Foto LaPresse / Maya Alleruzzo 

un passato che parla 

La guerra ci passa davanti e a noi rimangono solo le parole di Henri Bergson

Sergio Belardinelli

Non avremmo mai immaginato che potesse succedere. Tutto questo fa pensare alla geopolitica come a una meccanica diabolica capace di creare nello stesso tempo il possibile e il reale

Ci sono momenti in cui le vicende umane assumono un aspetto meccanico, quasi che, anziché dipendere dalle decisioni degli uomini, esse si facciano da sole. Sarà forse per la sua assurdità, ma tale mi appare la guerra in Ucraina, a pochi giorni da quando è stata innescata. E invece sappiamo che dietro questa catastrofe, almeno come sua causa scatenante, c’è la volontà politica di un uomo, Putin, che ha deciso di compiere un passo per certi versi irreparabile. Altro che fatalità o cose del genere. La Russia, una superpotenza nucleare autocratica, starebbe insomma semplicemente mettendo in atto una nuova strategia geopolitica in Europa e l’Ucraina è la prima a pagarne le conseguenze. Tra l’altro il patto firmato dallo stesso Putin con Xi il 4 febbraio scorso, non sei mesi o sei anni fa, parla drammaticamente chiaro in ordine alla concezione che i due leader hanno della geopolitica, della democrazia e dei diritti umani. Ma proprio per questo mi domando se l’Europa libera non avrebbe potuto fare qualcosa di più per prevenire questa catastrofe, se in qualche modo questa catastrofe non sia figlia  anche della nostra stanchezza.


Erano settimane che gli americani e gli inglesi parlavano di invasione imminente in Ucraina da parte dell’esercito russo, ma noi abbiamo persino pensato che fosse tutta una messa in scena. Evidentemente non volevamo crederci. D’altra parte gli uomini tendono sempre a rimuovere le possibili catastrofi finché sono lontane. Ne prendono atto solo quando accadono, quando cioè è irrimediabilmente troppo tardi. E la cosa più sorprendente è che questo non dipende principalmente dalla mancanza di informazioni. Di informazioni su quello che stava per succedere ne avevamo eccome! Ma allora perché, perché aspettiamo sempre che il peggio accada prima di prenderne atto? 
A questa domanda non ho una risposta, semplicemente faccio mie le parole con le quali Henri Bergson descrisse il suo stato d’animo il 4 agosto del 1914, dopo che la Germania aveva dichiarato guerra alla Francia: fino a quel momento la guerra gli era apparsa “allo stesso tempo tanto probabile quanto impossibile: un’idea complessa e contraddittoria, che rimase uguale a se stessa fino al giorno funesto”


In questi giorni, mentre in televisione passano in continuazione le immagini della cartina politica dell’Europa, le parole di Bergson sono diventate una specie d’ossessione. Vedere l’Ucraina segnata improvvisamente di un colore diverso rispetto agli altri paesi confinanti con la Russia mi fa pensare alla geopolitica come a una meccanica diabolica capace di creare nello stesso tempo il possibile e il reale: la Russia che invade la Polonia, le Repubbliche baltiche, la Slovacchia e (perché no?) la Romania e l’Ungheria, mentre la vecchia Europa è sempre più impotente e l’America è impegnata magari nel Pacifico a difendere Taiwan dai colpi di mano della Cina. Allucinazioni, si dirà. In parte lo penso anch’io. Oltretutto, mentre sto scrivendo, il presidente ucraino Zelensky sta dimostrando un coraggio da leone, al pari di molti civili ucraini che hanno imbracciato le armi e combattono, Europa e Stati Uniti sembrano sorprendentemente uniti e decisi a contrastare con severe sanzioni economiche l’azione di Putin (qualcuno potrebbe dire che non è molto, ma è di più di quanto ci si sarebbe potuti aspettare), inoltre non è detto che a Mosca siano tutti d’accordo con questa guerra e con le motivazioni a tratti deliranti, specialmente quelle culturali e spirituali, che Putin ha dato lunedì scorso in diretta televisiva a tutto il mondo.

Allo stato dei fatti, però, l’Ucraina è diventata un teatro di guerra, con uomini che muoiono combattendo e vecchi, donne e bambini che cercano disperatamente rifugio dai carri armati, dalle bombe e dai missili, chi rifugiandosi in cantina, chi nella metropolitana, chi, forse i più fortunati, cercando di scappare dal paese. Non avremmo mai immaginato che potesse succedere. E siccome questa nostra ritrosia a credere che il peggio debba ancora venire ci ha accecati ieri, sono terrorizzato dall’idea che possa accecarci anche oggi, impedendoci di vedere nelle cartine geografiche che ci passano in continuazione davanti agli occhi quello che Putin ha in mente di fare domani. L’Europa non ha certamente la forza militare per impedire eventuali, e speriamo improbabili, mire espansionistiche russe; forse non ha più neanche l’energia spirituale. Quanto agli Stati Uniti, in questo momento essi debbono guardare anche alla Cina e certamente ne hanno abbastanza di doversi sobbarcare l’onere della nostra difesa militare. Non mi sembra uno scenario confortante. Speriamo comunque che ciò che in questo momento a me pare probabile non accada e sia soltanto un’allucinazione.

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