di unificazione del mondo attraverso le scoperte, la conoscenza, lo scambio che significa anche e soprattutto commercio (prima sfruttamento certo, dominio coloniale, ma anche apertura e conoscenza che non viene senza dolore e sofferenza, a meno che non si preferisca vivere in idiozia bovina): “Dietro agli eroi dell’età delle grandi scoperte ci sono, come energia propulsiva, i commercianti”.

 

E tra tutti questi eroi, Magellano appare il più grande. In un’epoca in cui, a partire dalla seconda metà del ’400, le scoperte si susseguono a un ritmo che non aveva avuto paragoni nella storia dell’umanità, il Portogallo, piccolo regno, è all’avanguardia nei viaggi di scoperta da cui “nuove terre, nuovi mari, nuovi mondi sono sorti dalle tenebre secolari”. E Magellano è l’immagine più vivida di questo nuovo occhio umano che si spalanca sulla realtà cominciando il processo di vera trasformazione umana del mondo attraverso il furore della propria ragione e della propria azione. Zweig ci guida attraverso tutta la vita di questo piccolo nobile portoghese che si batte per il miglioramento della propria condizione sociale combattendo fin da giovanissimo in India, in Oriente e poi in Marocco.

 

Dopo molti anni di fedele servizio della corona portoghese, ormai esperto tanto di mari e di venti quanto di uomini e di battaglie, Magellano chiede al re un’occupazione qualsiasi al suo servizio ma “il re, non se ne sa bene la causa, gli fu ostile tutta la vita”, e non gli concede nulla. Magellano si sente allora autorizzato a rivolgersi al più diretto concorrente del Portogallo, la Spagna di Carlo V, ben sapendo che questo l’avrebbe marchiato come traditore per il resto della vita.

 

Ma la sua volontà e la missione a cui si sente votato, è più forte delle ordinarie regole di condotta: raggiungere le isole delle spezie (in Indonesia) girando attorno all’America invece che circumnavigando l’Africa, “anche questo magnifico impulso epico alla conquista del mondo ha preso le mosse da forze molto terrene: nel principio erano le spezie!”. Ma allora l’America del Sud era considerata attaccata al Polo Antartico, mentre Magellano si presenta alla corona spagnola con la certezza di conoscere il passaggio. 

 

Attraverso varie vicissitudini questo oscuro capitano riesce a convincere Carlo V della sua improbabilissima idea e ottiene uomini e navi per l’impresa, ma bisogna immergersi nel libro per comprenderne la portata. Basti pensare che, come spesso capitava all’epoca, le carte di Magellano erano sbagliate e da un certo punto in avanti dovette procedere a tentoni come un cieco. La sua discesa verso la Terra del fuoco, da lui così battezzata, è una discesa in un inferno di ghiaccio e vento, dove mai occidentale aveva poggiato il suo sguardo. La ricerca del passaggio verso l’altro oceano, gli ammutinamenti, il trionfo della scoperta dello stretto che porta il suo nome e poi lo sbocco nel Pacifico, un nuovo sconfinato inferno di acqua, bonacce e sole. E finalmente, quando tutto appare perduto tra fame malattie e orribili giornate sempre identiche, ecco la meta all’orizzonte, il trionfo.

 

E poi Magellano come un Mosè che arriva solo in vista della terra promessa. Poi ancora tragedie per i superstiti e traversate fino al trionfale ritorno della Victoria, unica nave rimasta, in Spagna dove sarà accolta da un Carlo V da poco tornato dalla dieta di Worms in cui Lutero aveva posto un’altra pietra angolare della modernità.  Ma è necessario leggere Zweig: per onorare l’anniversario di questa grande impresa, per la bellezza assoluta che descrive nell’azione e nella volontà umana, per la verità che rivela e soprattutto perché, come è scritto in fondo alla nota del curatore, si tratta di “un libro che dà coraggio. E di che cosa oggi abbiamo più bisogno, se non di coraggio?”. 

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