La carta resiste (e gli yacht pure)

Arnaldo Greco

Anche noi, che non siamo oligarchi russi, possiamo comprare la rivista Barche e godere della vista di imbarcazioni lussuose senza sapere quanto costano

Barche è una rivista mensile, ormai giunta al ventinovesimo anno di vita che, come evidente, parla di barche e, come immaginabile, non tanto di gozzi o pescherecci, ma prevalentemente di yacht. Ha quasi 300 pagine, una grammatura della carta così notevole che il magazine pesa come un vecchio volume di un’enciclopedia e costa 6 euro. Curiosamente 6 euro è, in pratica, anche l’unico prezzo che appare sulla rivista, visto che per tutto il resto delle pagine i prezzi scompaiono.  Evidentemente vedere una sfilza di barche lussuose e domandarsi “sì, ma quanto costano?”, deve essere una curiosità non consentita (cosa che mi ha fatto sentire cafone e miserabile), mentre il lettore raffinato non compra mica uno yacht dando peso al prezzo, semmai alle altre mille specifiche analizzate nei numerosi resoconti di prove di barche. Analisi davvero dettagliate, con frasi tipo “le murate abbattibili del Beach Club (parliamo della cover story di questo numero, dedicata al Why200, il primo superyacht full-wide-body di Wally, ndr) consentono l’accesso al mare da tre lati, aumentano la superficie vivibile, e garantiscono un’esperienza immersiva con l’elemento acqua” oppure “la zona armatoriale ha una suite a tutto baglio illuminata da una grande finestratura a scafo” che provocano vertigini per quanto riescono a essere dense di significato e, allo stesso tempo, non intellegibili al lettore non iniziato al mondo. E quindi sì, si torna sempre a Paolo Villaggio e a “cazzi quella gomena, la cazzi”. Cos’è il baglio? E la gomena? E cazzare si potrà davvero dire? Ricordarsi di controllare. Sempre a proposito di specifiche, stupisce, per chi non è avvezzo alla vita in barca, notare che anche le barche presentate come lunghissime e spaziose, appaiono anguste.

 

Nel senso che anche lo yacht milionario di 27 metri lascia il dubbio che per arrivare ai fatidici diecimila passi raccomandati dai medici, dal fitness e dai dispositivi elettronici occorrerebbe percorrerlo centinaia di volte nella stessa giornata. (E’ la solita favola della volpe e l’uva, certamente, ce lo si può dire da soli. Però sembrano tutti magri i modelli). Oltretutto, in questi giorni in cui abbiamo scoperto che perfino l’industria bellica può essere un volano per l’economia – o, meglio, l’abbiamo sempre saputo, forse è saltata solamente l’ipocrisia e adesso lo sentiamo pure rivendicare apertamente – ci mancherebbe altro che questo po’ di ironia lasciasse intendere che quest’altra industria non sia centrale per il paese. Anzi, una delle cose più belle della rivista è proprio la presenza dei cantieri e degli operai, spesso anche fotografati con il sudore, i tubi, la fatica e il grasso, e il fatto che si riconosca il lavoro artigianale dietro ognuna delle barche. Viene trasmesso il gusto e il piacere di produrre oggetti in serie, dove il design e ogni aspetto possa essere curato e funzionale. Pazienza se chissà poi chi comprerà quelle barche.

 

Ecco, forse questa è una delle fonti di confusione che, soprattutto in questo momento in cui si parla di grandi yacht solamente per le sanzioni ad Abramovich e altri, ruota attorno al lusso e alla nautica. A partire dall’edicolante che, quando mi ha sentito che gli chiedevo una copia di Barche, mi ha guardato come se fossi il galoppino di qualche oligarca russo. E non, magari, come una di quelle centinaia di persone che, ogni estate, va sui moli a fotografarsi con gli yacht alle spalle o, dalla spiaggia, con lo zoom al massimo, assieme al mare e a uno yacht al largo. Invece Barche è una rivista che assomiglia, soprattutto, alle più eccellenti riviste di architettura, arredamento, design e, in qualche modo anche di lifestyle, di cui sembra una versione dedicata, per l’appunto, alle barche. In questo numero le pagine centrali, per esempio, sono dedicate a interviste a cuochi appena premiati con una stella Michelin – Boat Gourmet ne è il titolo – con foto eccellenti e una cura che raramente si trova altrove. 


Va, tuttavia, corretta un’imprecisione precedente. In realtà nelle ultime sei pagine del magazine c’è la sezione dedicata al “brokerage”, che una volta avremmo definito “secondamano” o “il mercatino delle occasioni”, dove si possono trovare occasioni come un Horizon 135’ del 2010 Lenght 135’ Beam 28’ Draft 7’ 7’’, 5 Staterooms, Engines MTU 1550 hp, a soli $7.900,000 oppure un Azimut Magellano 86 varato nel 2019, visibile Spagna, aria condizionata 92.000 BTU, €1.850.000 Iva assolta. (Non ho idea di cosa significhi Iva assolta, ma non credo che sarà quest’Iva assolta a farmi cambiare opinione sull’acquisto). 

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